La fresca brezza notturna ci stringeva attorno al falò. Le sedie da campeggio disegnavano un cerchio quasi perfetto sulla cima della collina.
«Mistero in Città del Messico. Salma all’obitorio viene trovata deturpata e dissanguata», lesse Stefania sul suo smartphone.
«E quale sarebbe il mistero?», chiese Bartolomeo appoggiando la bottiglia di birra sul terreno. Allungò il collo taurino per sbirciare sullo schermo della sua ragazza.
Stefania toccò il display per aprire l’articolo. «Vediamo», la luce della pagina bianca in carica gettò inquietanti ombre sul suo viso lentigginoso.
«Che palle!», lamentò Marika. «Perché tu riesci a vedere le notizie e a me non prende un cazzo neanche qui fuori?».
«La connessione è molto lenta anche per me», le rispose lei.
«Beh, siamo in otto», precisò Viola. «E abbiamo tutti lo stesso problema».
«Marika, datti pace», s’intromise Christian. «Le applicazioni dei social richiedono molti più dati di qualsiasi articolo di giornale. Rassegnati!».
«Ma che ne sai tu di quello che faccio con il mio cellulare?!», rispose lei piccata. Batté le ciglia finte e allungò la mano sinistra verso il fuoco fingendo disinteresse.
Alessio, seduto al suo fianco, si piegò di lato e le bisbigliò all’orecchio: «Credo lo sappia perché da quando siamo arrivati non hai fatto altro che lamentarti per Instagram».
Christian alzò la bottiglia di vodka verso l’amico, in segno di approvazione.
«Ma vaffanculo!», esclamò Marika allontanando il viso di Alessio con una manata che parve più una carezza che una spinta. Le unghie fucsia grattarono sulla barba incolta.
«Ecco, si è aperto», annunciò Bartolomeo indicando lo smartphone della fidanzata.
«Miguel Torres», tornò a leggere Stefania, «operaio di quarantatre anni, è stato colto da un malore improvviso nel mobilificio in cui lavorava. A nulla sono serviti i tentativi di rianimazione da parte dei soccorsi che ne hanno dichiarato il decesso. Il corpo, che non presentava nessun segno di violenza, è stato trasportato all’obitorio, dov’è stato custodito in una cella mortuaria per almeno sei ore, in attesa di un’autopsia necessaria ad accertare le cause della morte. Al momento dell’esame medico, il personale sanitario si è trovato di fronte a uno scenario inspiegabile, rinvenendo il corpo afflitto da molteplici lesioni, tra cui una pugnalata al costato, delle profonde escoriazioni attorno alla testa e stigmate al centro di mani e piedi, riconducibili alla rappresentazione del Cristo crocifisso».
«Notizie più macabre non ce n’erano?», scherzai. Carla annuì e mi sorrise.
«Sul ventre», proseguì Stefania, «inciso a caratteri cubitali, la scritta “marido infiel”, traducibile in italiano come “marito infedele”. A infittire il mistero si aggiunge la totale assenza di sangue, sia sulla scena del reato che all’interno della salma, che sembra essere stata in qualche modo completamente drenata. L’obitorio, accessibile solo dal personale addetto, è stato posto sotto sequestro, causando non pochi problemi logistici. Gli inquirenti hanno analizzato tutte le registrazioni delle telecamere di sicurezza senza riscontrare movimenti sospetti o anomalie. Gli interrogatori hanno coinvolto, oltre il personale sanitario, tutti i colleghi, i conoscenti e i familiari della vittima. Miguel Torres, sposato da quasi un decennio, lascia la moglie di trentatre anni e un figlio di sei. Non si escludono ipotesi di vendette passionali o di riti satanici a opera di bande collegate al cartello messicano».
Marika fece una smorfia schifata. «Quindi un pazzo si è intrufolato in un obitorio e si è messo ad accoltellare un cadavere?».
«Non solo accoltellato», specificò Stefania. «Gli hanno inflitto le stesse ferite con cui viene rappresentato Gesù in croce».
«E questo fa pensare che sia opera di una setta satanica», aggiunse Christian con evidente interesse. Gli occhi scuri e lucidi per la sbronza luccicarono alle fiamme del falò.
«Bisogna avere davvero gravi problemi mentali per darsi ai riti satanici», giudicò Viola ruotando l’indice sinistro attorno alla tempia.
«Potrebbe pure trattarsi di gente affiliata al cartello messicano», osservò lui. «Quella è gente senza alcuna umanità. Torturerebbero chiunque per una manciata di pesetas».
«Ma non sanno ancora chi sia stato», puntualizzò Stefania posando il telefono nella tasca della giacca. «Quelle del rito satanico e del cartello messicano sono solamente ipotesi», prese la birra del suo ragazzo e ne buttò giù un sorso.
«Problemi mentali a parte», commentò Carla accarezzandosi i capelli sulla spalla, «chiunque sia stato non può essere uno sprovveduto».
«Concordo», fece Christian alzando le sottili sopracciglia. «Uno che s’intrufola in un’area video sorvegliata senza lasciare tracce non può essere un dilettante».
«Manco Lupin», scherzò Bartolomeo. Stefania e Marika scoppiarono a ridere.
«Secondo me hanno confuso i cadaveri e hanno scatenato un polverone per nulla», ipotizzò Alessio. «Sempre ammesso che non sia una fake news. È troppo assurdo per essere vero».
«Sì, certo. Ma non volevo dire questo», continuò Carla. «Se l’articolo dice il vero, è stato estratto tutto il sangue da un cadavere, quindi da un sistema cardiocircolatorio che non pompa più. Dopo la morte, il sangue comincia a filtrare nei tessuti e tende ad accumularsi verso il basso per effetto della forza di gravità. In questo caso si sarebbe dovuto accumulare per lo più sulla schiena. Non riesco a immaginare nessun modo pratico per drenare il sangue in simili condizioni senza lasciare tracce o senza riempire i vasi con altri liquidi come avviene per le imbalsamaz-».
«Che schifo di discorsi!», la interruppe Marika. «Basta, mi sta venendo la nausea!».
«Scusa», Carla abbassò lo sguardo. «Mi dispiace».
«Io invece lo trovo interessante», dichiarò Viola, seduta al suo fianco. Si piegò in avanti per scrutarle il volto e le sorrise.
Carla rialzò gli occhi e ricambiò. «Cerca livor mortis, se vuoi saperne di più», le suggerì.
«Se io fossi nella polizia messicana», ipotizzò Christian, «indagherei sulla scritta che gli hanno inciso addosso. Dovrà pur significare qualcosa».
«Voi ci credete?», domandai.
«No», affermò Alessio. «Secondo me se l’è inventato qualche aspirante giornalista alla disperata ricerca di visualizzazioni. Su internet girano tante di quelle porcate!».
«Di solito questo sito è attendibile», si giustificò Stefania stringendosi nelle spalle.
«Mi riferivo ai riti satanici». Mi fissarono tutti in silenzio. Notai una certa perplessità. «Intendo dire che mi sembra molto improbabile che qualcuno arrivi a profanare un cadavere in questo modo solo per celebrare un rito», mi spiegai.
«Nico, il fanatismo può spingere la gente a fare qualsiasi cosa», mi rispose Stefania.
«Come i kamikaze», prese in esempio Bartolomeo.
«O come le bestie di satana, in questo caso», continuò lei aggrottando la fronte. «Ne avete mai sentito parlare? Alcuni avevano suppergiù la nostra età e arrivarono persino ad ammazzarsi tra loro».
«Tempo fa», commentò Carla, «vidi un reportage su tre ragazzine che giocando a fare le sataniste finirono per ammazzare una suora. Quella storia mi fa una rabbia!».
«Tu, arrabbiata?», ironizzò Alessio. «Sono proprio dei ragazzacci questi satanisti se riescono a far incazzare persino te».
«Non minimizzare», lo redarguì Stefania. «Stiamo parlando di criminali omicidi».
«Esatto», concordò Carla. «Gente tanto malvagia che riesce a uccidere a sangue freddo per delle stupide fantasie».
«Come ho detto prima», ribadì Viola, «roba da veri malati di mente».
«In questo caso, però», specificai, «non parliamo di un branco di cretini col cervello bruciato dalle droghe che estremizzano credendo di essere fighi, ma di qualcuno che riesce a eludere telecamere di sicurezza, a introdursi in un’area riservata e a dissanguare completamente un cadavere senza lasciare tracce. Come potrebbe una persona tanto stupida da darsi al satanismo arrivare a fare tutto questo?».
«E se fosse opera di un’entità paranormale?», suppose Christian.
«Oh sant’iddio!», Bartolomeo si coprì mezza faccia con la mano. «Ci risiamo».
«No, davvero. Pensaci», lo invitò a ragionare. «Non sanno come sia morto il tizio. Non sanno come abbia fatto il colpevole a mettere le mani su un corpo chiuso in una cella mortuaria e non sanno neanche come sia stato sfigurato e prosciugato da tutto il sangue. Inoltre sulla vittima è presente una simbologia religiosa. Perché negare che ci possa essere qualcosa che va oltre la nostra comprensione?».
«Perché i fantasmi non esistono», rispose Bartolomeo. Mi guardò e sospirò, sperando in un po’ di sostegno. Feci spallucce per evitare di esprimere il mio parere.
«Non puoi saperlo!», si difese Christian puntandogli un dito contro.
«Io certe volte proprio non ti capisco, Chris», si aggiunse Alessio poggiandogli una mano sulla spalla. «Ti sei sempre atteggiato a uomo di scienza e all’improvviso hai cominciato a interessarti un po’ troppo al paranormale. Sai che non ti assumeranno mai alla NASA se continui di questo passo, vero?».
«Vedi, Ale, in fin dei conti la scienza non fa altro che indagare sulle regole che governano la realtà», agitò la bottiglia di vodka con fare solenne. «Tutte le scoperte scientifiche che hanno rivoluzionato il mondo sono state considerate delle stupide fantasie prima che qualcuno di molto coraggioso riuscisse a dimostrarle. Immaginate di dover spiegare a delle persone di vent’anni fa tutto quello che oggi possiamo fare in pochi attimi con uno smartphone. Ci avrebbero deriso ed etichettato come degli stupidi creduloni. E se dovessimo parlare di informatica, genetica, astronomia, fisica quantistica e tante altre cose che oggi diamo per scontate alle persone del sedicesimo secolo, ci saremmo ritrovati condannati per stregoneria. Quindi come puoi avere la certezza che tra le scemenze da paranormale non ci siano, in realtà, parti dell’universo che non abbiamo ancora compreso?».
«Perché quelle scemenze fanno parte della fantasia umana da sempre», rispose Bartolomeo. «A differenza di tutte le altre cose che hai menzionato».
«Giusto, ma io non ho mai detto che tutte le storie di fantasmi siano vere», continuò Christian pur di difendere le sue teorie. «Dico che dietro ad alcune storie c’è un fondo di verità e sono sicuro che prima o poi la scienza risponderà anche agli interrogativi del mondo occulto».
Marika si girò inquieta a guardarsi le spalle. Il fuoco dava una fioca visibilità alla prima fila di alberi. Oltre, solo tenebre. «Possiamo cambiare argomento?», implorò.
«Senti», disse Bartolomeo spazientito. «È più di un anno che hai preso questa fissazione per l’occulto. Credevo fosse solo una fase, ma a quanto pare non ti è ancora passata. Quindi, perché non ci spieghi, una volta per tutte, cosa ti ha portato a dire con tanta convinzione queste cazzate?».
«Io non dico cazzate», sbottò Christian. «Ma che ne parlo a fare? Tanto non mi crederesti».
«Tu provaci», lo invitò Bartolomeo con tono di sfida.
«Anche io sono molto curioso, sai?», intervenni. «Ho pensato spesso di chiedertelo, ma non volevo essere invadente».
«Se vuoi, te ne parlerò qualche giorno che saremo solo noi due», rispose.
«Ma voglio saperlo anch’io!», incalzò Viola.
Christian la guardò di sbieco.
«Dai! Sai che ti reputo una persona intelligente», aggiunse lei. «Avrai sicuramente delle buone ragioni per credere con tanta fermezza nel paranormale».
«Io, invece,» dichiarò Marika, «preferirei non saperne proprio nulla di queste cose!».
Christian la fissò per qualche istante e gli si illuminò il viso. «E va bene», si batté la mano libera sulla coscia. «Probabilmente me ne pentirò, ma se insistete tanto vi accontento».
«Ecco, lo sapevo!», esclamò lei. «Deve fare sempre il contrario di quello che dico».
«Ma no, Marika, tu non c’entri nulla», mentì. «Però è da un po’ di tempo che sento il bisogno di condividere questo peso con qualcuno», un singhiozzo gli spezzò la frase; l’alcol non giovava alla sua credibilità. «Con qualcuno che non faccia parte della mia famiglia, almeno. Beh, quale occasione migliore di questa?», prese un altro sorso di vodka e si asciugò le labbra sottili con la manica della felpa.
Bartolomeo incrociò le braccia: «Sentiamo!».
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