Mi ritrovai nel bel mezzo del nulla; non avvertivo il malessere di avere un corpo e in quegli splendidi istanti ero convinto di potermi dissolvere, annullando ogni traccia del mio io. Quella sensazione di sollievo che avevo quasi del tutto scordato scomparve quando udì la stessa voce che aveva tuonato in sogno: «Finalmente hai accettato la mia proposta.»
«Mi hai perseguitato e logorato fino allo sfinimento. Avevo forse alternative?»
«Non c’era altra scelta, non venirmi a dire che avresti preferito continuare a vivere come una nullità morendo suicida in un pianeta prossimo alla fine.»
«E tu che ne sai?»
«È ovvio. Né tu né il mondo in cui vivevi avreste avuto un futuro; ti saresti suicidato per mancanza di un lavoro e di uno scopo, il tuo pianeta era già avviato verso la sesta estinzione di massa.»
«Non ho motivo di dubitare, anche se mi sarebbe piaciuto sapere come…»
«Tra qualche anno una pandemia mieterà milioni di vittime, distruggerà vari settori economici e costringerà miliardi d’individui a cessare le loro attività, puoi immaginare il resto.»
«Che spasso!» risi, «Sarà la vendetta della natura!»
L’astuto oratore seppe cogliere la mia attenzione e mi fece dimenticare di essere alla sua mercé, ci volle poco per farmi ricordare che cosa volesse: «Non è ancora giunto il momento per rallegrarsi. Sarai spedito in un mondo dove le cose non vanno come vorrei; rinascerai nel corpo di un nobile decaduto e darai vita a una rivolta, lascio a te decidere come.»
«Ammetto che non mi dispiacerebbe vestire i panni del rivoluzionario ma… perché proprio io? E chi è quella donna che mi ha consegnato il tuo messaggio?»
«Perché il tuo odio e il tuo disprezzo sono autentici quanto il tuo desiderio di vendetta, non esiste nessuno che ripudia l’esistenza come hai fatto tu. Quanto a lei, adempi alla missione e potrei anche regalartela. Ti avverto: se proverai a imbrogliare, ti farò rinascere in condizioni fisiche sempre peggiori e non avrai pace finché non otterrò ciò che voglio.»
«Qualcosa mi dice che tu non sappia nemmeno che cosa sia la pace e che non sarò libero nemmeno se soddisferò i tuoi capricci.»
«Non abusare della mia pazienza, anima dannata; farai ciò che voglio fino a quando lo riterrò opportuno.»
Non sentii più nulla, ricordo solo quell’orribile sensazione di essere trascinato con violenza in un gorgo melmoso e di affogare, rituffandomi nella materia.
Giurai a me stesso che gliel’avrei fatta pagare, a qualsiasi costo e con ogni mezzo.
⁂
Che cosa mi era successo? Sentii ogni fibra del mio corpo esplodere. Quel dolore era la prova che ero rinato, provai un formicolio alle dita ma non riuscii a muovere le braccia.
Non mi ci volle molto per capire che ero diventato l’attrazione della giornata; mi ritrovai bendato e in ginocchio, col capo chino e il collo bloccato insieme ai polsi da ciò che sembrava essere una gogna medievale.
D’un tratto udii una voce gridare: «Per aver osato usurpare il trono e profanato la sacralità del mio regno, io, Re Akaliburm, ti maledico col nome di Clarent il traditore, l’infame portatore di ogni sciagura!»
“Cosa?! Non faccio in tempo a tornare in vita che mi tocca subire insulti e sentenze gratuite? E che cos’è questa puzza d’ascelle marce, il boia per caso?”
«Morte al traditore!», «Morte all’usurpatore!», «Morte all’infame!»
“Basta grugnire, maledetti porci!”
«Il popolo ha sancito la tua fine» ragliò Akaliburm, «Cada la tua testa!»
“Ah, è finita ancor prima di cominciare! Se quella sottospecie di divinità dovesse interferire, potrebbe farmi rinascere per la seconda volta, perché la mia vita deve sempre far così schifo?”
Ecco, era giunta la mia ora; per uno come me, non c’era altro se non rassegnarsi all’inevitabile.
⁂
Quella mandria urlante bramava la mia testa almeno quanto il re, le loro urla erano diventate insopportabili, a un certo punto però, quegli schiamazzi si trasformarono in grida di paura.
«Aiuto!», «Salvateci!», «Chi ci sta attaccando?!»
Sembrava proprio che in quel luogo l’esecuzione capitale stesse mutando in carneficina; qualcuno stava facendo piazza pulita per entrare in scena. Peccato per la benda agli occhi, mi sarei goduto lo spettacolo.
La folla terrorizzata cominciò a disperdersi; quando le mie orecchie poterono distinguere i suoni con più chiarezza, capii che erano sibili di frecce a trafiggere cuori e crani degli astanti.
Udii un tonfo e il suono di un’asta di metallo caduta a terra, il mio esecutore aveva raggiunto l’altro mondo. Seguirono altre cadute e urla soffocate, dovevano essere le guardie a presidio del piazzale che stavano crepando come mosche.
«Chi siete? Come osate?!»
Il re non udì alcuna risposta, fin quando una voce femminile non si distinse: «Il tuo regno è finito, maledetto tiranno!»
«Non osare avvicinarti!» sentii il rumore di rapidi passi e coltelli sfoderati, ma scoppiai a ridere quando il sedicente sovrano, preso dalla paura, iniziò a supplicarla, «Ti scongiuro, riponi quelle lame!»
«Addio, Akaliburm» i pugnali si conficcarono nella gola e il re non poté più ragliare, pace per le mie orecchie.
«Mio signore, state bene?»
“‘Mio signore?’ Sarei una specie di leader in questo mondo di trogloditi?”
⁂
La misteriosa guerriera si fece avanti, mi sfilò la benda e ruppe il lucchetto della gogna; non ero più abituato ai raggi solari e ci volle un po’ di tempo prima di liberarmi dal bruciore.
Non appena ripresi il controllo della situazione, mi toccai i polsi ancora dolenti, invano cercai di ottenere qualche risposta dalla mia salvatrice: «Chi sei? Dove mi trovo? Che sta succedendo qui?»
«Non c’è tempo per le spiegazioni, dobbiamo fuggire!» quella figura di cui potei scorgere solo gli splendidi occhi purpurei, mi prese la mano e mi trascinò via da quella piazza maledetta.
Appostate in vari edifici, altre guerriere ammantate osservarono i dintorni, alcune scoccarono sulla piazza dei dardi fumogeni.
“Vogliono confondere le tracce e impedire l’arrivo di possibili inseguitori, per fortuna sembrano essere mie alleate.”
«Siamo arrivati.»
Ripresi fiato, mi ritrovai vicino a quella che sembrava essere una scuderia, avevo corso così tanto da trovarmi fuori dai confini cittadini. Vidi la guerriera spalancare un portone, ne uscì un rettile gigantesco simile a un varano; le squame color grigio pietra e quelle pupille verticali circondate da iridi gialle non presagivano nulla di buono.
La creatura spalancò le fauci ed emise grida e sibili, avrebbe terrorizzato chiunque.
«Che fate, mio signore?» sorrise l’assassina del re, «Forza, salite!»
«Aspetta un attimo: dovrei salire su quello?! Sei sicura che non…»
La mia reazione la colpì, tuttavia volle celare il suo stupore stroncando ogni obiezione: «Vi aiuto io, afferrate la mia mano.»
⁂
Impaurito, decisi di fidarmi di quelle parole, il rettile sembrava mansueto e nel giro di qualche minuto mi ritrovai seduto sulla sua schiena squamosa.
D’istinto mi aggrappai a lei, abbracciandone l’addome. «Reggetevi!»
La guerriera afferrò le briglie e impartì un comando, il bestione spiccò un balzo e corse come un forsennato. Il dolore all’inguine e la paura di cadere mi costrinsero a stringere la presa: «Non posso farci nulla, perdonami.»
«Va tutto bene» sembrò volermi consolare, «Dalla vostra reazione sembra che non sappiate nulla di ciò che accade, è così?»
«Ci crederesti se ti dicessi che io non sono il padrone di questo corpo e che dovrei essere morto nel mondo da cui provengo?»
«La profezia si sta avverando…» mormorò, «Sì, vi credo.»
⁂
Trascorse più di un’ora sul groppone del rettile, solo la forza della disperazione mi permise di non mollare la presa e resistere al dolore.
«Avete fatto del vostro meglio, ora potete riposare.»
Il varano ipertrofico si fermò davanti a quella che sembrava un eremo sconsacrato circondato da una fitta foresta, potei sciogliere l’abbraccio e scendere da quella bizzarra cavalcatura.
Una volta toccato terra mi massaggiai il sedere e mi rivolsi alla mia interlocutrice: «Hai tempo per dipanare i miei dubbi?»
«Ora sì, qua siamo al sicuro.»
«Ti sarei grato se potessi rispondere alle domande che ti avevo posto. Qual è la tua missione? Di quale profezia parlavi?»
Dopo aver sciolto le briglie, spiccò un elegante balzo a terra e si avvicinò a me, sfilandosi il manto e tutto ciò che le copriva il volto.
⁂
Fui colpito dal suo aspetto: era alta sul metro e ottanta, almeno quanto me. Lunghi capelli color amaranto legati a coda di cavallo da un nastro rosso, una carnagione chiara, aveva un viso dai lineamenti dolci e delicati nonostante quello sguardo tagliente e, da quel po’ che potei scorgere a causa degli abiti, le sue proporzioni sembravano tanto perfette quanto conturbanti.
“Sembra che una dea della guerra in abiti da kunoichi sia giunta in mio soccorso.”
«Siete molto silenzioso, va tutto bene?»
«Ti stavo ammirando» dissi in un impeto di sincerità, «Non capita spesso di essere salvati da una donna armata fino ai denti. Contro chi hai dovuto combattere finora?»
La vidi tacere e abbassare lo sguardo; tra tutte le armi di cui dispose mi colpì la coppia di machete fissati per mezzo cinturoni di cuoio.
«Con quelli hai sgozzato il re, non è così?»
«Si, mio signore.»
«Mentre con le armi da lancio e da tiro riposte negli avambracci sei entrata in scena con le altre guerriere, giusto?»
«Proprio così.»
«Più di ogni altra cosa mi colpisce la coppia armi ad asta che ti porti dietro la schiena. Sono lance, per caso?»
«Preferirei non parlarne. Se fosse possibile, non vorrei mai doverle usare in battaglia.»
«Scusami, non era mia intenzione metterti in imbarazzo, ora però, dimmi chi sei e qual è il tuo obiettivo.»
⁂
«Mi chiamo Talmiras e sono a capo della Sorellanza delle ombre, un gruppo di assassine che attendeva l’occasione giusta per eliminare l’oppressore; la mia missione consisteva nel trovare e proteggere colui che ci guiderà verso una nuova era, per questo siete qui.»
Per una rara volta in vita mia provai sincera gratitudine per una persona: «Ti ringrazio per ciò che hai fatto; temo però che tu mi stia sopravvalutando, non credo e non voglio essere a capo di una rivolta contro i seguaci del re o chissà quali fazioni nobiliari. Tutto ciò che desidero è dissolvermi nel nulla.»
«Il vostro desiderio è anche il mio.»
“Perché aveva detto quelle parole? Che cosa le era accaduto?” provai compassione per una spietata assassina, ma il desiderio di saperne di più prese il sopravvento, «Come si chiama questo mondo e quali colpe aveva commesso il possessore di questo corpo?»
«Essere il figlio illegittimo del re è considerata una macchia indelebile, soprattutto se quel figlio, protetto dalla madre e cresciuto in ambienti ostili al sovrano, voleva spodestare il padre reclamando il trono.»
«Ora riesco a capirci qualcosa, perlomeno ciò che è accaduto finora.»
⁂
Talmiras mi invitò a seguirla all’interno del monastero, mentre camminavamo, rispose a un mio quesito: «Il mondo in cui siete giunto si chiama Trydanca, e questo è il regno di Coldyr.»
Una delle porte era aperta, rallentai l’andatura e abbassai il tono della voce: «Un nome insolito, anche se è meno stupido rispetto al mondo da cui provengo: Terra.»
«Che dire, sembra piuttosto… elementale?»
«Credo proprio tu abbia ragione. Un’ultima domanda: per caso c’è chi pratica arti arcane o attinge a poteri divini?»
«Siete qui proprio per scoprirlo.»
⁂
Non eravamo soli: una volta varcata la soglia, ci accolse un monaco vestito con un logoro saio, a ogni passo provocava suoni metallici, anelli di catene che battevano tra loro.
Il religioso mi squadrò da cima a fondo, i suoi occhi vitrei parvero illuminarsi nel momento in cui gridò: «Il figlio della profezia è qui! Radunerete le nostre genti sotto un unico vessillo e la collera divina monderà cielo e terra!»
«Che intendi dire, vecchio?»
Mi disgustava quel suo sguardo invasato i cui occhi sembravano schizzare fuori dalle orbite, così come le parole proferite con assoluta convinzione.
«Monaco, ti credi forse onnisciente? Chi sei tu per giudicare chi non la pensa come te? Gente della tua risma crede che il resto del mondo pecchi d’ignoranza o sia in malafede.»
«Non è forse così, anima reincarnata? Proprio perché il mondo è sprofondato nell’ignoranza e nella malafede che Dio vi ha condotto qui; sarete la nostra guida e castigherete corrotti ed eretici!»
«Cos’hai detto?!» mi esplose una rabbia incontrollata, gli saltai addosso e strattonai la veste, «Tu veneri quel bastardo che ha straziato la mia anima e si sta facendo beffe del mio destino?! Talmiras!»
«Mio signore?»
«Uccidilo immediatamente!»
La sua voce tremò, la vidi stringere i pugni ed esitare a rispondermi: «N…Non posso, egli è l’abate priore che mi ha inviato per salvarvi, è grazie a lui se siete vivo.»
⁂
Per nulla intimorito dalla mia minaccia, il monaco spalancò le braccia ossute ed emise una potente aura; mi sentii minacciato, mollai la presa e arretrai, cercando di sfuggire agli effetti nefasti di quel potere.
Provai una terribile emicrania, cercai di uscire e respirare, ma Talmiras bloccò il portone e, quasi come se fosse un automa, mi ammonì: «Avete l’onere di adempiere al vostro dovere.»
L’abate camminò lungo la navata centrale, man mano che si avvicinava, il potere opprimente e il suono di quelle catene erano sul punto di farmi impazzire: «Come si chiama il reincarnato?»
Colei che uccise il re rispose: «L’usurpatore Akaliburm gli diede il nome di Clarent, il traditore, l’infame portatore di ogni sciagura.»
«Clarent!» tuonò il vecchio invasato, la sua aura esplose e a stento mantenni un barlume di coscienza, «Ricevi il potere che spetta al vero sovrano!»
Una coltre grigiastra si sollevò dal pavimento, il monaco sollevò le mani al cielo come ad accogliere un dono divino.
Da quel momento non riuscii più a vedere, percepii a malapena le parole di quel mostro in saio monacale: «La tua anima è stata marchiata, ora sei l’emissario del volere divino!»
I suoni si fecero ovattati poi più nulla, persi del tutto i sensi; il dolore era così lancinante che quando caddi a terra e mi ruppi il setto nasale non me ne accorsi nemmeno.
Ero lì, riverso in una pozza di sangue: avevo appena assaporato una goccia d’inferno.
Scrivi un commento