Quando mi girai, la mia mente si allungò verso la creatura che avevo di fronte e penetrò i suoi ricordi in modo da confonderla e bloccarla. L’aggressore non doveva toccarmi, altrimenti non sarei potuto scendere a dare man forte ai miei alleati. Nei ricordi dell’aggressore, però, non trovai intenzioni cattive: vidi un’orda di umanoidi cercare tra le gallerie di un luogo non meglio indicato una persona, forse il mio stesso aggressore; poi vidi lui, sfuggirgli e cercare… me!
«Gentru! Come sei arrivato qui?»
Il Magister era sudato e aveva il fiatone, ma soprattutto era per la prima volta nella sua vita del tutto nudo: nessuno zaino, niente cintura, niente bisacce. Il pelo sulle sue gobbe era appiccicaticcio e continuava a biascicare con la sua mandibola da cammello.
«I… i corridoi… sotterranei», ansimava anche nella sua mente.
«Calmati, respira!»
In fondo alla scala il combattimento infuriava, sentivo il ticchettio metallico degli arti-aghi di Tagdana sbattere contro la Marea – il suo nemico doveva essere dotato di capacità di controllo della stessa. Dalle scale sembrò salire qualcuno.
«Sono giunto… tramite dei tunnel… collegano queste rovine al duentu! È una copertura, Odalf.»
Dar-uj, in forma Cristaliana con la sua lingua biforcuta e la pelle squamosa, fece capolino dall’oscurità: «Capo, sotto c’è un… Gentru! Ma che diamine?»
«Non c’è tempo!», continuò il Magister. «Mi stanno inseguendo: gli umani del Duentu sono strani, hanno tutti più o meno la stessa età e alcuni di loro assomigliano terribilmente ad alcuni Tonalisti dispersi nell’area.»
Io e Dar-uj ci scambiammo un pensiero di terrore mentre lui assumeva fattezze serpentine.
«È possibile che quelle teche contenessero cloni nostri…», dissi.
«…e che quel che sta là sotto servisse a risvegliarli?», rispose Dar-uj.
«Quali teche?»
In quel momento un’esplosione dalle scale ci costrinse a indietreggiare. Un enorme polverone coprì l’intera scena: Tagdana, ßashir e Dalia uscirono di gran corsa da essa, con diverse ferite e graffi su gran parte del loro corpo.
«State tutti bene?»
Il mio urlo telepatico non fece in tempo a raggiungerli, perché si voltarono verso la scala: dalla polvere comparve la pelle violacea del Saggio, un essere ben più alto della media dei suoi simili. Nella mano destra teneva il congegno dell’altare e nella sinistra un bastone con cui ergeva una barriera di Marea.
«È troppo potente», disse Dalia.
Il Saggio rideva a crepapelle. «Bene, altra carne per il mio scopo!»
«Cosa sta dicendo?», chiesi agli altri, noncurante che ci sentisse il Saggio.
«Prima ha puntato quel coso tecnologico contro ßashir e quasi la sua anima veniva risucchiata.»
Dar-uj strisciò di fronte a noi e collocò una barriera di Marea, nascondendo l’atto con un finto spostamento strategico: il Saggio non sembrava aver colto, perché nel frattempo maneggiava l’oggetto tecnologico che si animò sulla sua mano. La piramide si era aperta e i suoi vertici ruotavano attorno al proprio asse, creando una sorta di sfera.
«Ragazzi», sussurrò Gentru. «Mi dispiace dirvelo, ma il Saggio non è l’unico problema: mentre scappavo dal Duentu, mi hanno inseguito praticamente tutti gli abitanti.»
«Che sono cloni», risposi. «Forse di altri Tonalisti incappati in questa trappola.»
«Eh, non è così Saggio?» Alzai la voce e avanzai, mentre con il tentacolo gesticolavo a Dalia di generare una barriera verso le grotte naturali per fermare i cloni. Puntai gli aghi verso l’ingresso alle rovine, affinché Tagdana capisse che era l’unica via di fuga e ci aprisse la via in caso di pericolo.
«Non è forse questo il tuo piano, creare cloni di Tonalisti? Mi chiedo perché dovresti farlo, visto che ci odi.» Speravo di provocarlo e ci vidi del giusto.
«Odiarvi? Come potrei odiare dei miei simili.»
I nostri pensieri gelarono.
«Anzi, per me siete molto preziosi: grazie a voi, potrò trovare casa a molte anime di Saggi…»
Delia, che aveva finito la barriera illusoria, mi si avvicinò: «È ciò che penso?»
«Sì, vuole sfruttare i Tonalisti che cattura per farne delle spie.»
Gentru, innervosito, urlò: «Forza! Non c’è tempo!»
«Avete scoperto anche il mio Duentu, a quanto pare», disse. «Le mie opere incomplete, i miei poveri umani artificiali senza poteri.»
In quel momento, una massa ordinata di uomini comparve dall’ingresso della grotta: benché in forma umana, erano usciti dal Duentu percorrendo le valli di Nibiru ed esponendosi alla sua atmosfera. La distanza da colmare non era molta, ma capii subito che quelli non erano comuni umani.
Delia mi fece un cenno: aveva spostato la barriera verso l’ingresso e Tagdana si preparava allo sprint verso le grotte. Sicuramente avremmo incrociato altri cloni, ma meno rispetto all’ingresso.
«Oh, non credo che quella barriera terrà!», disse però il Saggio, alzando il bastone verso l’alto. La Marea proruppe oscura dal bastone, crepando il soffitto e facendo cadere dei massi a chiudere la via d’uscita. L’orda di cloni, che era ormai tutta entro le rovine, scese le scale a grande velocità: erano centinaia. I nostri poteri di Veglia riuscivano a rallentarli, ma Dar-uj e ßashir dovevano anche proteggerci dal Saggio.
«Presto! Alle gallerie», urlai. Tutti non se lo fecero ripetere: oltrepassammo il tempio, certi che il Saggio avrebbe guidato il suo esercito verso le grotte.
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