La casa di Stan aveva una stanza sola. In un angolo c’era un letto, addossato alla parete un piccolo camino di pietra. Malekith seguì il compagno. La sua lanterna illuminava appena, ma del resto non c’era nulla da vedere. Stan si avvicinò al camino, inclinò la lanterna e versò un po’ d’olio sui rametti che conteneva. La appoggiò accanto a sé e prese l’acciarino e l’esca. Il metallo grattò sulla pietra focaia e sprizzò scintille. Grattata dopo grattata, si accese un piccolo fuocherello. Malekith chiuse la porta. La luce calda delle fiamme tinse le pareti. Stan, ancora in ginocchio, infilò un ciocco tra i legnetti che crepitavano. Chinò il capo, come se fosse deluso da qualcosa.

«Altezza, vi chiedo umilmente perdono.»

«Perché mai, Stan?»

«La mia casa è troppo umile per voi. Me ne vergogno profondamente, io…»

Malekith si avvicinò e lo prese per il braccio. Lo fece rialzare e gli sorrise.

«Stan, non c’è nessun problema. Non devi più pensare a me come un principe.»

Una nota amara gli punse la lingua. Abbassò gli occhi.

«Sono solo un fuggitivo, adesso.»

Andò a lasciare la sua sacca sul letto e vi si sedette.

«Sono conscio del fatto che non sarà facile. Non sono mai rimasto lontano da palazzo per tanto tempo.»

Stan aggiunse un altro ciocco al fuoco. Slacciò il fodero con la spada e lo appoggiò al muro.

«Avete fame, altezza?»

«Ti prego, Stan, solo Malekith.»

L’uomo sbatté più volte le palpebre.

«Come desiderate, Malekith. Avete fame?»

«E non darmi del voi.» L’alfnar rise e scosse la testa. «Non ho fame, ti ringrazio.»

Non si era mai sentito così sporco. Gli pareva che una patina di sudore coprisse ogni angolo del suo corpo.

Quanto mi mancano i bagni del palazzo.

«Cos’avete, altezz… Malekith?»

«Niente. Non crucciarti.»

L’uomo annuì e andò nell’angolo opposto della stanza. Si inginocchiò davanti a una cassapanca e la aprì, tirò fuori un pettorale d’acciaio. Era graffiato e ammaccato, ma tanto pulito da riflettere le fiamme come fosse nuovo. Malekith sentì le cinghie della corazza premergli sulla pelle attraverso il gambesone. Slacciò la fibbia più bassa sul fianco della brigantina e si schiarì la voce. Stan gli fu accanto in un lampo e prese ad armeggiare con le altre.

«Stan. Io vorrei ringraziarti. Senza di te, sarei—»

«Non ditelo neppure. È il mio compito, altezza.»

Stan finì con i lacci e Malekith si sfilò l’armatura e la lasciò accanto a sé sul materasso gibboso. Accennò col capo alla corazza accanto alla cassapanca.

«Era di tuo padre?»

Stan annuì.

«Era l’armatura che aveva indosso quando era la guardia del re vostro padre, nel Kaldjord.»

Per un istante, Malekith immaginò suo padre, da giovane, con la spada in pugno, a combattere al fianco di Gerrit. Li vide menare fendenti e procedere assieme, parando l’uno gli attacchi diretti all’altro. Stan era quasi identico a Gerrit. Stesso capo rasato, stessa mandibola squadrata e stesso sguardo sincero. Due gocce d’acqua.

L’esatto contrario di me e mio padre.

«Deve essere stato orgoglioso di te.» Abbassò lo sguardo. «Come mai non vivevi con lui?»

Stan si grattò la nuca.

«Beh, non andavo molto d’accordo con… con mio padre, ecco.»

«Eppure si fidava di te, tanto da affidarti la sua missione.» Malekith alzò le spalle. «Se non è orgoglio questo.»

L’uomo si morse un labbro e scosse il capo.

«Non… non me l’ha proprio affidata lui, la missione. Me ne aveva parlato, quando era partito per incontrarvi, ma non… non era mai stato—»

«Cosa intendi dire?»

«Mio padre… non sono mai stato come voleva lui, ecco. Per lui ero sbagliato.»

I suoi occhi non riuscivano a stare fermi, schizzavano da un angolo all’altro della stanza, continuando a evitare quelli di Malekith.

«Così ho deciso che l’avrei fatto contento se avessi salvato voi. Se fossi stato per voi ciò che lui era stato per vostro padre.»

L’alfnar rimase in silenzio. Stan aveva gli occhi lucidi, la luce del fuoco li faceva brillare.

«Io spero di essere all’altezza, principe Malekith.»

Mal gli prese il volto con una mano e lo girò verso di sé.

«Noi siamo amici, Stan?»

«I-io ne sarei onorato, vostra—»

«E allora basta con questi “vostra altezza.” Io sono solo Mal, d’ora in poi, finché non siederò di nuovo sul trono.»

Gli lasciò il volto e lo prese per la spalla, la strinse forte.

«Ma devi promettermi, Stan, che mi ci farai tornare, sul trono.»

«Fosse l’ultima cosa che faccio, Malekith.»

Stan è la chiave. Il primo gradino per tornare a casa.

Mal si alzò in piedi, non riusciva a starsene seduto lì. Prese a camminare in cerchio, a grandi passi.

«Bene. Non sono il primo principe a cui usurpano il trono, amico mio. Successe la stessa cosa ad Agaveth la mezzosangue e a re Gillroy di Daile. E sai cos’hanno fatto?»

Si voltò verso Stan. Lui fece segno di no.

«Hanno reclutato un esercito. Agaveth diede inizio alla Guerra delle Pesche, assieme ai suoi quattro compagni.» Malekith mulinò le braccia in aria, come a sottolineare le sue parole. «Dobbiamo trovare i migliori avventurieri, i soldati più esperti, e magari… anche dei maghi. Torneremo a casa e saremo due eroi, due veri Valadier!»

Stan si alzò in piedi.

«Tu vuoi essere un eroe, Malekith?»

«Sì. Più di ogni altra cosa al mondo.»

«E allora perché mi hai abbandonato?»

Nella stanza entrò una folata gelida. A Mal si accapponò la pelle.

«Cosa?»

Stan gli girò attorno, senza rumore.

«Bisogna fare più luce.»

Il fuoco nel camino si era quasi spento, solo poche braci ardevano ancora.

Ma fino a un attimo fa…

Mal indietreggiò verso la porta.

«Stan, cosa stai…»

Le fiamme avvamparono di nuovo, più basse. L’ombra che l’alfnar proiettava divenne nera come l’inchiostro, investì la porta. Il battente scomparve nel buio, come se non ci fosse mai stato.

Malekith! Aiutaci!

Un brivido gli corse nella carne, fin dentro le ossa.

«N-no…»

Un paio di brillanti occhi rossi emersero dalle tenebre, dove prima c’era la porta.

Il Cremisi! M-mi ha trovato!

Il vento freddo gli scivolò attorno al corpo, mordendogli la pelle. Re Dimas varcò la soglia. La sua gola tagliata grondava sangue scuro.

Malekith!

L’alfnar si premette le mani sulle orecchie. Non riusciva a staccare lo sguardo da suo padre.

«Codardo.» La sua voce era uno scudiscio.

Mal indietreggiò.

«P-padre…»

«Stan è la tua chiave per tornare a casa. Il primo gradino della scalata.» Re Dimas venne avanti piano. «E tu l’hai abbandonato.»

«M-mi dispiace.»

«Come hai abbandonato me. Come hai abbandonato tutti.»

La luce delle fiamme tremolò, le ombre invasero le pareti.

Malekith!

«Tornerò, padre. Sistemerò tutto, te lo giuro. Ti renderò fiero.»

«Fiero?» Re Dimas fece una risata amara. «Come può un codardo come te rendermi fiero?»

Lo afferrò per le spalle, le sue mani ossute gli si piantarono nella carne come artigli.

«Ti ho cresciuto per essere un eroe. Se non lo sei,» lo voltò verso il camino, «per me sei già morto.»

Stan aveva la spada già sollevata, la bava gli gocciolava agli angoli della bocca.

«No!»

Calò la lama.