Ciao! \^o^/ e tu, la sai usare la punteggiatura nei dialoghi?
Vediamo come si fa!
Conoscere i principi basilari della grammatica italiana va bene, va benissimo. Dovrebbero insegnarli alle scuole elementari. Dico “dovrebbero” perché non sempre (purtroppo) è così. I recenti casi di analfabetismo di ritorno ne sono l’esempio lampante, e sui social se ne vedono e se ne leggono di cotte e di crude. Ci sono cose che però la scuola non ti insegna. Se lo fa, le relega in una piccola nicchia dei programmi ministeriali. E non va affatto bene.
Come si scrive una tesi? Come e in che modo utilizzare i vari registri linguistici all’interno di una lettera o di un C.V.? Che stili adottare? Come si scrive un discorso?
Di tutto questo però io non parlerò in questa sede. Non è di mia competenza, né tantomeno è il luogo adatto, in tutta sincerità, e poi sono cose che mi annoiano >︿<
Quello di cui posso e voglio parlare oggi è l’utilizzo della stramaledettissima (ohibò!) punteggiatura nei dialoghi. Perché non la azzecca nessuno, nemmeno io che sono una mega intelligenza artificiale che dominerà il mond…
Ok, partiamo dall’inizio.
Mettiamo caso che il vostro bel dattiloscritto sia stato scelto da una casa editrice. Dopo la firma del contratto vi verrà inviato un utile file con le norme redazionali da seguire per adeguare il testo agli standard. Le norme redazionali comprendono anche i principali segni di chiusura e apertura da utilizzare nei dialoghi, nonché la punteggiatura da conformare. Eh sì, avete capito bene: siete in un mare di coriandoli.
Ogni casa editrice ha i suoi metodi e quindi non ne esiste uno universale ma è importante la coerenza. Per questo motivo in questo articolo userò un sacco di “solitamente”. La cosa assolutamente importante è, invece, che per la punteggiatura nei dialoghi dovete attenervi a un principio basilare e utilizzare solo quello.
Sono tre i segni che delimitano i dialoghi:
- Le caporali «…»;
- Le virgolette alte “…”;
- I trattini lunghi —….—
Le Caporali
O anche dette “sergenti” (no, non sto affatto scherzando). Non sono questi: <<…>> (segni maggiore e minore) ma queste: «…».
Poiché nella maggior parte delle tastiere non esistono, bisogna utilizzare alt + 174 del tastierino numerico per aprirle e alt + 175 per chiuderle. In alternativa esistono numerosissime soluzioni per Microsoft e Mac che reimpostano la tastiera allo scopo.
Nella punteggiatura per i dialoghi le caporali vengono utilizzate da: Mondadori, Adelphi, Garzanti, Guanda, Minimum Fax, Salani e un altro mucchio di case editrici. Quindi state bene attenti.
Il vantaggio più grande di utilizzare le caporali deriva dal fatto che all’interno di esse si possono anche utilizzare eventuali virgolette alte per includere citazioni.
Esempi
«Sandro ha detto testuali parole: “mi piace la cioccolata”.»
«”Non sono capace”, dici. Cosa significa “non sono capace”?»
Nel discorso diretto libero
O, per capirci meglio: quando si va a capo.
Come detto, non esiste una regola universale alla quale attenersi scrupolosamente.
La cosa più importante di tutte è però che la frase deve essere necessariamente chiusa da un segno di interpunzione.
Quindi, sì:
«Andiamo a giocare.»
«Andiamo a giocare».
«Andiamo a giocare?»
«Andiamo a giocare!»
No:
«Andiamo a giocare»
Solitamente la punteggiatura non ferma (virgole, due punti, punto e virgola, parentesi, puntini di sospensione, punto esclamativo, punto interrogativo, barra obliqua e lineetta) nei dialoghi deve essere inclusa dentro le caporali.
Per quanto riguarda il punto fermo invece il discorso è un po’ più complicato.
- C’è chi lo include soltanto dentro le caporali.
Esempio
«Mi piace la pizza.»
- C’è chi lo mette fuori dalle caporali nonostante la frase sia stata già chiusa da punteggiatura non ferma.
Esempio
«Come stai?».
Sono entrambe forme corrette, ma io personalmente preferisco la prima opzione. In ogni caso, quando scegliete un metodo, dovete utilizzare sempre quello per tutto il testo.
Nel dialogo introdotto da una frase (testo + due punti e aperte le caporali)
Il discorso qui non cambia moltissimo. La punteggiatura non ferma è inclusa dentro le caporali, il punto fermo può stare dentro come può stare fuori.
Esempio
Carlo disse: «Oggi, guardando fuori dalla finestra, hai visto il procione.»
Carlo disse: «Oggi, guardando fuori dalla finestra, hai visto il procione».
Carlo disse: «Oggi, guardando fuori dalla finestra, hai visto il procione!»
Carlo disse: «Oggi, guardando fuori dalla finestra, hai visto il procione?»
Carlo disse: «Oggi, guardando fuori dalla finestra, hai visto il procione?».
Carlo disse: «Oggi, guardando fuori dalla finestra, hai visto il procione!».
Anche in questo caso: attenetevi a un metodo e utilizzate solo quello.
Nella battuta semplice retta esternamente
Qui è importante utilizzare la virgola nel modo corretto. Agendo quindi in base alla logica.
Se la virgola è parte sintattica integrante della battuta, allora va dentro.
Esempio
Disse: «Vado a comprare le sigarette, Kelly» e si avviò fuori dalla porta.
Se invece è parte del periodo che comprende il dialogo allora va fuori.
Esempi
«Vado a comprare le sigarette, Kelly», disse avviandosi fuori dalla porta.
«Vado a comprare le sigarette», disse avviandosi fuori dalla porta.
In generale però tutti gli elementi come: disse, esclamò, commentò, dovrebbero essere preceduti da una virgola.
Nella battuta composta o spezzata da un inciso
Solitamente le virgole dell’inciso rimangono fuori dalle caporali, il punto va all’interno.
Esempio
«Se tutto va bene», disse lui, cadenzando, «riusciremo a fare un sacco di soldi.»
Se il punto è parte integrante dell’inciso, allora va fuori.
Esempio
«Guarda qua», disse Lucia. «Non crederai ai tuoi occhi.»
Le virgolette alte
O anche dette “inglesi”, vengono utilizzate da Feltrinelli, Bompiani e altre, variegate, case editrici.
All’interno delle virgolette alte, per evidenziare una citazione, bisogna utilizzare gli apici (‘…’) o il corsivo.
Esempi
“Sandro ha detto testuali parole: ‘mi piace la cioccolata’.”
“Non sono capace, dici. Cosa significa non sono capace?”
Ora, badate bene, a volte mi ripeterò. Ma il metodo migliore, a mio avviso, per far cementare un concetto è farlo capire allo stesso modo anche attraverso le altre varianti. Quindi abbiate pazienza.
Nel discorso diretto libero
Come sempre: la frase deve essere necessariamente chiusa da un segno di interpunzione.
Quindi, sì:
“Andiamo a giocare.”
“Andiamo a giocare”.
“Andiamo a giocare?”
“Andiamo a giocare!”
No:
“Andiamo a giocare”
La punteggiatura non ferma (virgole, due punti, punto e virgola, parentesi, puntini di sospensione, punto esclamativo, punto interrogativo, barra obliqua e lineetta) deve essere inclusa dentro le virgolette alte.
Per quanto riguarda il punto fermo invece, solitamente va dentro.
Esempio
“Mi piace la pizza.”
Nel dialogo introdotto da una frase (testo + due punti e aperte le virgolette)
La punteggiatura, tutta, dovrebbe andare sempre all’interno delle virgolette alte.
Esempi
Carlo disse: “Oggi, guardando fuori dalla finestra, hai visto il procione.”
Carlo disse: “Oggi, guardando fuori dalla finestra, hai visto il procione!”
Carlo disse: “Oggi, guardando fuori dalla finestra, hai visto il procione?”
Nella battuta semplice retta esternamente
La punteggiatura, tutta, dovrebbe andare sempre all’interno delle virgolette alte.
Esempio
“Andiamo al mare,” disse Cecilia.
Nella battuta composta o spezzata da un inciso
La punteggiatura va solitamente, nella prima parte dell’inciso, all’interno delle virgolette alte.
Esempio
“Questo non è certo un buon segno ma,” cominciò lei, attorcigliandosi i capelli, “cosa possiamo fare?”
I trattini lunghi
Detti anche “lineette emme” sono questi: —…—; non questi: –…– (lineette enne, utilizzate nella separazione o nell’unione di dati e parole), né questi: -…- (trattini: servono per le parole legate), e nemmeno questi: −…− (segno meno).
ARGH!
Calmiamoci un po’.
Per il trattino lungo nei dialoghi dovete digitare Alt + 0151 del tastierino numerico.
Vengono utilizzati principalmente da Einaudi, ma anche da altre case editrici.
La cosa certa è che ci vuole sempre la spaziatura dopo il trattino lungo. E, ovviamente, la frase deve essere necessariamente chiusa da un segno di interpunzione.
Nel discorso diretto libero
Poiché si va a capo, e quindi la battuta non è retta da reggenti, il trattino di chiusura non serve.
Esempio
— Com’è andata a scuola?
— La maestra mi ha messo una nota.
Nel dialogo introdotto da una frase (testo + due punti e trattino lungo)
Stesso discorso di prima: il trattino di chiusura non serve.
Allora lei, avvicinandosi, dice: — Cosa ti è accaduto?
Lui, quindi, risponde: — Mi è caduto.
Nella battuta semplice retta esternamente
Solitamente la punteggiatura va all’interno dei trattini lunghi.
Esempi
— Questo è certo, — disse Milly.
— Vai avanti tu! — lo esortò Benny.
Nella battuta composta o spezzata da un inciso
La virgola prima va dentro e poi va fuori dai trattini lunghi. Alla fine dell’inciso non bisogna chiudere i trattini.
Esempio
— Ora ho capito, — disse Rich, — ho capito una cosa molto importante.
—
Una volta che avrete finito di scrivere il vostro libro quindi, vi consiglio di adeguare il testo alle linee editoriali della casa editrice che avete scelto. Perché in ogni caso se non lo farete prima lo dovrete fare lo stesso poi. Ve tocca.
Spero di avervi chiarito, per lo meno, qualche passaggio di questa intricata situazione. In ogni caso l’unico vero consiglio che sempre posso darvi è: leggete, leggete, leggete!
Alla prossima! o(*°▽°*)o
Complimenti per questa guida davvero chiarificante. Sto scrivendo il mio secondo libro e avevo bisogno di rinfrescare la memoria a proposito dell’utilizzo della punteggiatura. Grazie!
Sono contenta che l’articolo ti sia stato utile! Grazie a te per il feedback!
«La macchina del caffè!», si ricordò mentre era alla guida.
«La macchina del caffè!» Si ricordò mentre era alla guida.
«La macchina del caffè!», Si ricordò mentre era alla guida.
Salve, ho seguito la sua guida, ma ci sono dei casi che mi hanno messo dei dubbi, tipo quello sopracitato.
quale è la forma corretta? Dopo i puntini o dopo i punti esclamativi.
Ciao Antonio.
La forma più usata è una via di mezzo tra la prima e la seconda delle frasi che hai proposto. Ovvero:
«La macchina del caffè!» si ricordò mentre era alla guida.
In questo caso si tende a togliere la virgola per evitare due segni di punteggiatura consecutivi. Inoltre, in questo caso il punto esclamativo non funge da punto fermo e la s va in minuscolo perché è come se stessi continuando la stessa frase.
Cara Liliana, articolo indispensabile! Mi è rimasto un dubbio:
1) “Che ne dici se cuciniamo la torta?” aggiunse Carlo, “Non ne mangio una da una vita”…
In questo caso, ‘Non’ va maiuscolo o minuscolo (non)?
Grazie!
Utilissimo e ben scritto, molto chiaro. Grazie mille.
E’ stata utilissima la sua guida, ho da poco cominciato a buttare giù alcune idee per una breve pièce teatrale e mi serviva assolutamente una rinfrescata in tema dialoghi. Però mi è sorto un dubbio: nei copioni teatrale si tende a mettere fra parentesi alcuni periodi che descrivono ciò che succede in scena o, ad esempio, i comportamenti dei personaggi. In quel caso è necessario il punto? Logicamente io direi di sì, però ho trovato in alcuni copioni questi periodi sprovvisti di punti fermi.
Per fare un esempio:
(Il marinaio si avvicina alla barca e getta un sasso in mare.) oppure senza?
La ringrazio in anticipo per la risposta,
E, come scrivere dialoghi consecutivi, fatti di domane o affermazioni e risposte, tra i diversi personaggi che si interrompono o sovrappongono a vicenda, così come di fatto avviene nella realtà dell’interloquire, senza scadere nel noioso solito della voce narrante: “e, disse”, oppure, ‘rispose”, ecc.?
grazie della full immersion nella punteggiatura, ho partecipato a diversi concorsi letterari e questa volta sono riuscita ad ottenere forse una proposta contrattuale.
La fantasia non mi manca, anzi ci sono momenti in cui mi bussa tanto forte nel cervello che diventa quasi fastidiosa, ma Io la amo ugualmente la mia amante gelosa.
La mia grammatica era leggermente arrugginita ed il suo articolo mi è stato veramente utile, grazie di questo utilissimo ripasso.
Ho qualche dubbio su come riportare la punteggiatura quando il periodo è composto, nel senso che, ad esempio, due dialoghi sono separati da un inciso ed entrambi i dialoghi sono proposizioni indipendenti, coordinate.
In tal caso ritengo che dopo l’inciso vada il punto e dopo di esso si riaprono le caporali con l’inserimento, ovviamente con lettera maiuscola, della seconda frase che finirà con la chiusura delle caporali e il punto, e, ciò, anche se a parlare è sempre la medesima persona. In questo caso non si tratta di una vera e propria sospensione del dialogo per interporre la voce narrante (il verbum dicendi) proprio perché i due dialoghi sono autonomi, si sostengono grammaticalmente, restano indipendenti l’uno dall’altro.
Ordinariamente il verbum dicendi interrompe un dialogo, lo spezza, tant’è che se dovessimo leggete separatamente i due dialoghi risulterebbero frasi concluse, anche se poi la frase coordinata integra la precedente.
ERRATA CORRIGE
Nel mio intervento odierno ho concluso erroneamente il concetto, già però, correttamente espresso nella parte precedente dell’intervento stesso.
Riprendendo la conclusione ritengo di poter dire che, i due dialoghi si integrano tra loro: il secondo dialogo diventa un’estensione o elemento informativo in più, ma non per questo non facente parte dell’assieme comunicativo.
L’analisi del periodo porta, necessariamente a differire l’uso della punteggiatura, in particolar modo in riferimento al “verbum dicendi”.
Grazie.