Sentì dei passi oltre la porta, e il cuore gli balzò in gola. A Chastaine mancavano solo quattro bocche. Fern fece cenno a Malekith di andare alla porta. Dall’altro lato del battente bussarono un paio di volte.
«Ruben? Sono Tyr. C’è… c’è lì Galen?»
L’alfnar si morse le labbra.
Adesso cosa gli dico?
Berry, davanti a lui, lo fissava coi suoi occhi dorati. Mimò con le labbra un “forza!” e sorrise, incoraggiante. Gli tornò in mente il sorriso di Stan, ogni volta che gli parlava dei suoi dubbi.
Se fallisco, qui è finita per tutti e due.
Si schiarì la gola e cercò di imitare la voce nasale di Ruben.
«Sta dormendo.»
«Senti… svegliamelo, devo dirgli una cosa.»
Un lampo attraversò il cervello di Malekith.
«Riguarda sua sorella?»
Silenzio.
«Tu come lo sai?»
«Le voci girano, amico. Sicuro che glielo vuoi dire?»
«N-no, forse è meglio che… che glielo dici tu. È solo che Tiara… mi ha baciato lei, io non volevo. C-cioè non dirgli che non volevo, ha due tette che…»
«Devo dirgli pure questo?»
Tyr, dall’altra parte, si fermò di botto.
«N-no, meglio che non glielo dici. Meglio che non gli dici niente.»
Malekith deglutì.
«Eh, credo anch’ io.»
Berry e Fern erano zitti, immobili come statue a fissarlo. Chastaine continuava il suo lavoro. La terzultima bocca si era chiusa, le sue dita scivolarono ad accarezzare la penultima. Tyr diede un colpetto alla porta.
«Beh, grazie, Ruben. Meno male che ci ho trovato te sveglio. Mi raccomando, acqua in bocca, eh?»
«Contaci.»
I suoi passi si allontanarono e svanirono. Mal si accorse di essere madido di sudore. Mollò un sospiro di sollievo e si tolse la bandana fradicia. Berry mimò un applauso, Fern sollevò un pollice.
«Bel sangue freddo, ragazzo» bisbigliò.
Chastaine non si era mosso di un capello da dove si trovava, come se non avesse sentito nulla. Continuò a sfiorare il metallo, ritrasse le dita all’ennesimo morso e riprese.
Come fa a restare così concentrato? Deve avere un mal di testa atroce.
A quell’ora tutti i maghi della città dovevano essere nelle loro case sotterranee, schermate alla magia, ma il rischio c’era sempre. La penultima bocca si chiuse, lanciando un ultimo guizzo di lingua tra i denti appuntiti. Dei passi rimbombarono nella stanza delle teche. Malekith si irrigidì, accostò l’orecchio alla porta. Arrivarono al battente e diedero una bussata secca.
«Apri.»
La voce che aveva dato l’ordine, anche attraverso il legno, era facile da riconoscere.
Dreke!
Mal si sentì gelare. «Chi è?»
Gettò uno sguardo a Venice. Il mago era ancora in alto mare con l’ultima bocca.
«Io. Apri la porta.» Il tono di Jeno Dreke si fece ancora più duro. «Subito.»
Malekith aprì la bocca, ma non riuscì a dire nulla. Gettò uno sguardo colmo di panico a Fern e Berry. Chastaine scrocchiò il collo. Sbuffò, le mani bloccate in aria. Si alzò.
«Oh, fanculo.»
Schioccò le dita, un sibilo metallico tagliò la stanza. Sottili fili di fumo salirono dalle cerniere della porta. Il muro esplose con il boato di un tuono. Malekith sentì la vibrazione salirgli fin nel cranio. Un urlo gli trapassò le orecchie come una lama, assordandolo. Si serrò le orecchie con la mani, ma non servì a nulla. Il grido si tramutò in un fischio così acuto da coprire ogni altro suono. Le bocche sulla porta, ora schiantata a terra, urlavano tutte assieme. Chastaine, appoggiato al muro col naso che sanguinava e una smorfia di dolore in viso, indicò qualcosa dentro la camera blindata a Fern. Lo spadaccino balzò dentro. Il battente alle spalle di Malekith tremò. Venice, gli occhi che ardevano come braci, stappò la sua fiaschetta coi denti e la scolò. Fern uscì dallo stanzino con una sfera luminosa in mano. Pulsava di una intensa luce tra l’arancione e il rosso sangue, che riverberava nella polvere alzata dall’esplosione. Malekith socchiuse gli occhi. Chastaine gli fece segno di spostarsi e sollevò le mani verso la porta. L’alfnar saltò via. La porta d’ingresso esplose verso l’esterno, scagliando in aria frammenti di legno e chiodi. Berry sguainò la spada, afferrò Mal per un braccio e corse fuori. Il grido delle bocche si era spento.
Dalla nuvola di polvere che aleggiava tra le teche sbucò uno stadnalv calvo, il volto grigio pallido. Calò un fendente diretto al collo di Malekith. Chastaine lo spinse via, la lama tagliò l’aria. L’aggressore incespicò e andò a sbattere contro una teca. Berry lo mollò e Mal sfoderò la sciabola appena in tempo per bloccare un secondo colpo, diretto alla sua testa. Una lama sottile sbucò da dietro un’altra teca, a destra. Il pelato fu costretto a retrocedere per schivare l’affondo di Fern.
«A sinistra, ragazzo!»
Lo spadaccino gli lasciò in mano la calda sfera luminosa e lo spinse di lato.
«Dalla a Ven!»
Malekith corse verso il mago, vicino alle finestre, cacciandosi la sfera nella bisaccia. Un klyn in nero sgusciò tra le teche. In ciascuna mano aveva una strana lama, che curvava appena in avanti. Venice agitò le dita con un ringhio di dolore. Una saetta rossa attraversò lo spazio che lo separava dal klyn, illuminando la stanza. Quello si avvolse nel suo piccolo mantello nero, che si afflosciò su sé stesso, come se non ci fosse più nulla dentro. La folgore colpì una teca, il vetro esplose. Il klyn saltò fuori dalle ombre, la sua lama aprì un taglio sul palmo di Chastaine. Il mago indietreggiò e cadde sulla schiena. L’immagine di Astrid per terra, col cranio spaccato, attraversò la mente di Malekith.
Codardo.
«No!»
Saltò addosso al klyn da sinistra, Berry lo attaccò da destra. Lo costrinsero ad allontanarsi da Venice con una raffica di tagli. Il volto da rospo, schiacciato, dell’assalitore non si scompose. Indietreggiò, parando i colpi con le due lame. Berry si espose troppo con una stoccata, coprendo la linea d’attacco di Malekith. Il klyn deviò il suo affondo con una spada e calò l’altra sul suo avambraccio. La lama lo tranciò di netto. Berry urlò e crollò a terra, stringendosi il moncone.
Malekith! Aiutaci!
Mal saltò tra il suo compagno e l’avversario. Aveva il corpo in fiamme, la pelle gli formicolava. La sciabola era leggera come l’aria tra le sue dita.
«Non lo avrai, bastardo!»
Mulinò l’arma addosso al klyn, schiacciandolo con una raffica di colpi dall’alto.
«Indietro!»
Quello gli lasciò spazio, parò i colpi senza fare una smorfia. Deviò con la sinistra, la sciabola di Mal graffiò il pavimento. Affondò con la destra, l’alfnar non fece tempo a schivare. La punta gli affondò nella coscia, un lampo di dolore gli attraversò la gamba. Gridò. Cadde in ginocchio, parò appena in tempo un fendente alla testa. Ringhiò, agitò la spada alla cieca.
«Non prenderai anche lui!»
Gli occhi lattiginosi del klyn divennero quelli grigi di Stan. Mal raggelò. Il klyn notò qualcosa oltre le sue spalle e balzò indietro. Una saetta incenerì il pavimento dove si trovava un attimo prima. Venice, gli occhi che ardevano e il naso che fiottava sangue, soffiò una vampata di fuoco.
«Porta via Berry!»
Mal serrò i denti e trascinò via il mezzo-morag. Berry piangeva come un bambino, balbettava.
«N-non volevo, papà, non volevo…»
Venice gli si accucciò accanto e appoggiò la mano sul moncone che spruzzava sangue. La carne sfrigolò, Berry lanciò un urlo e crollò indietro. Il mago lasciò andare il suo avambraccio. La carne era fusa assieme, tremava, ma non sanguinava più. Sottili vene rosso brillante si agitavano sotto la pelle. Fern, con la spada che grondava sangue, si mise tra loro e il klyn. Chastaine toccò con due dita la fronte di Berry. Il giovane aprì gli occhi e gemette. Sbuffava e con la mano buona stringeva quella di Mal, così forte da fargli male. L’alfnar lo prese per il braccio.
«Ci sono io.»
Venice diede una manata al muro. La parete e la finestra esplosero, una cascata di calcinacci precipitò giù. Il sangue ruscellò anche dagli occhi del mago, i detriti restarono sospesi in aria.
«Andiamo!»
Si gettarono giù da quello scivolo improvvisato e rotolarono in strada, accanto al canale. La gamba di Mal lanciò una fiammata, ma lui si tirò in piedi e strinse la sciabola. Controllò la sfera di cristallo. Era ancora intatta, emanava calore come se dentro ci fosse una fiamma viva. Mal strabuzzò gli occhi. Una piuma di drago, una vera piuma di drago, rossa come il fuoco, fluttuava dentro la sfera.
Kell onnipotente, una reliquia così…
Il klyn dalla faccia da rospo balzò in strada a lame spianate, piazzandosi tra lui e gli altri. Malekith si fece indietro. Fern gli tirò una stoccata e quello la deflesse con un mulinello. Dalla porta di casa di Dreke uscirono quattro alfnar in armatura, le spade già sguainate.
«Fermi!»
Dall’altro lato della casa spuntò un drappello di guardie armate di picche. Venice aveva il volto imbrattato di sangue, barcollava.
«Ragazzo! Salta nel fiume!»
«N-no!»
Li hai abbandonati.
La voce di suo padre gli strisciò nelle orecchie. Il mago sollevò una mano, le dita divennero rosse come fiamme.
«Vai! Ci troviamo al rendez-vous!»
Berry, in ginocchio accanto a lui, lo supplicava con gli occhi.
Codardo.
Mal voltò loro le spalle e saltò oltre il parapetto. Dietro di lui esplose un boato, una nuvola di fumo lo investì. Cadde, e l’acqua lo inghiottì.
***
Malekith si issò sulla banchina. Le spalle gli bruciavano, la gamba e la testa pulsavano di dolore.
Kell onnipotente.
Giacque prono, appoggiato sui gomiti. L’acqua gli formò una pozzanghera scura attorno. Riprese fiato, attese che il cuore smettesse di martellargli le costole. Si tolse la sciabola da tracolla e la estrasse dal fodero, lo inclinò per far colare fuori l’acqua. Tirò fuori la sfera di cristallo. Non era proprio una sfera, ma un’ampolla. Un tappo metallico chiudeva il corto collo circolare. La piuma di drago si agitava appena, come fosse viva. Non era lunga più di un pollice, ora brillava con meno intensità.
Tutto quanto per questa.
Scosse la testa e si appoggiò con la schiena al pilastro del ponte che attraversava la banchina. Poco più in là, il Felanse scorreva attraverso le grate e si tuffava fuori da Alavir. Il calore della piuma gli scorreva sotto la pelle. Non sentiva nemmeno tanto male alla gamba. Si perse a seguire le venature che solcavano la reliquia. Le loro piccole contrazioni, come se fossero battiti di un cuore, erano ipnotiche.
Berry ha perso la mano per questa.
Si morse la lingua.
No. Berry ha perso la mano per colpa mia.
Avrebbe dovuto duellare lui con quel klyn. Era lui il principe, non Berry. Era lui che doveva essere un eroe. Ma non era ancora finita.
Chastaine è un mago. I maghi possono fare qualunque cosa.
Aveva detto che li avrebbe trovati al rendez-vous, e così sarebbe stato. Con una piuma di drago, il mago avrebbe potuto liberare Stan da quella spada in uno schiocco di dita. Sorrise e la strinse.
«Tu sei la mia chiave per liberare Stan. Stan mi porterà a casa. Mi porterà a casa e Venice verrà con me. Lo convincerò.»
Non mi posso fermare adesso. Lo devo anche a loro.
Si strappò la manica della camicia, la strizzò e la strinse attorno alla ferita. Si mise in piedi, la fitta di dolore fu breve. Zoppicò verso la scala che saliva fino al ponte. Non era ancora arrivato il momento di fermarsi.
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