Su Scripta ci piace essere transmediali! Nell’intervista di oggi con noi abbiamo due ospiti d’eccezione, raggiunti dopo infernali traversate al Free RPG Day di Milano, che ci aiuteranno a capire meglio il Gioco di ruolo (d’ora in poi GDR) e sulla sua peculiare forma narrativa, specie nelle loro forme più moderne: Chiara e Giuseppe alias Morgengabe.
Luca: Ciao a tutti e due!
MorgenGabe: Ciao a voi! Grazie per l’opportunità 😀
L: Che ne dite di presentarvi, per i nostri lettori che ancora non vi conoscono?
MG: Allora, siamo Morgen (Chiara) e Gabe (Giuseppe), e dal 2017 ci occupiamo di divulgazione nell’ambito dei giochi di ruolo pen&paper, quelli che si fanno attorno a un tavolo, con appunto carta, matite e spesso anche con i dadi.
L: E qual è il vostro modo di divulgare?
MG: Oltre a divulgare forte, noi giochiamo anche forte! Coordiniamo a livello nazionale l’iniziativa del “GDR al buio”, e lo organizziamo a Bologna. Se volete fare un salto qualche volta, noi ci siamo! Poi organizziamo anche molti altri eventi a tema GDR, come la 50 years challenge o il Bad Moon Rising, primo evento multitavolo al mondo per i giochi masterless, quelli che si giocano senza un game master o un narratore.
L: Bene bene, ora che vi siete presentati, non lasciamo tempo al tempo e partiamo con le domande! Dunque, Come considerate lo storytelling al tavolo, in quanto diverso da quello dei media di narrativa “passiva”, come libri o film?
MG: La differenza è banale, e cioè che nulla è pianificato precisamente come nella narrativa classica. In molti GDR la storia può essere o emergente o esplorata in quanto creata dal master, ma in ogni gioco tende sempre a emergere grazie alle scelte dei giocatori, se loro non fanno nulla non accade nulla. Anche nei moduli del passato, pure i più costruiti, molti finali erano lasciati molto liberi, poiché le avventure spesso servono come spunto iniziale per sviluppare storie più complesse, difficili da definire precisamente. Forzare la storia è quasi sempre problematico e visto male dai giocatori, in effetti. Alla fine il GDR è narrativa interattiva, i libri e i film no. Si vede molto anche nei Meme a tema D&D: è ricorrente quest’idea dei giocatori che buttano all’aria pagine e pagine di trama del GM (Game Master) concentrandosi su personaggi secondari e dettagli, ma in realtà è inevitabile che i giocatori si concentrino su ciò che li attira durante la giocata, che non per forza è quello che il master aveva scritto, a meno che questi forzi la mano.
L: A questo punto devo chiedervi cosa ne pensate del Railroad? Ne avete avuto esperienza?
MG: Il Railroad non è un modo di giocare di per sè, ma è una risposta al modo di giocare detto Partecipazionista, che è quello più classico, in cui il master scrive la storia e i giocatori la scoprono, aggiungendo al massimo colore o dettagli. Questo modo di giocare va bene SOLO se siamo tutti d’accordo. Il Railroad è la parte negativa del Partecipazionismo, e viene fuori quando il master impone la sua trama ai giocatori. Per esempio, quasi tutti i moduli di Il richiamo di Cthulhu sono partecipazionisti, ma questo va detto subito, prima di giocare: si tratta di investigazione, dunque la trama sarà prestabilita e i colpi di scena pure. C’è anche da dire che nei giochi più vecchi la narrativa è incidentale, ovvero vede il personaggio incappare negli avvenimenti di trama senza che esso ne sia di solito direttamente legato.
L: Avete una vostra definizione di GDR?
MG: (Sospirano) Guarda, le hanno già date tutti, ce ne sono troppe in giro, anche lunghe otto righe e assolutamente ostiche per i giocatori comuni.
Sarebbe molto bello un glossario comune, anche se ci sono in realtà poche teorie sul GDR, la maggioranza va a concentrarsi sul gioco di ruolo dal vivo.
L: Mi pare di capire che preferite giochi più improntati a una forma narrativa libera o condivisa, no?
MG: Noi crediamo che esista il gioco giusto per il gruppo giusto al momento giusto, è un po’ il nostro motto. Il gioco chiaramente può cambiare nel tempo, esattamente come se dovessimo fare la lista dei nostri GDR preferiti. Dieci anni fa avremmo detto qualcosa, cinque anni fa qualcos’altro, e tra cinque anni sarà cambiata ancora. Ultimamente preferiamo giochi a storia emergente, ma proveniamo da un lungo passato con i tradizionali. Abbiamo però sempre cercato il gioco giusto per l’atmosfera che volevamo giocare, che si trattasse di fantasy alla Conan, di intrighi alla Trono di Spade o di Cyberpunk. Ogni tanto però qualche partita ai tradizionali la rifacciamo, come per la nostra 50 years challenge, in cui portiamo, per ogni genere, un gioco per ciascuna decade, anni 70, 80, 90 ecc…
L: Qual è, secondo voi, un buon equilibrio di responsabilità tra giocatori e master?
MG: Noi preferiamo creare la storia tutti assieme. Alla fine, il master è un giocatore come gli altri ed è giusto che tutti noi partecipiamo allo stesso modo, nelle fatiche quanto nel divertimento.
Un errore che si fa di continuo è dare troppo lavoro al master, cosa che può sia produrre un grande carico di stress per lui, cui tocca l’ingrato compito di fare da balia sia in gioco che fuori ai suoi giocatori, sia un’attribuzione di poteri “divini” alla sua figura, rendendolo peggio dei nemici che fa affrontare.
Il master non è né il capo dei giocatori né una figura sociale e di organizzazione, è un giocatore con un compito diverso. Spesso questo è uno dei punti più fraintesi nei giochi moderni.
L: Quale gioco consigliereste a chi ha giocato solo tradizionale e vuole avvicinarsi al gioco moderno?
MG: Un gioco in cui non si deve vedere il gioco tradizionale classico, come Lovecraftesque, se amate l’Horror o On Mighty Thews, se lo Sword and Sorcery vi appassiona, o ancora Be Movie. Se le meccaniche sono diverse e particolari si riesce a uscire meglio dagli stilemi del tradizionale, rispetto a un PBTA (Powered by the Apocalypse, i sistemi derivanti dal GDR Apocalypse World) o FATE. Altrimenti, si rischia che il giocatore ripeta i meccanismi di gioco del tradizionale, anche quelli sbagliati, come il famoso “Master, posso fare questo?”. Per noi, è meglio staccare nettamente: più il gioco ha meccaniche diverse dal tradizionale, più il giocatore sarà costretto a uscire dalla sua comfort zone e ad aprirsi a nuove possibilità.
L: Come vedete le opere transmediali? Secondo voi come dovrebbe adattarsi l’universo narrativo di un libro, ad esempio, per diventare un GDR ottimale?
MG: Su un argomento molto simile a questo abbiamo fatto anche una diretta tempo fa. Il punto generalmente riguarda le due possibilità: o si gioca ad ambientazione emergente, magari in un punto del mondo del libro che non è quello degli avvenimenti principali ma che ne è influenzato, di modo da restituire l’atmosfera del libro, oppure ad ambientazione data, dove sorgono di solito i problemi maggiori. È bello giocare in opere più grandi, ma non è mai facile perché sono nate su altri media o con Lore molto profonde, e per questo è importante conoscerle. Non ci si godrebbe poi molto una giocata a Il Signore degli Anelli, ricalcando le tracce di Frodo e della storia, senza conoscere bene tutti quanti i retroscena e i dettagli della vastissima ambientazione, no?
L: Quali consigli sono secondo voi fondamentali per un buon approccio al tavolo e al suo tipo di narrativa, prescindendo dal gioco che si sta per giocare?
MG: Siate belle persone. (Ridono) Sembra sciocco, ma siate gentili, ascoltatevi e siate maturi e sereni. È un gioco, un’esperienza, non un posto in cui ci si sfoga sugli altri per quello che ci succede. Non trasportate le cose del mondo esterno sul tavolo, e cercate sempre di parlare tra tutti per i problemi, non solo con il master, ma anche con gli altri giocatori. Ci sono interessanti meccaniche sul velo, le linee, le x card etc…, ma sono strumenti complessi e a volte ostici, dunque non ne tratteremo qui, ma ci limiteremo ad accennarli brevemente. Generalmente queste sono regole utilissime per le convention o per persone che non si conoscono e sono alla loro prima giocata assieme. Le linee sono le tematiche trattate e, soprattutto, i loro limiti, che non devono essere superati. I veli invece potrebbero essere considerati delle dissolvenze. Facciamo un esempio pratico: il vostro personaggio deve subire una tortura. Se nelle linee è deciso che la tortura non comparirà in gioco il vostro personaggio non verrà torturato, punto. Se invece la tortura è un velo, narrativamente parlando la tortura sarà avvenuta, ma la scena non verrà narrata, ci sarà un fade out come ad esempio: “l’uomo si avvicina te con un ghigno minaccioso.” E poi si passerà ad altro.
L: Benissimo, le domande sono finite e così anche quest’intervista.Ringraziamo Giuseppe e Chiara per essere stati nostri ospiti e per aver risposto in maniera tanto precisa e allo stesso tempo dettagliata. Speriamo di rivedervi presto, per imparare ancora qualcosa sul GDR.
MG: È stato un vero piacere, grazie per le tue belle domande e un saluto a tutti i tuoi lettori!
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