Inverno, 1259 A.D.

 

Alarie si soffiò tra le dita. Il fiato caldo si condensò nell’aria e gliele accarezzò, regalandole un po’ di sollievo dalla morsa del gelo. All’ombra dei portici che giravano attorno alla grande piazza davanti al Palazzo, restò ferma a osservare gli operai al lavoro sulla grande statua. I loro volti erano solo dei piccoli teschi, da laggiù. La composizione stava venendo una meraviglia. Venice, al centro, alto quattro metri e con le mani sollevate, era proprio l’immagine del mago eroe che lei associava alle vecchie favole della sua infanzia. Anche quel Manonera aveva una posa eroica, doveva ammetterlo. Il bronzo aveva permesso una posa dinamica, l’avevano scolpito per far sembrare che saltasse addosso al Cremisi, schiacciato a terra, con la lancia pronta a trafiggerlo.

Peccato che nella realtà le cose fossero state diverse.

Aveva sperato che fosse lui. Kell, quanto l’aveva sperato. Le loro voci erano così simili, così…

Ma non era possibile. Malekith era morto chissà dove. Altrimenti sarebbe tornato prima. E lei, come un’idiota, aveva sperato ogni giorno che tornasse. Malgrado tutto, le venne da sorridere. Forse aveva avuto la forza di farlo solo perché lui non era tornato. Ficcò le mani in tasca e riprese a passeggiare. Peccato che non avessero potuto mettere il nome a Manonera. Il suo soprannome aveva una pessima fama, e quello vero, a quanto sapeva, non esisteva.

Poco male.

D’altronde, gli eroi senza nome erano quelli con le storie più affascinanti.