Estate, 1238 A.D.

 

Il sangue che usciva dalla spalla di Cale bruciava sulla pelle come piombo fuso. Il dolore gli serpeggiava dentro la carne. Se la strinse con la sinistra, e continuò a correre, la destra serrata sulla lama della spada di suo padre. Barcollò tra le radici e i piedi franarono sui sassi, ma riuscì a rimanere in piedi. Tra gli alberi rimbombava solo il suono del suo ansimare. La punta della spada era rossa, ma il sangue era di Samwhaine. Gli passò davanti l’immagine dell’arma che incideva il volto di suo padre, appena sopra l’occhio. La pressione, come l’acciaio aveva tagliato la carne, il suo grido di dolore, ogni cosa gli riverberò dentro.

Avrei potuto ucciderlo.

Ebbe l’impulso di mollare la spada. Un sibilo lontano gli sfiorò i timpani. Tra i tronchi degli alberi solo buio, nessuna figura, nemmeno un movimento. Impugnò la spada con due mani, i capelli gli si appiccicarono alla fronte.

Ho quasi ucciso papà.

Era tutto un maledetto incubo, non poteva essere vero. Di nuovo il sibilo, più forte. Erano gli alberi a parlare?

«Ragazzo» gracidò qualcuno.

La foresta scomparve, rimase solo il buio. Cale sbatté le palpebre. Il suo corpo era più pesante, adesso, non sentiva la terra sotto ai piedi. La spada non era più tra le sue mani.

«Ragazzo.»

Il giovane si ritrovò avvolto in delle coperte grezze. Il buio sbiadì, la luce di una manciata di candele illuminava una stanza spoglia. Si voltò sul fianco, la paglia del letto su cui stava gli punzecchiò l’addome. Fece per parlare, ma aveva la lingua incollata al palato. Davanti a lui, un klyn dalla faccia da rospo lo scrutava, gli occhi lattiginosi pieni di sospetto. In mano, aveva la sua spada.

Kell…

Cale si allungò per prenderla e il petto gli lanciò una fitta. Un coltello rovente gli attraversò il torace. Gridò, in parte per la sorpresa, e ricadde sul suo giaciglio. Il dolore si attenuò. Gli ritornò tutto insieme, come un fiume dritto nel cervello.

Forge. Valadier. L’agguato. La ferita.

Kell onnipotente, Malekith, Fern e…

La lama del santo che gli squarciava il petto. Si puntellò sui gomiti per alzarsi un poco e sfiorò il punto dove la fitta gli aveva attraversato la carne. Niente bende, solo pelle nuda, spaccata da una profonda cicatrice. I bordi erano arrossati e gonfi, ma il taglio era scuro, del colore del sangue coagulato.

Era una ferita mortale, quella che mi ha inferto Valadier.

La lingua gli si scollò all’improvviso.

«C-cosa mi hai fatto?»

La sua voce era roca, parlare gli raspò la gola. Bazachel piegò appena l’angolo della bocca.

«Ti ho salvato la vita. Prego, non c’è di che.»

Cale avvampò. Salvato da un eretico, dalla magia proibita! Solo un mago avrebbe potuto guarirlo da una ferita del genere. O qualcuno che usava arti che nemmeno i maghi avrebbero osato nominare. Era marchiato, oramai. Lo schifo e la vergogna gli serrarono la gola, minacciando di soffocarlo. Il klyn tamburellò le dita sull’elsa della spada, come a ricordargli della sua esistenza. In mano sua, pareva uno spadone a due mani.

«Parliamo di questa, adesso.»

Il suo tono non presagiva niente di buono. Cale deglutì un boccone gelido che gli si fermò al centro del petto. Il freddo gli serrò i polmoni. Bazachel si avvicinò di un passo.

«Dove l’hai presa?»

«L’ho rubata.»

Non era nemmeno del tutto una bugia, in verità.

«Rubata? E a chi, sentiamo?»

«A nessuno. Un uomo. Un cavaliere. Credo, un cavaliere. Viaggiava, e io—»

«Palle.»

Il klyn sollevò l’arma per il fodero, portando la croce di guardia all’altezza del suo volto da rospo. Picchiettò un dito tozzo contro l’occhio inciso nel metallo al centro della guardia.

«Questa spada appartiene a un gran bastardo, che di certo non se la farebbe rubare da uno come te.»

Alla parola “bastardo”, le fiamme lambirono di nuovo il viso di Cale. Si raddrizzò, i denti serrati, e si sedette.

«E tu che cazzo ne sai?» ringhiò.

Il klyn rimase impassibile.

«Questa è la spada di Samwhaine Vitby.» Si sporse in avanti, gli occhi lattiginosi indugiarono sulla faccia del ragazzo. «Ti assomiglia molto, a parte i capelli, ora che ti guardo bene.»

Cale si ritrasse, si schiacciò con la schiena contro il muro freddo e deglutì. «No, non è vero.»

Bazachel rimase zitto, e si passò la lingua sulle labbra. Sgranò gli occhi e la bocca gli si aprì in un sorriso orribile. Pareva una ferita slabbrata riempita di denti.

«Porco Kell» sibilò. «Sei suo figlio.»

Il ragazzo scosse la testa e agitò una mano.

«N-no, ti sbagli. E tu non… non puoi conoscerlo, tu—»

«Oh, tuo padre e io ci siamo conosciuti molto, molto bene.»

Fece una smorfia e accennò alla spada. La guardava in modo strano. Con nostalgia, forse?

«È grazie a me se aveva questa.»

Gliela appoggiò sul bordo del letto. Afferrò dei vestiti che erano su uno sgabello, oltre la testiera, e li buttò sopra le coperte.

«Prendila, forza.» Fece un sorriso di sfida. «Vediamo quanto c’è di Samwhaine in te. Quanto somigli a tuo padre.»

Cale si vestì piano, attento a non muovere troppo il braccio dal lato in cui c’era la ferita. Gli fumava il cervello. La spada, la spada, la spada, continuava a ripeterlo all’infinito. Allungò la mano per prenderla, le dita tremavano.

E se fosse stata lei? Se l’avesse fatto impazzire lei?

Più che plausibile, per la spada di un eretico.

Papà, com’è possibile che fossi invischiato con questi…

Un sussurro più gravoso degli altri gli serpeggiò nella mente. Perché papà l’aveva presa? Come conosceva Bazachel?

N-non può essere, papà è stato… lo deve aver ingannato!

Non suonava convincente nemmeno dentro la sua testa. Come aveva detto, il klyn? “Vediamo quanto di Samwhaine c’è in te”? Bazachel mise le mani dietro la schiena e passeggiò per la piccola stanza.

«Tuo padre…»

Cale sfoderò la spada.

«Zitto!»

Gliela puntava contro e tremava, tremava come una foglia. Ma non l’avrebbe abbassata.

«Non può… no, non può essere, qualunque cosa sia…»

Il klyn continuò a sorridere.

«Non ho ancora detto niente, Cale.»

«È una bugia! T-tutto quello che vuoi dirmi… menzogne su mio padre.»

Barcollò fino alla porta, la testa in fiamme, e la spalancò con un calcio. Bazachel fece spallucce e allargò le mani in segno di resa.

«Il destino di quella spada non è ancora terminato, pare. Sai dove trovarmi se vuoi sapere chi era tuo padre, Cale.»

«Tu non sai niente!» ringhiò il ragazzo a denti stretti.

Il klyn scosse piano il capo.

«Scegliere la luce o le ombre, ragazzo, sta solo a te.»