Primavera, 1256 A.D.
Calat inspirò l’aria umida di Lorengard, il profumo fangoso del suo lago, delle sue case dalle assi gonfie e i mattoni coperti di muschio.
Era un borgo così piccolo…
Erano anche trascorsi cento e passa anni. Era una città, oramai.
Il posto perfetto per mettere basi fuori dal Gardaire.
Col suo lago e il controllo degli affluenti, espandersi ancora da una base come quella sarebbe stato uno scherzo. Un grido salì dalla sua sinistra, tra le case. Rumore di acciaio contro acciaio, altre grida. Il piano era stato privo di discrezione, ma del resto, quale esercito di spacciatori e tagliaborse si sarebbe aspettato un attacco in pieno giorno? Si massaggiò la mandibola sottile. Il polsino della sua veste era un poco corto. Tanto, però, non l’avrebbe visto nessuno. E poi, il verde scuro si intonava alla perfezione col suo incarnato. Altra cosa che non avrebbe notato nessuno, certo, ma a Calat importava.
Potrei costruire una struttura a pozzo anche qui.
Tamburellò la punta dello stivale sul bordo dello spalto su cui si era fermato a guardare Lorengard. A Tesslic la struttura sotterranea aveva funzionato bene, avrebbe dovuto riprendere i suoi vecchi disegni.
Ci sarà da costruire una serie di dighe e chiuse…
Passi secchi e il tintinnare di piastre d’armatura alla sua destra. Metzer, i capelli pallidi che sfuggivano alla cuffia imbottita e si appiccicavano alla fronte, gli si avvicinò con l’elmo sottobraccio.
«Mio signore.»
I suoi occhi grigi lo guardarono con deferenza da dietro le occhiaie rossastre. Si inginocchiò, piantando il pugno a terra, e chinò il capo. Il cristallo di Sangue di Drago, grosso come un palmo, incastonato nello spallaccio destro, pulsava di un lieve bagliore. Calat sorrise. Gli ultimi potenziamenti erano una vera soddisfazione.
«Dimmi.»
«Tutte le piazze di spaccio sono state prese.»
«Tutte?»
«Sì, mio signore.» La sua voce era ferma, ma flebile. Il braccio ebbe uno spasmo. «I covi più esterni sono già sotto controllo. Le truppe di Gunnar hanno preso possesso dei magazzini del porto.»
L’uomo invisibile batté le mani e se le sfregò.
«Splendido. Eccellente lavoro.»
Gli rivolse un sorriso, anche se Metzer non poteva vederlo. Avrebbe dato qualunque cosa per un altro suo complimento. O un’altra dose.
«Bene, manca solo la Corte degli Stracci. È ora di fare visita a un vecchio amico.»
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