La casa era deserta, il salotto immerso nell’oscurità. L’albero di Natale stava spento in un angolo, una sagoma nera con il puntale che pendeva fuori asse e gli addobbi che piegavano i rami finti all’ingiù.
Xelith scosse appena la testa. Aveva rinunciato da molto tempo a capire le abitudini degli umani, malgrado tutti i suoi studi. Si sedette sul divano e si concesse un sospiro, mentre disattivava la bio-tuta mimetica e ritornava alla sua vera forma. Aveva passato talmente tanto tempo sotto copertura che quasi non riconobbe il suo riflesso sulle ante della credenza. Pelle nera, coriacea, lunghe orecchie appuntite. Xelith accennò un sorriso.
Dalle imposte semichiuse filtrava il riverbero della neve. Gli umani erano usciti ormai da mezz’ora e non si sarebbero fatti vedere prima di mezzanotte, almeno. Aveva tutto il tempo di fare rapporto.
L’impianto olografico si accese e dal palmo sinistro si levò un’immagine verdognola, che sfarfallò, lampeggiò e infine si assestò sul sistema solare stilizzato bianco su fondo verde, simbolo della Missione Terra.
Xelith tamburellò con le unghie sul cuscino. Kandra lo stava facendo aspettare, come al solito.
La schermata di attesa si animò, facendo scorrere immagini di paesaggi. La Grande Foresta Aerea con le liane verdi avviluppate tra i rami degli alberi secolari. Il lago di Naska, incastonato blu sotto le montagne innevate. Le luci notturne dei grattacieli di Torxet.
La nostalgia montò come un’ondata e gli artigliò il petto. Da quanto era lontano da Obrekan, ormai? Non voleva contare gli anni. Quando si era arruolato, fresco di laurea in umanologia, la Missione Terra gli era sembrata l’idea del secolo. Ripensandoci bene, avrebbe fatto meglio a restare e cercare un lavoro più con i piedi per terra. Anni fa non avrebbe mai accettato qualcosa di così poco ambizioso, ma ora… l’idea di fare il cameriere in qualche bar del centro o vendere pulitori porta a porta non gli sembrava più così male. Forse era la vecchiaia.
I paesaggi di Obrekan si dissolsero su una finestra di autenticazione. Xelith digitò username, password e attese che l’ologramma scansionasse la retina.
Con un guizzo, lo stemma della Missione Terra svanì, divorato dagli occhi di Kandra, di un verde troppo saturo per essere naturale. Prima che Xelith potesse aprire bocca, la voce della collega si introdusse nel canale audio, impiantato nei suoi timpani. «Matricola ISR-AU-669843» scandì, con la stessa espressività di un droide di interfaccia, «alla buon’ora.»
Xelith affondò le unghie nel bracciolo del divano. «Come sarebbe a dire, alla buon’ora? Sono stato in attesa per quasi sedici primi standard—»
«Non ricevevo un tuo rapporto da ottantasei giorni standard» proseguì lei, imperterrita, interrompendolo come se non avesse fiatato. Da come scoccava occhiatacce a destra e a manca, doveva essere furiosa per chissà cosa e ora se la sarebbe presa con lui. Ottimo. «La procedura per gli incarichi di tipo NR sotto copertura prevede un aggiornamento continuo a intervalli di massimo sessanta giorni standard.»
«A meno che non si tratti di un incarico codificato di grado B, come questo.» Xelith si morse l’interno della guancia per non rispondere male. Kandra lo sapeva benissimo, solo che aveva deciso di fargli perdere la pazienza.
Lei roteò gli occhi, come se parlasse a un idiota. «Ma la proroga per gli incarichi di grado B è garantita solo in casi di emergenza. Il tuo non lo è.»
Xelith digrignò i denti. Si stava proprio impegnando. «Sono stato autorizzato dal comando. Ti ho persino inoltrato la notifica.»
Kandra chiuse la bocca. Non si aspettava che replicasse a ognuna delle sue insinuazioni. Strinse gli occhi troppo pigmentati in uno sguardo più affilato di un bisturi laser. «Come vuoi» sibilò. «Ma mi aspetto rapporti più puntuali, d’ora in poi.»
Xelith si appoggiò contro lo schienale. Aveva vinto, ma la frustrazione gli ribolliva ancora nello stomaco. Chissà se anche facendo il venditore di pulitori avrebbe trovato colleghi così irritanti. «Quindi? Mi hai convocato solo per infastidirmi?»
Lei arricciò il naso per un attimo. Non sarebbe stata la prima volta che lo faceva, accidenti a lui e a quella volta in cui gli era scappato che avesse nostalgia di casa. «Certo che no» disse in tono sdegnoso, come se non le fosse mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello. «Il Generale Aksha ha esplicitamente chiesto di parlare con te.»
Xelith spalancò gli occhi. «Il… Generale?» Il cuore accelerò i battiti.
«Sì, in persona. Te lo passo. Attendi in linea.»
Il viso di Kandra che si ammirava le unghie smaltate svanì di nuovo, sostituito da una nuova serie di paesaggi. La collezione di fiori rari del giardino botanico di Juskan si sfocò in una macchia rossiccia. Aksha aveva chiesto di parlargli. Il fondatore della Missione Terra… Xelith deglutì. Nurnel Aksha era una leggenda, ormai. Il primo ad aver scoperto l’esistenza di un’altra specie senziente nella galassia, una delle massime autorità dell’astronomia e dell’esobiologia… e, in seguito alla sua scoperta, il padre dell’umanologia.
Xelith era piccolo, aveva forse cinque o sei anni, e stava giocando a un videogioco di astrocorse, quando Aksha era apparso nella sua vita, sotto forma di un servizio all’holo-TV che stava guardando sua madre. Lui aveva sentito quella parola, “umanologia”, e aveva sollevato lo sguardo, distraendosi quel tanto che bastava per far schiantare la sua navicella contro un asteroide. Aveva ascoltato l’intero servizio e aveva detto a sua madre che lui, da grande, avrebbe voluto fare quello.
E ora il suo indiscusso eroe d’infanzia voleva parlargli, proprio mentre si chiedeva se non avesse sbagliato tutto. I sensi di colpa minacciavano di mangiargli le viscere dall’interno.
Xelith passò le mani sulla bio-tuta mimetica, cercando di togliere le pieghe e darsi un aspetto più accettabile. Non aveva nulla di più adatto da indossare, ma era in missione e non poteva permettersi il lusso di abiti migliori. La bio-tuta mimetica era in grado di modificare il suo aspetto e nasconderlo tra gli umani. Non poteva toglierla: se un umano l’avesse visto? Ci sarebbero state troppe complicazioni. Il regolamento di missione prevedeva al massimo di disattivare la modalità mimetica, come stava facendo lui, e solo nell’eventualità che non ci fossero umani nelle immediate vicinanze.
Xelith riprese a tamburellare con le unghie sul bracciolo. E se il Generale si fosse aspettato da lui di vederlo con la mimetizzazione attiva? No, si sarebbe sentito un cretino a presentarsi di fronte a Nurnel Aksha con l’aspetto stupido che doveva mantenere tra gli umani.
E se si fosse accorto che nell’ultimo periodo era pieno di dubbi? Ma no, che idiozia, mica sapeva leggere nel pensiero—
La schermata sparì, facendolo sussultare. Il viso affilato del Generale apparve nell’ologramma. Gli occhi chiari parvero perforarlo e leggergli davvero la mente.
Xelith deglutì e prese un lungo respiro. Doveva riprendere contegno. «Generale, per me è un onore poterla incontrare. Sono—»
«Xelith Durka, lo so.» Gli sorrise. «È un piacere conoscerla.»
Le guance gli presero fuoco. «Mi lusinga, Generale. Io… l’ho sempre stimata tantissimo. Sono entrato nella Missione per seguire le sue orme…» La voce sfumò. Che cosa stava dicendo? Si stava comportando come un bambino.
«La ringrazio.» Aksha non sembrò offeso. «Ero curioso di parlarle, perché sono giunti alla mia attenzione i suoi rapporti. Di tutti gli agenti distribuiti sul Pianeta Terra, lei è decisamente uno dei più promettenti.»
Lo stava sentendo sul serio? Era un sogno? Gli girava la testa. «Grazie, signore.» Le parole si erano volatilizzate dalla sua testa. «Faccio del mio meglio, signore.»
«Non ho dubbi.» Un altro sorriso, più caldo, attraversò il volto anziano del Generale. «È per questo che ho voluto contattarla. Lei è stato scelto per far parte della squadra d’élite che darà il via alla seconda fase della Missione Terra. Sempre se accetterà, naturalmente.»
Xelith chiuse di scatto la bocca, prima di fare la figura dello stupido. «La… seconda fase? Di già?»
«Certo. Abbiamo raccolto informazioni sufficienti. Ora è il momento di predisporre l’invasione.» Una luce d’acciaio brillò nei suoi occhi. «Abbiamo esaminato il comportamento di tutti gli agenti. Lei ha potenzialità indiscutibili, agente Durka. Pertanto, se accetterà, farà parte della testa di ponte che preparerà il terreno per l’invasione su larga scala.»
«Io—» Cosa doveva rispondere a una simile proposta? Non era preparato. «Ne sarei davvero onorato, signore.» Il suo sogno d’infanzia si era concretizzato in maniera talmente improvvisa che non aveva ancora realizzato. Alla faccia delle sue idee sul vendere pulitori.
«Bene. Farò in modo che le siano inviati i nuovi ordini. Benvenuto a bordo, agente Durka. Sarà un piacere lavorare con lei.»
La comunicazione si chiuse e a Xelith rimase il saluto impigliato alle labbra. Riapparve il volto di Kandra, ma nemmeno le sue lamentele gli avrebbero potuto strappare il sorriso. La salutò e spense l’ologramma.
Si afflosciò contro il cuscino, chiuse gli occhi. Non poteva crederci. Non si sarebbe stupito se di punto in bianco si fosse svegliato. Sembrava tutto troppo bello per essere vero. Una notifica lo fece sussultare, ma era solo il dossier promesso dal Generale.
Non stava sognando. Non era uno scherzo.

*

Quando sentì il veicolo degli umani entrare nel vialetto, fu quasi doloroso ritornare in sé. Attivò la modalità mimetica della tuta e fece sparire il documento olografico. Si accoccolò sul cuscino come se stesse dormendo, anche se il cuore batteva ancora forte.
I quattro umani salirono le scale, con i loro passi pesanti, schiamazzando a voce alta riguardo il cenone dagli zii. La porta del salotto scorse di lato, accogliendo la prima dei due cuccioli.
Xelith balzò giù dal cuscino e le trotterellò incontro. «Stupidi umani» trillò. «Presto, molto presto, sarete nostri schiavi.»
Quella, seguita dalla sorellina piccola, gli si avvicinò sorridendo. «Buonasera anche a te!»
Xelith le si strusciò sulle gambe. «L’invasione sta per cominciare e io sarò in prima linea!» Gli veniva da ridere. Avrebbe potuto riempire gli umani di insulti, o raccontare loro nei dettagli il piano, e non se ne sarebbero accorti. Non capivano la sua lingua.
«Oh, ma come sei dolce oggi, micio» disse la madre umana.
«Ho ricevuto il regalo di Natale migliore della mia vita» rispose Xelith.
La cucciola più giovane lo prese in braccio.
Xelith chiuse gli occhi. Sì, presto il suo giorno sarebbe arrivato. Il suo momento di gloria. Non vedeva l’ora.

Racconto di Axa Lydia Vallotto

Vincitore assoluto, primo classificato, del Contest Stagionale Inverno 2022-2023