Il portale per l’aldilà è alto quattro metri, una struttura composta da grovigli di cavi e un grande anello di metallo.
Il corpo di mia sorella è sospeso in verticale all’interno della sua vasca, tenuto sotto spirito come un animale in una camera delle meraviglie. Tubi e connettori la tengono in vita, mentre Martin, che dovrebbe monitorarne le condizioni dal suo computer, ha gli occhi fissi sul cellulare.
Tre metri a destra Daniel sta dando istruzioni al computer collegato al portale.
Il Dottor Ross, alle sue spalle, ha un mezzo sorriso sotto i baffi bianchi.
Gli emettitori a sfera che sono disposti lungo tutto il diametro del macchinario cominciano a emettere scintille verdi, come strisce di luci led impazzite. Allento il nodo alla cravatta, prendo il fazzoletto e mi asciugo il sudore dalla faccia. Ora che ci penso avrei dovuto radermi, ma lo farò quando torneremo a casa.
«Ditemelo ancora.» Gli occhi mi cadono sul suo seno nudo e piccolo, sulla vita sottile. Distolgo lo sguardo.
Ross si pulisce gli occhiali sul camice e li rinforca.
«Sua sorella Elsie tornerà tra noi entro pochi minuti, su questo non ci sono dubbi.»
Il suo atteggiamento da padrone di casa non mi è mai piaciuto.
«Mi avevate detto che era pronta a svegliarsi. Quanto dobbiamo aspettare ancora?»
«Non si agiti. Il nostro caro Daniel deve prima di tutto regolare la potenza degli emettitori.»
Il giovane tecnico non stacca gli occhi dal suo monitor. Ross gli appoggia una mano sulla spalla. «Posso garantire personalmente il successo dell’esperimento. I suoi genitori riabbracceranno presto la loro amata figlia.»
Una musichetta parte dal cellulare di Martin, il ragazzo picchia sullo schermo e la spegne. «Scusate, stavo regolando la suoneria.»
«Metti via quell’affare e controlla i parametri vitali della ragazza.»
«Pulsazioni stabili, ma le onde cerebrali sono un po’ deboli.»
Avanzo verso Ross. «E questo che significa?»
«Sarà un po’ confusa finché l’anima non sarà rientrata.» Ross mi fa il gesto di scostarmi. «È normale, fa parte della procedura. Ora, per favore, si metta da parte e si tranquillizzi. E che non le venga in mente di andare verso il contenitore prima che l’anima sia entrata. O rischia di trovarsi con un bel disturbo dissociativo d’identità.»
Il contenitore, si riferisce a Elsie? Non mi va che la chiami così.
«Emettitori calibrati, siamo pronti.» Daniel mi porge delle cuffie antirumore. «Indossi queste, tra un po’ sarà come stare a un concerto.»
Le prendo e le indossiamo tutti meno che Ross. Mi stanno un po’ larghe, ma temo sia una misura standard.
«Non fate cazzate. Ricordatevi che questo dipartimento esiste solo grazie ai fondi privati della nostra famiglia!» Nessuno mi ascolta.
Daniel pigia dei comandi sulla tastiera, dà l’ok a un paio di finestre sul monitor. Attendiamo qualche secondo e il cerchio degli emettitori dirige dei fasci di corrente verso il centro del portale, una bolla di plasma si forma nel punto di convergenza.
Sotto le suole il pavimento vibra. Un portablocchi di metallo cade dalla postazione, mi abbasso per afferrarlo, ma non faccio in tempo. Tutta la stanza inizia a tremare, il rombo copre ogni altro suono.
«Che state facendo di preciso?» Sono costretto a urlare nelle orecchie di Ross.
«Vede la sfera al centro?»
«L’aldilà?»
«Non ancora. Al momento stiamo concentrando l’energia. In parole semplici, tra qualche istante romperemo la barriera tra noi e il mondo di là, dove si trova l’anima di sua sorella.»
Il frastuono si fa ancora più intenso, sollevo le mani sulle cuffie e premo contro le orecchie.
«E una volta aperto come farete a trovarla?»
«Come ha detto?»
«Come farete a trovare Elsie?!» Di questo passo perderò la voce.
«Non dobbiamo trovarla. I fantasmi non si allontanano mai dai loro corpi.» Tossisce, lo sforzo sta provando anche lui. «Lo apriremo e sarà lei a trovare noi.»
Non sono convinto, mi sembra tutto troppo facile, ma Ross è impegnato a osservare il macchinario. Non bada più a me.
Il fragore è insopportabile. Chissà se la stanza è insonorizzata a sufficienza.
Daniel alza lo sguardo dallo schermo. «Sta per succedere qualco—» un’onda d’urto per poco non mi fa cadere.
La testa mi rimbomba, le orecchie mi fischiano. «Ma che diavolo! Questo era previsto?».
Le vibrazioni sono cessate. Mi sfilo le cuffie e le appoggio sulla postazione di Daniel.
Qualche metro più in là Martin sta recuperando delle carte dal pavimento.
Il liquido nella vasca di Elsie si è fatto torbido, ma nessuno sembra farci caso.
Daniel e Ross fissano il varco per l’aldilà aperto.
Una figura umanoide si staglia al centro dell’anello, dritta in piedi e ammantata di un bagliore verde chiaro. Distinguo i lineamenti familiari di Elsie, i suoi capelli lunghi, il suo corpo esile.
Ross aveva ragione.
Sullo sfondo ci sono formazioni che ricordano delle rocce e strane radici che pendono da tutte le parti. Se quello è l’aldilà, ammetto di essermelo immaginato diverso.
Daniel volge gli occhi al dottor Ross. «Strano, non è ancora passata.»
«A questo punto avrebbe già dovuto varcare la soglia. Che dice il computer?»
«Non riesco a capire. Il varco è stabile!»
Il cuore mi tambura nel petto. «Aspettate. Non avevate detto che sarebbe passata subito?»
«Doveva succedere!» Ross si passa la mano sul mento. «Il fantasma, una volta attirato nel nostro mondo, avrebbe dovuto cercare il suo corpo ed entrarci. In tutti i test le cavie sono state rianimate con successo e hanno continuato a vivere come se nulla fosse!»
Daniel si batte la fronte con la mano. «È il paradosso dell’Io speculare! Ne ho discusso con Martin.»
Martin era piegato in avanti e con le labbra semiaperte in un’espressione inebetita. «Ma erano una previsione priva di fondamenti.»
«Però non può che essere questo.»
«Aspettate, aspettate!» Punto il dito al portale. «Uno alla volta, di che state parlando?»
Daniel si adagia allo schienale della sedia. «È una teoria secondo cui la coscienza del fantasma non si riconosce più nel corpo organico, crediamo che si manifesti nelle forme di autocoscienza evoluta. Avremmo dovuto effettuare dei test sui primati, ma non c’è stato il tempo.»
Il Dottor Ross ha lo sguardo fermo sul fantasma di Elsie. «Aspettiamo e vediamo che succede.»
«Ma dottore…» Daniel comincia a tremare. «Dobbiamo chiudere il portale!»
«Non farai niente se non sono io a ordinarlo.» Ross ha di nuovo quel sorriso e gli occhi sbarrati di chi è inebriato dalla situazione.
Dovrei prendere il controllo. Sono io che ho dato il via a tutto, ma in questo laboratorio sembra che la mia autorità valga meno di niente. «Che succede se non lo chiudiamo?»
«Il portale può restare aperto solo pochi minuti.» Spiega Daniel. «Posto che il portale si mantenga stabile e non inizi a dilatarsi, il rischio è di attirare nel nostro mondo qualcos’altro!»
«Qualcosa di che tipo? Spiriti malvagi, demoni? In che casino ci siamo cacciati?»
Ross si gira di scatto. «Quelle sono invenzioni dell’uomo. Paranoie da superstiziosi e fissati del paranormale!»
«Dottore, temo che Daniel abbia ragione.» Martin si alza dalla sua sedia. «Ormai è chiaro che il fantasma non ha nessuna intenzione di passare. Se succederà qualcosa al corpo, sarà più difficile ritentare in un secondo momento.»
Dentro la sua vasca Elsie continua a dormire, il suo fantasma ci scruta e non sembra interessato a ricongiungersi. A questo punto mi basterebbe rivederla viva almeno per un minuto, così da poterle dire quanto mi manca, quanto manca a tutti noi.
Daniel affonda la testa sulla postazione e comincia a digitare comandi. «Io chiudo tutto.»
«Non puoi farlo!» Ross si lancia sulla postazione di Daniel, lui gli afferra i polsi. «Si calmi, per favore!»
Ross lo spinge via, il ragazzo si sbilancia sulla sedia, per poco non si rovescia all’indietro. Martin è dietro di me. Mi agguanta per un braccio. «Faccia qualcosa, intervenga!»
Mi scosto dalla sua presa.
Gli occhi di Ross sono infiammati dalla collera. «Scordatevi di lavorare ancora qui dentro. Da questo momento consideratevi licenziati.»
Martin geme, vorrebbe dire qualcosa, ma il suo sguardo supplica il mio intervento.
«Senta, dottore. È il caso che si dia una calmata. Non comprendo la situazione, ma si ricordi che quello che paga sono io.» Mi liscio come meglio posso la camicia. «Sono io che decido se qualcuno se ne va oppure no.»
«Se li tenga pure i suoi soldi, non lascerò che dei ragazzini codardi mandino a monte mesi di ricerche per delle stupide fantasie! Abbiamo l’opportunità di scoprire cosa c’è dall’altra parte e se per farlo dovrò trascinare il fantasma con le mie mani, be’ lo farò!» Avanza verso il portale.
«Dottore, non lo faccia!» Daniel lo segue per fermarlo, ma una grossa radice fluttuante, ammantata di luce come il fantasma di Elsie, guizza dal portale e trafigge il fianco sinistro di Ross.
«Oddio!» Daniel indietreggia, inciampa su sé stesso e cade sul pavimento.
Ross stringe tra le mani la radice, il corpo contratto in una specie di spasmo. La schiena gli si imbratta di sangue, il camice bianco assume via via la colorazione cremisi.
La radice strattona il corpo, una specie di vapore comincia a uscire dalla ferita.
Daniel scatta in piedi e si allontana. «Cosa gli sta facendo? Cosa gli sta facendo?!»
Quello che esce da Ross non è vapore, è denso come gelatina trasparente ed è come se il tentacolo glielo stesse estraendo con dei risucchi, prende la forma di un braccio e poi di un busto antropomorfo con tanto di testa. Daniel urla, io dirigo lo sguardo al fantasma di Elsie. Lei ci osserva, come se supervisionasse l’operato della radice.
Il corpo di Ross si accascia a terra, scosso da spasmi muscolari, la radice si avvinghia intorno alla gelatina umanoide e la trascina verso il portale.
Mi giro verso Martin. «Cos’era?»
Il ragazzo ha le mani tra i capelli e scuote la testa. «Assurdo, si… si è portato via la sua anima.» Ci fissiamo a vicenda, lui scatta verso una parete, dov’è collocato un pannello con un pulsante d’emergenza. Lo preme con il palmo aperto e una sirena d’allarme comincia a echeggiare per tutto il complesso.
Un’altra radice emerge dal portale e arpiona Martin. Stavolta nessun risucchio, la radice si ritira e lo porta con sé fin dentro al portale.
Non può essere opera di Elsie, non è lei che lo sta facendo!
«Ci stanno ammazzando uno per uno, dobbiamo chiudere!» Daniel si lancia verso la postazione e comincia a battere sulla tastiera.
Una radice si proietta verso di me. Mi inginocchio a terra, testa fra le gambe, mani sul collo. Aspetto che succeda quello che deve succedere, ma non avviene. Sollevo lo sguardo, la radice levita sopra di me, ma non infierisce. Odora di chimico, qualcosa di simile all’ammoniaca.
La mano del fantasma è tesa e punta nella mia direzione.
Non può essere, la sta trattenendo!
Daniel singhiozza e picchia sulla tastiera. «Non dovevamo farlo! Non dovevamo farlo! Non dovevamo farlo!»
«Aspetta, dammi solo un minuto!»
Elsie mi ha riconosciuto? Senza attendere la risposta, corro verso di lei. Altre radici circondano il portale, invadono il laboratorio. Frustano il pavimento alla mia sinistra, forse mi minacciano.
Mi paro davanti a mia sorella.
«Sono venuto per portarti a casa. Prendimi la mano!» Gliela tendo.
Lei mi scruta. Da vicino ne ho la conferma, non è lei che controlla le radici! È come diceva Daniel: qualcosa sta cercando di entrare nel nostro mondo.
Una radice mi passa accanto, si dirige verso tecnico.
«Daniel, stanno venendo verso di te, vattene!»
Si avventa sul monitor, striscia sulla tastiera. Daniel si nasconde sotto la postazione, urla.
Mi rivolgo a Elsie. «Salvalo, ti prego!»
La radice si ritira portandosi dietro l’anima del ragazzo.
Troppo tardi, merda, merda!
La struttura di metallo del portale si sta deformando, le radici più grosse stanno spingendo per dilatare il varco. Una si avvinghia alla mia gamba e inizia a stringere, la pelle mi diventa rovente come se la stesse bruciando.
Il fantasma di Elsie fa un movimento con le dita e la radice mi lascia. Il tessuto dei pantaloni è strappato e si sta tingendo di rosso, ma almeno sono libero.
Un mormorio proviene dalle sue labbra immobili, l’allarme smorza le parole.
«Come dici?» Mi avvicino per ascoltare.
«Lasciami andare.»
Lo ha detto davvero o me lo sono immaginato?
«Non capisco. Quello è il tuo corpo, Elsie! Lo abbiamo ricostruito per te!» Glielo indico, e nel farlo mi rendo conto dello stato in cui si trova il laboratorio. Tutte le apparecchiature distrutte, tre uomini morti, lordati di sangue, e il portale che potrebbe cedere da un momento all’altro e riversare tutto il contenuto nel nostro mondo.
«Lasciami andare.»
«Cazzo, Elsie! A che cosa è servito tutto questo? Da quando sei morta Mamma ha perso la testa, e Papà vive rintanato in ufficio! Abbiamo bisogno di te!»
«Non posso.»
«Che vuol dire che non puoi, certo che—»
La porta del laboratorio si spalanca e irrompono cinque uomini della squadra d’emergenza, con tute ignifughe, estintori e due asce.
Le radici vibrano, una di loro si avventa su uno dei soccorritori, si attorciglia sul suo braccio, lo getta a terra e comincia a trascinarlo verso di noi. Un collega lo afferra per le gambe, altri due affondano le asce sulla creatura e la tranciano. L’uomo gattona verso di loro con ancora il tentacolo aggrappato alle gambe, che si contorce e sparge una poltiglia verdastra sul pavimento.
Altre radici si protendono per attaccarli.
Elsie non li ha aiutati. Riesce a evitare che le radici si accaniscano su di me, ma non sembra intenzionata a fare nulla per loro.
«Elsie…»
Questa storia non finirà, le radici continueranno a uccidere finché il portale non si aprirà del tutto e l’aldilà invaderà il nostro mondo.
«Lasciami andare.» I suoi occhi sono socchiusi, il viso chinato in giù, è come se ci fosse del rammarico per quanto sta accedendo.
La colpa è solo mia. Ho spinto Ross a compiere l’esperimento e non mi sono fatto valere quando avrei dovuto fermarlo, e ora altri innocenti rischiano di lasciarci la pelle. Se solo avessimo chiuso portale… se solo. Aspetta… Daniel lo stava facendo.
«Elsie, puoi trattenerle ancora per un po’?»
Elsie non mi risponde, ma non c’è bisogno d’insistere. So che lo farà.
Scatto verso la postazione. I cinque soccorritori lottano ancora contro le radici.
«Signor Alston! In nome di Gesù Cristo, che succede qui dentro?!» Mi chiede uno di loro.
«Uscite di qui, subito! Sistemerò tutto.»
Mi avvento sul mouse, qualcosa di viscido sulla mia mano, sangue e residui organici. Lo pulisco con la manica della camicia.
Chissà se ci capirò qualcosa. Ci sono delle schermate aperte, messaggi di errore che lampeggiano un po’ dappertutto, elenchi di tutti i tipi con parametri che indicano lo stato del portale, e una finestra con scritto “Interrompere processo? SI/NO”
Daniel stava già per chiudere il processo, come pensavo.
Un tentacolo striscia sulle mie scarpe, sembra una lingua intenta ad assaggiarmi. Elsie ha entrambe le braccia tese verso di noi e i denti digrignanti. È sotto sforzo, non posso abusare oltre della sua protezione.
Clicco SI sulla finestra. Compare un breve caricamento, un altro riquadro recita: “Una volta avviato, questo processo non può essere annullato fino al termine delle operazioni. Si desidera interrompere il processo?”. Certo che sì, cazzo.
Gli emettitori luminosi si spengono, il portale comincia a restringersi. Sta funzionando!
Le radici si contorcono le une sulle altre, come se avvertissero la costrizione del varco. Alcune si oppongono, fanno forza sui margini. Elsie fa un gesto con la mano e le radici si ritirano.
È per questo che non puoi tornare? Devi tenere a bada questi orrori? Elsie, se solo avessi immaginato…
Le radici, per quanto le si oppongano, perdono terreno ogni secondo che passa, ora l’ampiezza del portale si è ridotta a metà. Ormai non vedo più le gambe di mia sorella.
Avrei voluto che le cose fossero andate diversamente, ma almeno posso salutarla.
«Ti voglio bene Elsie, scusami per tutto.»
Il portale si chiude, il terminale mi conferma l’interruzione del processo.
Mi distendo sullo schienale della sedia. Tiro una boccata d’aria e mi strofino gli occhi.
Si apre un’altra finestra: “Si desidera avviare un nuovo processo? SI/NO”. Clicco di no e torno a rilassarmi.
L’allarme continua a suonare e presto gli uomini della squadra d’emergenza torneranno con i rinforzi. Si guarderanno intorno, cominceranno a fare domande, vorranno sapere cos’ha provocato la morte di tre uomini e che cosa sia quel tentacolo vegetale che giace davanti all’entrata.
Ci sarà un’indagine, questo è sicuro, e io sarò il primo a essere interrogato, ma che m’importa a questo punto?
Se non altro ora sapranno cosa si nasconde nell’aldilà e forse gli passerà la voglia di giocare con il fuoco. Il merito va tutto a Elsie, non fosse stato per lei sarei morto anch’io, insieme a tutti agli altri. Mi ha salvato, e così facendo forse ha salvato anche il nostro mondo.
Chissà che fine hanno fatto le anime rubate. Spero tanto che non soffrano, e se dovessero tornare dall’oltretomba per perseguitarmi… be’, che si facciano avanti, me lo sono meritato.
«Alla fine avevi ragione tu, Elsie. Dovevo lasciarti andare, mi dispiace.»

Racconto di Alvin Miller