Parleremo oggi dei puntini di sospensione, delle parentesi, della barra obliqua e di tutto ciò che non abbiamo ancora trattato nella gamma dei segni paragrafematici. Nell’articolo “Punto, punto e virgola, due punti” ho spiegato l’importanza delle pause in un discorso. Ora andremo a vedere insieme tutti gli altri segni che marcano la forma del testo.

I puntini di sospensione

Avete mai letto un testo pieno zeppo di puntini sospensivi? Un narrato ricco di incertezze, lacunoso oltre che nell’intenzione anche nella forma, spesso sintomo di prima stesura finita malamente (senza editing) tra gli scaffali di famose catene di distribuzione? No? Io sì, e non è una bella cosa. 

I puntini di sospensione, le parentesi, la barra obliqua

Usare tanti puntini di sospensione non è figo, è stupido. È fastidioso come una fogliolina tra le gengive.

Lo dice il nome stesso: servono a “sospendere” qualcosa. Un discorso, una frase. Esprimono incertezza ed esitazione e per questo vanno dosati con cura. Frequenti soprattutto nei dialoghi teatrali, vanno sempre fatti seguire da uno spazio. Possono inoltre essere utilizzati per:

  • Far capire l’omissione di parole (puntini di omissione).
  • Segnalare che un elenco può continuare all’infinito.
  • Per preparare una battuta comica (es: “occhio non vede… occhio non vede”).

Imparare a scrivere a mano, una parola sola, almeno il mio nome… Consolare mio padre… Cercare di parlare con mio fratello. Avrei potuto fare un annuncio su internet: uomo non bello ma interessante, con sindrome rara, automunito, indipendente se fornito di adeguati pannoloni, cerca compagna bella presenza, o comunque potabile, per breve matrimonio o possibile eredità…

(Stefano Benni; Achille piè veloce)

Tre, mi raccomando. Tre e basta. “Eh, ma c’era quello scrittore Tal dei Tali che ne utilizzava quattro”. Innanzitutto quel Tal dei Tali era Carlo Emilio Gadda. Lui, però, ha scritto una cosa come “La cognizione del dolore”, l’ha scritta nel ‘63, ora siamo nel 2019 e nessuno di noi sarà mai più Carlo Emilio Gadda.

Le parentesi

Questo tipo di inserzioni parentetiche provocano discontinuità nell’enunciazione, e quindi andrebbero dosate con parsimonia. Sono due le tipologie di parentesi che possiamo utilizzare: le tonde (/) e le quadre [/]. Entrambe chiariscono un determinato discorso. Le quadre – oltre a segnalare omissioni nel testo – servono a rimarcare gli interventi [N.D. …] da parte dell’autore, dell’editore etc. Prima della parentesi tonda non vanno collocati i segni di punteggiatura.

Dal punto di vista narrativo, le parentesi tonde applicano una intromissione, da parte dell’autore o del narratore, che si inserisce facendo intravedere la sua voce attraverso allocuzioni o note metatestuali. Esempio lampante lo abbiamo con Manzoni ne I promessi sposi:

Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non era nato con un cuor di leone.

Sono dette invece endolessematiche le parentesi inserite all’interno di una parola.

Es.: (Story)telling.

Il risultato è un rafforzativo di senso della stessa parola.

Le parentesi tonde servono inoltre a:

  • Introdurre le didascalie nei testi teatrali.
  • Inserire i richiami alle fonti bibliografiche.

La barra obliqua

È utilizzata per indicare un’alternativa e non deve essere mai preceduta o seguita da uno spazio.

Es.:

  • “E/o”.
  • “Cari/e signori/e.

Si possono utilizzare anche negli elenchi per allineare le voci in orizzontale anziché in verticale, e la doppia obliqua è utilizzata in poesia nella separazione tra le strofe.


I puntini di sospensione, le parentesi e la barra obliqua li abbiamo trattati. Ora passiamo ad altro.


Il tratto o la lineetta

Sono questi (-) e questi (–). Sono segni che non vanno confusi con le “lineette emme”  (—) utilizzate per i dialoghi e nemmeno con questi (−) utilizzati per il segno meno.

(-) I tratti servono per:

  • Le parole legate.

Es.: “servo-padrone”.

  • Separare due elementi.

Es.: “Worldbuilding – La geografia”.

  • Unire dei numeri per indicare un intervallo:

Es.: “4-5 spanne sopra”.

(–) Le lineette enne vengono invece utilizzate per:

  • Introdurre le voci in un elenco.
  • Indicare gli incisi che sono parte del discorso principale.

Es.: “Le mandorle tostate – come vuole la tradizione – si utilizzano spesso per i dolci.”

Nota aggiuntiva

Scegliere tra parentesi tonde, lineette e virgole non dipende da gusti personali ma dalla compresenza di altri segni nello stesso testo. Come principio generale si tende a considerare le parentesi un segno demarcativo più forte rispetto agli altri due.

Le virgolette 

Le virgolette alte che non utilizziamo per demarcare i dialoghi possono essere utilizzate invece per:

  • Attribuire una particolare sfumatura a un termine.

Es.: Ho fatto una zuppa davvero “speciale”.

  • Indicare una citazione.

Es.: E poi lui mi ha detto “sono affari miei!”.

Se si decide di utilizzare tutti i gruppi di virgolette a disposizione, di fronte all’esigenza di dover usare virgolette dentro altre virgolette, la scala gerarchica è seguita in questo modo: « / ” / ‘ / ‘ / ” / ».

Gli asterischi

Indicano l’omissione volontaria del nome di una persona, di un carattere, di una località. Tre asterischi, in alcuni testi antichi, demarcavano una pausa tra un blocco di testo e un altro.


E questo era (quasi) tutto. Spero di avervi chiarito un po’ le idee. Ci leggiamo al prossimo articolo!