Scripta che intervista Cristiana Leone? Come è potuto accadere?

Beh, a Lucca Comics and Games piove. Sempre. È una costante, una verità universale.

Sì, perché quando ci siamo presentati da Imaginaria, alla ricerca sfrenata della nostra sfortunata preda, fuori stava (guarda un po’) piovendo. Tanto per cambiare, direbbe qualcuno.

MA

Non si pensi che il Founder di Scripta si sia approfittato (come spesso fa quando va a sedersi comodamente su una sedia della Ingellis) della scusa di una tanto agognata intervista SOLO ED ESCLUSIVAMENTE per tenersi al calduccio, mentre fuori piove. Non lo credereste mai, vero?

Per quanto, ritrovarsi a vagabondare nell’ampio stand del Padiglione Carducci (normalmente strapieno, ma quasi vuoto nella prima giornata di fiera) mentre fuori imperversa il diluvio, devo ammetterlo, ha un fascino tutto suo. La fiera, modestamente, è bella sia quando inizia che quando finisce, pertanto, noi quattro scalmanati, vagabondando in quel di Lucca, ci siam detti: Quale modo migliore per iniziare la fiera, se non con una bella intervista di quelle che solo noi (non) sappiamo fare?

Fortuna che Cristiana Leone è stata così paziente da sopportarci…


Tiziano: Dunque, come detto siamo qui al Lucca Comics and Games, allo stand di “Imaginaria” dentro al Padiglione Carducci. Proprio davanti a me c’è Cristiana Leone, illustratrice “self made woman” e autodidatta che è ascesa dal rango di “ma faccio giusto du cosette ogni tanto” a quello di “Mega Illustratrice Galattica”, ho ragione?

Cristiana: Tutto giusto, tranne “Galattica” e “Mega”.

T: Dunque! Cominciamo dalla base. Magari i nostri lettori non hanno ancora avuto l’onore di conoscerti, quindi approfittiamone con questa domanda. Raccontaci “chi è Cristiana?”, da dove ha preso la sua passione per il disegno? E cosa l’ha spinta a barcamenarsi in questo percorso artistico, sicuramente molto impegnativo e complesso, cercando di non naufragare e di spingersi sempre più in là?

C: “Naufragar me dolce in questo mar“, come diceva Leopardi. E l’arte per me è proprio questo, smarrirsi in un mare immenso, un mare che ci viene da dentro, e il naufragare è anche un po’ dettato dalla nostra esigenza di portare fuori ciò che abbiamo nel cuore e nella mente, ciò che fa parte della nostra identità. In qualche modo bisogna buttarlo via, altrimenti fa male, e ne sappiamo entrambi qualcosa. Come ti dicevo, il mio è stato un percorso da autodidatta, che però è partito da attività che col disegno c’entravano poco e niente, pensa che ho iniziato dal liceo classico e sono finita nel mondo del turismo! Tuttavia, il disegno mi ha sempre accompagnata come una vocina nella testa, sempre presente, anche se alcune volte faceva male. Faceva male perché sentivo sempre che mancava qualcosa. Poi, come accade spesso nella vita, le grandi consapevolezze sono arrivate un po’ a caso “così de botto, senza senso!” per fare una citazione!
Non ricordo ancora bene come, ma a un certo punto della mia vita ho scoperto l’esistenza della pittura digitale, credo grazie alla copertina di Nihal della Terra del Vento di Licia Troisi, disegnata da Paolo Barbieri (a quanto pare quella copertina ha svoltato tante cose in tante persone, n.d.r.). Tu pensa quanto potevo essere ignorante in materia! Ma dopotutto, si parla del 2005/6 circa, all’epoca stavo finendo l’università. Quando ho scoperto che con la pittura digitale si potevano raggiungere livelli simili a quelli di un dipinto a olio non ho saputo più resistere! Mi sono buttata a capofitto a fare ricerca, mi sono documentata su internet, ho comprato la mia primissima tavoletta grafica, una trust da 20 euro che ho tenuto giusto qualche mese, che è stata un po’ il mio battesimo.
Da quel momento ho iniziato a “scazzafrugliare” (come diciamo noi) qualcosina, iniziando a seguire i primi tutorial su internet che spiegavano passo passo i procedimenti per la pittura digitale. Da lì è stato tutto un divenire, carpivo continuamente informazioni e cercavo di riprodurre quello che potevo, esercitandomi nella tecnica ed esponendo i miei privi lavori su DeviantArt, non so se qualcuno lo conosce ancora, ma all’epoca era davvero molto in voga. Tutto procedeva bene fino a quando non mi si è scoperchiato il Vaso di Pandora. A un certo punto alcune persone hanno iniziato a chiedermi delle commissioni, chiedendomi quanto volevano darmi per i disegni che producevo. Io là mi sono chiesta “cavolo, ma la gente davvero è disposta a pagare per dei disegni?”. Per me la cosa era assurda, fuori da ogni concezione. Sono cresciuta nella mentalità (errata) che associare denaro e disegno fosse qualcosa di impensabile, quasi di sbagliato. Sai, mia madre viene dall’Istituto d’Arte, e mi ha sempre detto sì di disegnare, ma di non considerare mai l’idea di farne un lavoro, proprio perché portare il pane a casa con l’arte, secondo lei, era qualcosa di impossibile. Adesso, invece, è fiera di me e di quello che faccio, e anche io sono riuscita a dare molto più valore al mestiere dell’illustratrice, perché di questo si parla. Ma arrivarci non è stato affatto semplice, complici anche i molti problemi che avevo a lavoro e i miei stati d’animo non proprio positivi. Il sostegno forte di mio marito è stato fondamentale per farmi coraggio, per darmi la forza di abbandonare un impiego che all’epoca non mi soddisfaceva, e di dedicarmi completamente anima e corpo al mestiere dell’illustratrice, e fortunatamente da quel momento in poi, con dedizione e costanza, è stata tutta una crescita! Ho partecipato ad alcuni workshop tenuti dal maestro Antonio De Luca. Mi sono documentata parecchio anche da me, e in generale non ho mai voluto smettere di apprendere e imparare dai migliori, tanto che la mia sete di conoscenza aumentava di pari passo con la mia abilità nel disegnare. E poi da lì sono arrivate le prime collaborazioni importanti, le copertine per Fanucci Editore, le illustrazioni per Imaginaria, e poi il resto è storia.

T: E il resto è storia, hai proprio ragione. Beh, a questo punto mi verrebbe da dire che tutto sommato il “segreto” del successo è sempre lo stesso: dedizione, costanza, applicazione, il mettersi  costantemente in gioco e avere il coraggio di rinunciare a un qualcosa che nella vita può apparire alle volte più stabile, comune, comodo agli occhi degli altri (come un lavoro statale). Avere il coraggio di mollare tutto e di buttarsi nell’arte anima e corpo, con tutte le conseguenze che ne comporta. Personalmente comprendo bene il valore di questo percorso e di questo tipo di scelta, e mi fa piacere vedere come Cristiana, seguendo questa strada, sia passata dall’essere una disegnatrice amatoriale su DeviantArt,  ad avere uno stand condiviso qui al Lucca Comics, forse la fiera più importante del settore. Dunque, detto questo, stiamo tenendo questa intervista allo stand di di Immaginaria, vuoi parlarcene? Cos’è Imaginaria?

C: Dunque, allora, Imaginaria Fantastic Temporary Art è un collettivo che è nato da un’idea di Livia de Simone e Rita Mira,  nel 2017. Il primo progetto presentato fu il Calendario degli Dèi del Nord, per il quale io realizzai l’illustrazione di Loki. Tutti quanti ci siamo trovati abbastanza affiatati e il progetto ha avuto subito un buon riscontro, pertanto visto il successo dell’iniziativa abbiamo deciso di portare avanti il lavoro anche negli anni successivi, anche se, appunto, il tutto era iniziato solo per questo calendario, potremmo dire quasi un esperimento. Così nel 2018 abbiamo presentato Kemet, che non è  un calendario ma bensì un artbook incentrato sugli Dèi Egiziani. Devi capire che nei lavori per Imaginaria cerchiamo sempre di coniugare sia il lato fantastico che quello culturale, certo, rivisitiamo queste divinità in chiave fantasiosa, ma ci affidiamo anche a dati e documentazione storica, forniti da alcuni nostri membri studiosi di Storia e Archeologia. Quest’anno, invece, l’idea è stata quella di presentare un nuovo calendario, ma incentrato non più su delle divinità, ma su delle creature marine. Il progetto è chiamato, appunto, Ultramarine, ed è ispirato all’immaginario marinaresco e alle leggende diffuse in tutti i mari del mondo, partendo dalle Selkies arrivando alle nostrane Scilla e Cariddi. In sostanza, alla fine Imaginaria è questo, un collettivo di artisti e disegnatori che, affidandosi di volta in volta a un tema diverso, producono un qualcosa di unico e di condiviso.

Loki, illustrato da Cristiana Leone per “Dèi del Nord”

T: Un collettivo di artisti, dunque. Beh, pare che i collettivi siano proprio una buona idea! Dopotutto far aggregar i creativi con un fine comune produce sempre risultati eccezionali, e così facendo si spingono anche i singoli a vincere la paura di quella che chiamiamo “contaminazione creativa”, il non avere timore del mettere in condivisione le proprie idee, avere tante menti in comune che si aggregano tutte assieme per creare, come hai detto anche tu, qualcosa di unico. Dunque, abbiamo Imaginaria come collettivo di disegnatori e illustratori, e abbiamo Scripta come collettivo di scrittori e di narratologi. A questo punto mi verrebbe da porti qualche domanda ovvia. Secondo te, un disegno è in grado di raccontare una storia? Può essere considerato a suo modo come un media narrativo? In che modo si può veicolare un messaggio efficace attraverso un’illustrazione?

L: Beh, un’immagine può raccontare davvero tantissimo. È chiaro che parliamo di un metodo narrativo molto diverso da quello di un fumetto, dove una sequenza di immagini racconta una storia attraverso una sceneggiatura e una regia. Un’illustrazione, invece, deve avere già tutto dentro di sé, in essa bisogna far sì che il lettore legga il messaggio specifico che l’autore vuole comunicare, e di controparte impone all’autore di esprimerlo nel migliore dei modi. E di questi modi ce ne son molti, a cominciare dai colori. Ogni colore trasmette una determinata emozione, per esempio se voglio proporre un messaggio di melancolia, userò dei colori azzurrini, bluastri. Il senso del magico viene spesso associato al viola, l’invidia e la negatività si rifanno al verde acceso. Colori e composizione, poi, devono lavorare a braccetto, e sta a noi intrecciarli su più livelli. Un altro modo efficace di narrare nell’immagine è quello di  inserire più elementi in diversi campi focali, magari porre delle quinte tra il personaggio e il fondale, per trasmettere l’idea che sta succedendo “qualcosa”, che c’è qualcosa in movimento dietro il substrato, che magari sfugge al disegno stesso, ma non alla percezione dello spettatore. Un’illustrazione deve essere leggibile, è vero, ma deve anche permettere all’osservatore di aggiungere qualcosa di suo, è come se tra disegnatore e spettatore si stipulasse un patto, in cui ognuno aggiunge qualcosa che è stato lasciato in sospeso, dove ognuno completa il concetto dell’altro, intrecciandosi a vicenda, e secondo me è proprio questa la magia del raccontare coi disegni, e una comunicazione che resta aperta.

T: Questo concetto è davvero affascinante, in parte lo si applica anche in narrativa quando le nostre storie vanno a presentare un sottotesto ampio e pieno di sfumature, che sta poi al lettore carpire. Bene, Cristiana, volente o nolente ci stiamo avvicinando alla fine di questa intervista. Prima di salutarci, a questo punto, mi farebbe piacere chiederti un’ultima cosa. Imaginaria a parte, so che hai collaborato anche alle illustrazioni della recente ri-edizione de La Ruota del Tempo, ma tolti questi progetti “a più mani”, per così dire, cos’ha in mente Cristiana per il futuro? Qualche lavoro che puoi spoilerarci? Magari fumetti o libri illustrati a la Luis Royo?

C: Allora, in sincerità io col fumetto ho provato, a dire il vero. Ho una storia di cui ho realizzato il primo volume, che si chiama Sunken. Al tempo ebbe anche un discreto successo, tuttavia la triste verità è che il tempo che serve per realizzare un fumetto è davvero parecchio, tempo di cui, purtroppo, non sono a disposizione, pertanto un po’ a malincuore ho dovuto accantonare il progetto, anche se vorrei davvero tanto poter portare avanti quella storia in un mondo o in un altro, quindi questo già è un piccolo sogno che spero di poter realizzare. Poi, beh, di idee ne ho parecchie. Si sa, noi creativi abbiamo un fuoco dentro che non si spegne mai! Una di queste idee, a cui tengo di più, è la realizzazione dell’artbook Beautiful Monsters, il secondo volume a cui sto già lavorando. Diciamo che sarebbe un book dedicato ai mostri quasi sulla riga di Ultramarine, anche se in questo caso la chiave di  lettura del libro, nonostante ci siano i mostri, è la bellezza. Sì, perché spesso in molti mostri può esserci anche un fascino, un qualcosa che ci attrae. Ho voluto realizzare tutti mostri dalle fattezze femminili anche per questo motivo, terribili ma molto sensuali, perché mi piace giocare molto con l’ambivalenza. Questo book, tuttavia, non me la sentirei di classificarlo come un vero e proprio libro illustrato, come quelli di Royo, in quanto i testi proposti sono pochi e più che altro evocativi, piuttosto che esplicativi. Poi ho in ballo un altro progetto assieme a una scrittrice, incentrato su dei gatti fantasy dal nome Racconti Felini! (da non confondere con il libro di Barbieri, n.d.r) perché siamo entrambe delle gattare! (ride). Anche se si parla più che altro di creature mutaforma feline. (che non sono furry però, n.d.r.). Per concludere, sto lavorando al secondo volume di Cloack – Circus, un libro illustrato di genere Urban Fantasy edito da Dark Zone e scritto da Valerio La Martire.

T: Cavoli! Mi aspettavo la classica risposta “Beh, qualcosa sì, qualcosa no, chi lo sa!” invece da quello che mi dici vedo che sei straimpegnata! Bene, bene, benissimo così! Dunque, siamo arrivati alla fine di questo supplizio! Presto andrò via, te lo prometto! Ma prima di chiudere, se hai un’ultima massima da lanciare, beh, puoi farlo adesso, sei nel tuo spazio!

C: (Ride) semplicemente: non smettete mai di credere in quello che fate, e non smettete mai di seguire le vostre vocazioni e i vostri sogni! Prima o poi, vi porteranno lontano!