«Posso sedermi?»

«Sì, certo. Si accomodi.»

«Grazie, grazie! Uh, fa davvero caldo per essere Aprile, non crede?»

«Già. Surriscaldamento globale, immagino.»

«Fortuna che qui ci sono gli alberi a rinfrescare, eh sì. Come… com’è che si chiama quella ragazzina? Greta “qualcosa”. C’è voluta una bambina per far svegliare un attimo la coscienza a tutti quanti. Assurdo, non crede?»

«Mah, sarà.»

«Oh santo cielo… sì, sì. Lei, invece, lei è per caso un atleta? È vestito come un atleta, cosa faceva, si allenava per la maratona?»

«No, no no. Anche se fosse, poi, è ancora troppo presto.»

«Si, mi scusi, ha ragione. La maratona è a Novembre, se non ricordo male, giusto? Mio… mio zio ci partecipava quando era giovane, mamma mi ci accompagnava sempre a vederlo gareggiare, quando ero bambino. Una volta la vinse, anche. Si chiamava Jack Foster, era un medico, non so… non so se lo ha mai sentito nominare. No? Ma non importa, non importa, sto divagando. Mi perdoni se la sto riempiendo di chiacchiere. Posso bere un sorso dalla sua bottiglietta d’acqua?»

«Come scusi?»

«Sì è… è che la mia l’ho già finita e… e come un deficiente ho buttato via la bottiglietta invece di tenerla per riempirla…»

«Scusi se la interrompo ma non è il caso che io le lasci bere dalla mia bottiglia. Piuttosto, senta, se ha bisogno di spicci io non ho niente con me, ho lasciato il portafoglio a casa e…»

«No, no, niente spicci! Anzi, no, è… è solo che voglio un po’ della sua acqua, tutto qui… è da tanto… tanto tempo che non bevo un po’ d’acqua.»

«Mi scusi, io ora avrei da fare. Le auguro una buona giornata.»

«No, no, no, no, no, no, no! Aspetti! Aspetti un momento! Ecco, tenga, tenga! Li prenda lei, non ho bisogno di soldi, adesso.»

«Cinquanta dollari?»

«Li prenda, li prenda, sono suoi. In cambio della sua acqua.»

«Sta comprando la mia acqua con cinquanta dollari?»

«No, no. Almeno, non solo quella. Sto comprando un po’ del suo tempo, se non le dispiace. Davvero, mi perdoni la scortesia, ma ora che ci penso non mi sono ancora nemmeno  presentato. Mi chiamo Matthew Sullivan, sono un ricercatore alla Columbia University.»

«Ethan McGee.»

«Piacere, Ethan.»

«Lei lavora davvero alla Columbia?»

«Oh sì, sì, lo so, non guardi i capelli e il resto, sono un ricercatore, un fisico teorico, per la precisione, come Sheldon Cooper. Ho… ho qui il mio badge se vuole vederlo, proprio qui nella borsa, glie lo mostro subito se non mi crede.»

«No, no, lasci stare. Tenga l’acqua e si tenga pure i suoi cinquanta dollari.»

«No, no. Insisto! Li prenda, davvero. Devo parlarle di una cosa e… e voglio assicurarmi che mi ascolterà fino alla fine, signor McGee.»

«Così mi spaventa però…»

«Spaventare? No… no, no. Lei non deve avere paura. Diamine, si sta annuvolando. Meglio, no? Almeno smette di fare così caldo.»

«Cosa deve dirmi, Matthew? Ha per caso scoperto un buco nero sotto a Prospect Park?»

«No, no, nulla del genere. Ma, ecco, io devo essere certo che lei resti qui ad ascoltarmi. Ho bisogno di qualcuno che mi stia a sentire…»

«Va bene, va bene. Se proprio insiste.»

«Bravo, bravo. Tenga pure i cinquanta dollari, sono suoi, se li è guadagnati. Se li è…»

«Senta, ma perché continua a girarsi sempre da quella parte? Sta aspettando qualcuno?»

«No, no. È solo per controllare… voglio solo controllare che non si avvicini troppo…»

«Che cosa? Non ho sentito.»

«Niente, niente, niente di cui preoccuparsi, signor McGee. Ora le spiego. Adesso le spiego tutto. Mi faccia… mi faccia solo bere l’acqua, per favore.»

«Ecco, tenga.»

«Grazie. Posso… posso chiederle solo un piccolo favore?»

«Cos’è, vuole anche le mie barrette?»

«No, no, si figuri! Ho solo molta sete… non ho fame… non mangio più molto, ormai. Le volevo dire… le… le volevo dire…»

«Mi dica pure.»

«La vede… la vede quella casetta di mattoni mezza rotta, laggiù, proprio dietro di noi? Là, in mezzo all’erba alta?»

«Sì.»

«Vede niente?»

«No, direi di no.»

«Okay. Mi può… ecco, ci può gettare un occhio mentre bevo, per favore? E mi dica… mi dica se vede qualcosa, non so, qualcosa di strano.»

«Ma cos’è, una specie di candid camera? Mi state riprendendo?»

«No, no. Sono serio. Ma lei… lei non deve preoccuparsi. Mi faccia solo questo favore»

«Va bene, va bene. Beva pure, guardo io da quella parte.»



«Si è mosso?»

«Chi?»

«Non… non lo ha visto? È entrato… niente, lasci stare.»

«Mi dica quello che mi deve dire, signor Sullivan. Comincio un pochino a spaventarmi.»

«Bene, va bene, le dirò tutto. Non deve avere paura, davvero. Ma, devo chiederle un altro favore. Solo uno. Dopo che smetterò di parlare, fra poco, lei mi darà l’okay e dovrà lasciar parlare solamente me. Mi faccia parlare e basta, e forse avrò tempo per allontanarmi in tempo. Lei, mi raccomando, lei non deve avere paura di niente, davvero di niente, le dico. Mi lascia parlare, adesso, signor McGee? Posso iniziare?»

«Sì, sì, certo. La ascolto.»

«Eh, curioso. Curioso che lei abbia detto così. Io a questo punto non so cos’altro fare, signor McGee, mi creda. Vede, io sono arrivato a un punto in cui devo per forza fare qualcosa, mi capisce? Devo pur fare qualcosa, non crede? Non è che posso continuare così, ad andare avanti in questo modo. Oh, ma le ho detto che non deve spaventarsi, qualunque cosa lei sentirà da me, non deve avere paura, tanto è solo me che cercano, tutti quanti loro, e io devo pur parlarne con qualcuno, insomma, altrimenti non potrei sopportarlo più, tutto questo. Non sono tanto gli uomini in nero che mi mettono ansia, no, quelli mi stanno pedinando da un po’ ma non sono loro che mi spaventano. Il fatto è che alle volte mi stupisco, davvero, di tutto quanto. Non crede sia assurdo? Voglio dire, lei sa cos’è l’osservazione sperimentale, signor McGee? Serve a spiegare la fenomenologia scientifica, in poche parole è il metodo scientifico stesso, ora non per fargliela complicata, ma in sostanza si basa sullo studio e sull’osservazione prolungata secondo criteri ben precisi, in poche parole il fenomeno deve essere tenuto sotto controllo e deve essere possibile riprodurlo. Se questa cosa non accade, allora è impossibile elaborare un modello che abbia un carattere predittivo generale, per così dire. Lei… lei se lo immagina uno come me, ad avere a che fare con qualcosa che è fuori da ogni modello predittivo? Oh, mi deve scusare, lei non può capire. Lo vedo dalla sua… espressione. No, no, non mi interrompa, mi faccia continuare, me lo aveva promesso. Vede, io non ho mai avuto successo con le donne, insomma, sono un ricercatore alla Columbia, come dice lei, non è una cosa da tutti. Oh, parole sue! Io non voglio fare il presuntuoso, sia chiaro. Ma, ecco, ci si aspetta che a trent’anni suonati certe cose uno le superi, crescendo, dico. Insomma, lei non ha mai desiderato voler essere ascoltato, dopotutto? No, no. Non risponda. Sto arrivando al punto. So che noi scienziati ci giriamo spesso attorno al punto, no? Lei sembra confuso, ma non si preoccupi, le risposte arriveranno subito. Vede, io non sono pazzo, voglio dire, lei potrebbe avere tutto il diritto di pensarlo, ma per quanto io non disponga di un modello predittivo a questa cosa che mi sta capitando, può esserci comunque una spiegazione, una spiegazione razionale. Insomma, deve esserci per forza, non crede anche lei?»

«Senta, non m’interessa più. Si riprenda i suoi soldi e li usi per farsi vedere da uno bravo.»

«No, no, no, no, la prego! Non mi interrompa! Guardi! Guardi! Adesso si è spostato! Mi sono azzittito un attimo e quello si è spostato subito, non lo ha visto? Aspetti, aspetti. Prenda anche questi, sono altri cinquanta. Li prenda, la scongiuro, sto per arrivare al punto! Ecco, tenga cento dollari, sono tutti per lei, solo per ascoltarmi, solo per ascoltarmi, per favore! Ho bisogno che qualcuno mi ascolti, lui non mi basta più! Io ci ho provato… ci ho provato a starmene in silenzio, a guardarlo mentre si avvicinava a me. Piano piano quella cosa si avvicina. Ho pensato che non m’avrebbe fatto niente, insomma, perché qualcuno dovrebbe farmi del male? Io non ho mai fatto male a nessuno! Mi sono detto “No, Matt, no. Stai in silenzio e vedrai che non ti capiterà niente”. Ma quello si è avvicinato comunque e mi ha preso il polso, poi ci ha poggiato i denti sopra e… guardi, guardi qui cosa mi ha fatto.»

«Cristo di un Dio santissimo!»

«No, no! Non abbia paura! Sono guarite ormai! Io sto bene, non mi fanno più male! Stanno bene! Io sto bene! Sono guarito!»

«Fanculo, cazzo. Si fottano i suoi soldi.»

«No, la prego, signor McGee! Non mi lasci da solo qui con lui! La prego! Io ho bisogno di qualcuno che mi ascolti a tutti i costi! La prego resti qui. Cos’hai da sorridere, tu? Eh? Ti sto parlando! Non eri tu che volevi ascoltarmi? Non ti basta più? Perché sorridi, adesso? Io non ti ho fatto niente! Non ho fatto niente a nessuno! Perché non mi lasci in pace? Perché vuoi stare sempre ad ascoltarmi? Io non ho più niente da dire! Niente da dire a nessuno, non ho più niente da dire…»



«Eccomi, ci sono. Chi abbiamo oggi?»

«Lo hanno trovato in una catapecchia, a Prospect Park, stamattina. Trattasi di soggetto maschio, caucasico, 29 anni, corporatura normale per peso ed età. Il cranio è stato compresso qui, e qui, tra ossa parietali e temporali, fino al collasso della teca cranica. L’encefalo ha riportato ingenti danni da compressione durante il processo, fuoriuscendo dalla grossa lesione in sede occipitale. Sempre a causa della compressione, i bulbi oculari sono fuoriusciti dalle orbite, rimanendo adesi al solo peduncolo vascolo-nervoso, li ho coperti per risparmiarti lo spettacolo. Lingua, laringe e trachea sono stati asportati lacerando i tessuti per strappamento, dall’interno della cavità orale, lussando la mandibola. Non sono stati rinvenuti sulla scena. Alla base del collo ci sono diverse lesioni lacero-contuse compatibili con dei morsi. Anche l’avambraccio sinistro presenta una ferita compatibile con un morso, ma questa sembra essere precedente all’epoca della morte.»

«Capisco. Chi ce lo ha portato qui? Wilson?»

«No, Cunnigham»

«E quelli del distretto?»

«Nessuno ha detto niente.»

«Bene. Chi è la vittima?»

«Matthew Sullivan.»

«Sullivan? Mh, capisco. Lo tenevamo d’occhio da un po’, probabile bersaglio di un Talionis, o almeno così ha riferito la Sibilla.»

«Togli il probabile, Adam.»

«In che senso?»

«C’era una borsa tra gli effetti della vittima. Dentro c’erano un paio d’occhiali, una sigaretta elettronica, delle chiavi, un badge della Columbia University, il suo portafoglio e il suo cellulare. L’avevo già immaginato dalla disposizione dei segni degli incisivi, la vedi la doppia arcata? Poi anche dalle modalità del decesso, ma non m’è servito fare troppe supposizioni per avere la conferma. Il Talionis che lo ha ucciso è uno di categoria B.»

«Di categoria B, dici? Come fai a esserne sicuro?»

«Te l’ho detto che la vittima aveva un cellulare dentro la borsa. Ecco, guarda. Questa è l’ultima foto che ha scattato prima di morire.»

Racconto di Tiziano Ottaviani.