Mara dorme. Dorme anche se il letto è scomodo. Non sempre, eh. O meglio, il letto è sempre scomodo, è Mara che ogni tanto si sveglia. Poca roba, comunque; va in bagno, si lava le mani — mai la faccia —, cucina qualcosa di semplice. Spesso sminuzza, le piace il suono del coltello che attraversa i peperoni croccanti. Ma perlopiù dorme, ecco.
Quando è sveglia guarda il soffitto. Quando si stufa del soffitto alza il cuscino, lo appoggia ad angolo tra testiera e muro e vi si accascia per guardare la finestra di fronte al letto. Questi li chiama i ‘riposini vittoriani’, perché da qualche parte aveva letto che nell’Ottocento si dormiva seduti.
In realtà sono i momenti in cui si riposa meno, perché il quadrato di cielo che si vede al di là del vetro assorbe tutta la sua attenzione. Si vedono le poche nuvole — le pareva ce ne fossero di più quando era bambina —, gli uccelli che si posano sul tetto di fronte. Poi il lucernario che resta sempre aperto senza che nessuno si preoccupi degli insetti che potrebbero entrare, e un ramo che spunta oltre il muro del giardino del… in effetti non sa di chi sia il giardino. Forse del vicino di destra? Mara non è esattamente un drago dell’orientamento, non sa come sia girato quell’edificio. Sa che la sua stanza affaccia a sud, e tanto le basta.
Comunque, il ramo. Chiunque sia il proprietario avrebbe dovuto potarlo anni fa, ma lei è felice che non l’abbia fatto, perché così ha qualcosa di vagamente interessante da guardare. Adesso è autunno, le foglie trascolorano dal rosso al marrone, che, siamo sincere, non è che sia questa grande novità, ma Mara non ha molto da fare.
Anche lei sta cambiando colore, non rinfresca la tinta dei capelli da un paio di mesi e da mora sta tornando al suo biondo sporco naturale. Cioè, suo… Se l’avesse sentito suo non l’avrebbe coperto di nero, no? Ma ora quando passa davanti allo specchio (raramente) al massimo sospira, e neanche tutte le volte. E dire che andare dalla parrucchiera è forse la più facile tra le cose che dovrebbe fare: basta stare seduta, lo fa già. Inutile pensarci, in ogni caso. Per andare dovrebbe telefonare, prendere appuntamento, vestirsi… e Mara preferisce guardare il ramo e il cielo fuori dalla finestra.
Ora ha pure iniziato a piovere.
***
Sembra stia arrivando l’inverno. Fa molto più freddo del giorno prima, ma non ricorda dove aveva sistemato la coperta di pile quando aveva disfatto i bagagli. O forse se lo ricorderebbe se ci pensasse un momento, il suo armadio in questo buco di stanza non è certo grande da perdercisi dentro. È che il pavimento è gelido, e lei tutto sommato sta abbastanza bene sotto il copriletto (non è vero, vorrebbe disperatamente il suo cuscino rosa da abbracciare, ma l’ha lasciato a casa, e questa non è casa sua, e se si alzasse per aprire l’armadio dovrebbe rendersene conto di nuovo, e non vuole scoppiare a piangere come l’ultima volta che ci ha pensato, anche perché i fazzoletti sono finiti).
Le viene in mente che non è proprio normale, questo comportamento. Le viene anche in mente che deve ordinare la spesa online. Ma poi si distrae a guardare il ramo, tanto non ha fame. Continua a sporgere, ma ora ospita una singola foglia marrone, tutta rattrappita su sé stessa. Come se anche lei sentisse il freddo dell’inverno che sta iniziando.
***
Ha finalmente tirato fuori la coperta pesante, e ora la tiene attorno alle spalle mentre siede appoggiata al muro. Alla fine stava nel cassetto insieme ai pigiami e alle lenzuola di ricambio.
Piove, e le piace vedere le gocce contro la finestra. Spera solo che non entri di nuovo acqua dall’infisso come il mese prima.
Ormai è caduta anche l’ultima foglia, il ramo è solo sotto la pioggia. Non è più così interessante. A dirla tutta, è abbastanza noioso, come ramo, tutto del medesimo spessore, non ritorto come quelli degli alberi nei parchi, non elegante e morbido come quelli dei salici, ma dritto quasi fosse il disegno di un bambino. Una bella riga con il pennarello nero e via.
Mara sta a guardare ancora per un po’, poi, senza neanche pensarci, allunga il braccio per prendere il libro che sta sul comodino, con uno scontrino a indicare che da mesi l’ha abbandonato a pagina 73. Quasi non si accorge di esserselo posato sulle ginocchia, tanto è distratta. Ora dovrebbe aprirlo, ma si perde a fissare la copertina. È una bella copertina, per il titolo è stato scelto un font elegante.
Non ricorda se quel romanzo le stava piacendo o no, non ricorda neanche la trama — c’era un tizio che viveva in montagna, ma poi tornava in città, forse? Non era ancora stato spiegato il perché —, ma per la prima volta dall’estate scorsa ha voglia di leggere. Anzi, diciamo le cose come stanno, il fatto è che si sta annoiando di brutto.
***
Legge accompagnata dal mormorio della pioggia. Il libro non le piace molto. Confusionario, e il protagonista è antipatico. Ma quando lo chiude è perché ha fame, e questa sì che è una novità. Annoiata e affamata in una stessa giornata, non le capitava da un po’. Ha quasi voglia di cucinare, non la sensazione di doverlo fare. Certo, cosa cucinare è un altro problema. Ha fatto la spesa? Le sembra di no. Forse ci sono dei biscotti in giro, deve cercarli.
Non guarda la finestra per il resto del pomeriggio.
***
Si sente sporca. È certa di avere una costellazione di foruncoli sulla guancia sinistra, anche se non vuole controllare allo specchio, e il sapone arancione sul lavandino farebbe miracoli. Ma non vuole alzarsi, ha gambe e braccia pesanti. Si mette a guardare la finestra. Tira un gran vento, e il ramo ondeggia. Non c’è una nuvola, e il cielo così allegramente azzurro sembra più adatto a marzo che a dicembre.
***
Ci ha messo fin troppo tempo, e l’ha impostata più come una sfida che come una lettura di piacere, ma ha finito il libro, che è molto migliorato sul finale, e ha attraversato la stanza per prenderne un altro. Poi le è venuto un capogiro e si è dovuta appoggiare alla scrivania. Cielo, da quanto non studia? C’è polvere persino sugli evidenziatori, e non è sicura di aver mai aperto l’ultimo che si era comprata. Era molto carino, di un color mattone che non è sicura metta bene in evidenza, ma di certo risulta elegante sui fogli. O risulterebbe, se lo usasse. Sarà il caso di ricominciare.
***
Alla fine ha aperto un saggio, ha preso in mano l’evidenziatore, ma non ha letto un’acca. Però ha ordinato la spesa, che è arrivata il giorno dopo, e in un improvviso atto di coraggio ha preso appuntamento per la tinta. L’ha fatta ieri, e ora è quasi felice di guardarsi allo specchio. Coglie l’occasione per lavarsi finalmente la faccia, e il sapone arancione non la tradisce. Guance lisce come non le aveva più avute dopo le elementari.
Già che c’è usa anche il filo interdentale. Per il dentifricio è ancora presto, usarlo non le è mai piaciuto, e deve prenderne uno che non abbia quel saporaccio di menta.
Si sente quasi bene, forse dovrebbe cambiare il pigiama. Se l’è cambiato tra dicembre e gennaio? Ha fatto il bucato? Non se lo ricorda, e questo le fa improvvisamente paura. Quanto tempo ha perso? Quante cose ha perso?
***
Ha pulito sé stessa e la stanza, e ha cambiato le lenzuola. Il bucato lo farà domani. Con il caldo che fa, il ramo ospita già delle piccole, timide gemme verde giada, anche se è solo febbraio. Che schifo di tempo, in questo periodo dovrebbe fare molto più freddo.
Mara scuote la testa, e si gira dall’altra parte. La porta è meno bella della finestra, è vero, ma non vuole più distrarsi. Il ramo può risvegliarsi con i suoi tempi, lei ormai è in piedi e vuole restarci
–
Racconto di Giulia Panza
Scrivi un commento