Le dita metalliche di Ronac andarono a colpo sicuro sul lato della porta.
«Come vorresti aprirla, senza…» Berry fu interrotto dal suono secco di qualcosa che scattava. «… chiavistello?»
Il golem di pezza lo guardò con il suo volto d’acciaio.
«Sembro uno a cui servono chiavistelli, signor Berry?»
Spinse il battente e continuò a camminare, con Cale subito dietro. Il corridoio saliva ripido. Superato un arco, divenne una scala a chiocciola. Oramai, Mal non si stupiva più delle bizzarrie architettoniche di quel labirinto.
Da quanto tempo è che giriamo qui sotto?
Strinse il braccio di Berry.
«Ce la fai?»
Il mezzo-morag annuì.
«Ti fidi di quel coso?»
«No.» L’alfnar abbassò la voce. «Potrebbe essersi perso, o essere matto come gli altri automi. O peggio, potrebbe portarci dritti in una trappola.»
«Si muove troppo bene per essere solo un prigioniero. Sembra che sia casa sua, questo posto.»
«Perché è casa mia, signor Berry.»
Porca puttana.
Malekith si morse la lingua.
«Cosa intendi?»
L’automa si fermò di colpo, l’alfnar gli finì addosso.
«Quando mi ci hanno portato, questa fortezza era ancora in costruzione. In parte, io stesso ho contribuito a edificarla.»
Si voltò e riprese a salire. Berry accelerò per stargli dietro.
«Cosa? E perché?»
Sbucarono in un pianerottolo largo abbastanza da ospitarli tutti e quattro. Ronac fece scorrere le dita lungo gli stipiti della porta che avevano davanti. Anche questa non aveva il chiavistello.
«Perché è quello che so fare meglio.»
«Ma perché hai aiutato Calat, se lo odiavi?»
«Te l’ho appena detto, caro Berry. Aiutare la gente, questo so fare.» Qualcosa di metallico scattò. «Sono uno studioso, non un ribelle. Non è cosa per me fare il testardo o l’idealista.»
Berry lo prese per la spalla. I suoi occhi giallo oro, alla luce della lanterna, scintillavano.
«Ti ha strappato al tuo corpo e messo dentro un pupazzo. Ti ha reso il suo schiavo, ti avrà anche torturato.» Le sue labbra fremettero, scoprendo i canini appuntiti. «Non dirmi che non hai mai provato a…»
Era la prima volta che Malekith lo vedeva con quell’espressione. Sembrava potesse azzannare Ronac da un momento all’altro.
«No.» Il golem rimase immobile. «Non ho mai provato a ucciderlo o a scappare. Dove sarei andato dopo, Berry?»
Cale annuì, secco.
«Berry ha ragione. È impossibile che una cosa del genere non ti abbia cambiato.»
«Cambiato?» La voce di Ronac assunse una sfumatura ironica. «Da quando due profanatori di tombe sono così esperti in materia da dirmi che dovrei essere cambiato?»
Tra di loro calò un silenzio teso.
«Le persone non cambiano.»
Ronac abbassò la voce, ma il tono non si fece più duro. Rimase pacato, come se stesse dicendo una cosa ovvia. Spostò gli occhi vuoti su Malekith, e lui si irrigidì.
«Non cambiano mai. Cambia solo il modo in cui cercano di ottenere quello che vogliono.» Fece spallucce. «E tutti quanti vogliamo sopravvivere. Io mi sono spento, addormentato, e ho sognato per più di ottant’anni per farlo.»
Fece per voltarsi, ma l’alfnar alzò una mano per fermarlo.
«Dove ci stai portando, Ronac?»
«Ho udito dei rumori nel protrarsi del mio sonno. Rumori che mi hanno ridestato. Esplosioni, tanto potenti da far tremare la montagna. Se non siete stati voi a causarle, deduco siano stati dei vostri compagni. Vi sto portando da loro, o dove suppongo si trovino.»
Malekith annuì.
«Grazie. Ma perché sei così sicuro di trovarli?»
«Non sono sicuro.» Ronac si voltò e riprese a muoversi. «Sto cercando di muovermi perché spero non abbiano già incontrato Vileen.»
***
Berry superò Cale e si lanciò su per le scale, facendo i gradini a tre a tre.
«Sbrighiamoci!»
«Non serve.» Il tono di Ronac era piatto. «Se Vileen ha trovato i vostri amici, sono già morti.»
Mal fece segno al mezzo-morag di aspettare. Se quello che diceva il golem era vero… meglio non pensarci e sperare.
«Lo conosci bene? Vileen, intendo.»
Ronac annuì
«Da prima che lo chiamassero Vileen Manomorta.»
«Prima che diventasse il braccio destro di Calat, quindi.»
«Braccio destro.» Il golem rise. «Calza a pennello, non trovi?»
Berry implorò Malekith con lo sguardo.
«Possiamo muoverci?»
È merito di Ven se sono dove sono ora. Non posso lasciarlo morire.
Aprì la bocca per rispondergli, ma un suono di passi lo interruppe. Erano leggeri, scendevano la scala. Fece segno a Cale di tenersi pronto. La sua ascia, nello spazio stretto della scala a chiocciola, avrebbe fatto meglio di una spada. Allargò le gambe, pronto a scattare non appena l’individuo avesse voltato l’angolo. Si ricordò solo in quel momento che la lanterna era accesa.
Porco…
I passi si fermarono. Non c’era più tempo per l’effetto sorpresa. Mal estrasse la sciabola.
«Chi c’è?»
«Malekith!» Il viso di Fern sbucò dall’angolo della scala. «Siete ancora vivi.»
Lo spadaccino fece per continuare a scendere, ma si bloccò di colpo e indicò Ronac con la spada.
«Santi Draghi, questo chi è?»
Berry si appoggiò al muro.
«Si chiama Ronac. È un golem, lui…»
Restò con la bocca aperta, come se non trovasse le parole per continuare. Il golem di stoffa alzò la mano per fermarlo.
«Una storia lunga, adatta a un altro momento, forse.»
«Mmh.» Fern sollevò il sopracciglio. «Ci si può fidare?»
Malekith annuì.
«Conosce bene la fortezza, è stato lui a farci arrivare qui. Dice che Ven potrebbe essere in pericolo.»
Lo spadaccino squadrò Ronac con aria sospettosa.
«Lo so. Sta combattendo con una specie di gigante, li ho visti da sopra. Stavo cercando di raggiungerli.»
«Nel caso, avete preso la direzione errata.» Ronac puntò l’indice verso l’alto. «Dobbiamo salire.»
Fern rimase in silenzio, come per soppesare le parole, senza staccare lo sguardo dal golem.
«Bene. Guidaci tu, allora.»
Si spostò di lato per farlo passare. Mal lasciò Ronac davanti e si mise di fianco allo spadaccino.
«Tutto bene?»
L’altro annuì.
«Cos’è quel coso?» bisbigliò.
«È come quegli automi, ma… diverso. Ha detto che fu Calat a trasformarlo, ma è riuscito a non impazzire come gli altri.»
«Molto comodo. Davvero molto comodo.»
Il rumore dell’acciaio contro l’acciaio risuonò tra le pareti. La scala li portò in un altro corridoio, aperto sul lato sinistro da tante bifore a sesto acuto attraverso cui passava una luce debole. Il guizzo di una fiamma illuminò il soffitto, un boato sordo esplose in basso. Mal si affacciò, curando di non essere visto. Una decina di metri più in basso, c’era un’ampia sala rotonda. Venice, gli occhi che bruciavano come tizzoni ardenti, fece scattare il polso in direzione di un essere enorme, alto quasi due volte il mago. Dalle dita di Ven partì una saetta, ma nonostante la mole, il colosso si mosse più rapido. Schivò di lato e in una falcata fu addosso al mago, gli piantò un pugno nel ventre che lo scagliò contro la parete. Ven crollò, faccia a terra.
Un altro uomo piantò la sua ascia a due mani nella schiena del gigante, un morag dalle lunghe corna gli affondò la lancia nel retro del ginocchio. L’avversario ringhiò e si girò di scatto, spazzando via l’uomo. L’ascia rimase piantata nella carne, ma non se ne curò. La lunga lama ricurva che teneva nella destra tranciò l’asta della lancia, e lui prese a tempestare di colpi il morag. Ronac sfiorò la spalla di Mal per avere la sua attenzione.
«Quello è Vileen. Lo addestrò Calat in persona, e temo che, privi del vostro mago, non avrete molte possibilità.»
Cale sfoderò la spada e prese l’ascia nella sinistra.
«Siamo quattro contro uno.»
«Lo so. Non ce la farete.»
Malekith fu attraversato da una scarica elettrica.
«Shar!»
Il golem inclinò un poco il capo.
«Come?»
«Una nostra compagna, una maga. È nelle caverne alla base della montagna. C’è un modo per avvisarla?»
«No, ma c’è un elevatore secondario che porta al pozzo di quello principale. So come raggiungerlo.»
Ronac si alzò in piedi e iniziò a percorrere il corridoio. Fern si mise in mezzo.
«Bisogna portare via Ven, se Shar si avvicina le esploderà il cervello.»
«Buona idea, signor Fern.» Ronac annuì piano. «Di questo ci occuperemo io e il signor Berry.»
L’occhio buono dello spadaccino si assottigliò.
«E perché proprio tu?»
«Perché con una spada in mano sono utile quanto un fantoccio. E poi, perché io sono stato negli appartamenti di Calat, e so che lì c’è una cella antimagia dove rinchiudere il vostro amico mago, se è vivo.»
Cale andò a un palmo dal viso di Ronac.
«Lui è vivo! Deve essere vivo, o tutto questo non avrà avuto senso. Lo Scavamente—»
«A tempo debito, signor Cale.»
Il ragazzo era proprio ossessionato da quell’affare. Malekith scosse la testa. Non era incomprensibile, anzi. Se ci fosse stato in ballo il trono, anche lui avrebbe parlato così. Fern seguì Ronac lungo il corridoio.
«Qual è il piano, allora?»
«Io e il signor Berry recupereremo il vostro mago e lo porteremo al sicuro. Da lì andremo a chiamare la vostra amica.»
«E la parte brutta?»
Il golem non si fermò nemmeno.
«Voi tre dovrete tenere occupato Vileen.»
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