Il fuoco non lo scaldava. Attorno a lui non c’era altro che il nero senza fondo della notte. Il rametto che aveva in mano iniziava ad avvampare. Fu tentato di lasciar salire le fiamme su, fino alle sue dita, per poter sentire qualcosa. Alla fine non aveva sfogato il suo, di fuoco, con nessuno.
Berry vuole solo proteggermi.
Quello si era ripetuto, e non aveva dormito. Erano partiti all’alba, e con loro era andato anche Fern. Ven li aveva salutati con distacco, si era chinato a sussurrare qualcosa a Hallton, uno dei suoi uomini, pelato e con una brutta cicatrice sulla guancia. Un’intera giornata di marcia immersi in un silenzio teso. Si erano fermati per la notte, lo spadaccino gli aveva dato da bere dalla sua fiaschetta. Berry lo evitava, lui e Larue giravano sempre assieme, confabulavano.
Portalo via.
Così aveva detto Ronac. Non voleva scappare, non voleva rimanere lì. Aveva detto a Fern che doveva parlargli e si erano dati appuntamento lì, lontani da tutti gli altri, nascosti nella boscaglia. Ma lo spadaccino tardava ad arrivare, e…
Un rametto si spezzò alle sue spalle.
«Pensieroso?» La voce di Fern gli diede la stessa sensazione di un coltello poggiato sulla pelle.
Si sedette di fronte a lui, lasciando che il fuoco gli disegnasse ombre profonde sul volto.
«Dov’eri finito?»
L’altro lo ignorò.
«Come sta Berry? È da quando siamo andati via da Ven che sembra si stia cagando sotto.»
L’alfnar gettò il rametto nel fuoco.
Berry ha iniziato a essere nervoso quando è arrivato.
«Come mai sei passato a trovarci?» Non riuscì a celare l’ostilità nella sua voce.
«Passavo.»
«Passavi. Certo. Ricordo che hai insistito tanto perché venissi qui, col circo. Per stare assieme, io, Cale e Berry. Ma tu non sei mai venuto, in un anno. Perché mi hai voluto qui?»
«Proprio ora inizi a chiedertelo?» Il solito sorriso sghembo apparve sul volto di Fern. «Sei un ragazzo sveglio. Secondo te perché?»
«Volevi che li spiassi? Che li tenessi d’occhio?»
«Io non te l’ho chiesto.»
«Ma io ero dalla tua parte, no? Dimmi, come mai tutti quanti ti guardano male? Cosa c’è sotto?»
«Dev’esserci per forza qualcosa? Non basta che parliamo io e te? Basta un annetto o due per farti dimenticare quello che è successo a Forge?»
Malekith vide tornare in un lampo tutto il sangue sulle mani, il dolore al petto, il corpo di Valadier a terra.
Portami a casa, Fern!
Un conato di vomito gli strisciò su per la gola. Si alzò, e l’uomo lo imitò.
«I-io non ho dimenticato.»
«Allora non usi il cervello. Perché pensi che Berry stia facendo così?»
«Lascia Berry fuori da questa storia» sibilò.
Gli si piazzò davanti, il viso a pochi centimetri dal suo. C’era qualcosa che lo pungolava nel tono di Fern. Qualcosa che non riusciva a definire, come se lo volesse far sentire in colpa.
«Ti scaldi molto quando si parla di lui, Malekith.»
«Tu tienilo fuori da questa cosa.»
«No, Malekith.» Il peso che dava al suo nome era strano, lo metteva in allarme. «Berry è importante.»
L’alfnar lo afferrò per il bavero della camicia. «Ho detto…»
La sua presa era più molle di quanto si aspettasse. Era come se non avesse la forza di chiudere le dita.
«Così importante,» lo spadaccino, al contrario, non si era neanche mosso, «da farti dimenticare. Da farti dubitare di me, che sono sempre stato al tuo fianco.»
Cosa sta…
Fern sembrava più massiccio. O forse era Malekith che era più piccolo.
«Da farti dimenticare di me.»
Papà, portami a casa!
«Da farti dimenticare chi sei.»
Le ombre gettate dal fuoco si allungavano sempre di più sul viso di Fern. Una strana luce fredda colorava il pizzetto di bianco, lasciando la pelle nera. Malekith si trovò abbrancato non più al suo colletto ma a una veste, come quando da bambino stringeva la tunica di suo…
Padre.
«Il circense. Il saltimbanco.» Re Dimas sputò quelle parole come insulti. «Il mio primogenito che si abbassa a fare il lanciatore di coltelli, che si scopa un ragazzo come un fottuto invertito.»
«Tu non—»
«Taci!»
La voce del re era uno schiocco di frusta. Si aggrappò alla veste per non cadere, ma non sentiva più le gambe.
«Continui a dubitare di me, Malekith. Ma io sono sempre stato accanto a te, da quando eri un codardo.»
Codardo.
La testa gli lanciò una fitta che gli percorse il corpo e lo costrinse ad aprire le mani. Precipitò giù, nel buio. C’era caldo lì, l’aria puzzava di cenere. Suo padre sorrise nello stesso modo in cui sorrideva Fern.
«E io sarò sempre con te.»
***
«Che cazzo…» biascicò.
Aveva la bocca impastata, l’odore di terra e di bruciato nelle narici. Sputò per terra. Al posto della testa gli pareva di avere un’incudine su cui avevano dato troppe martellate. Cercò di mettersi seduto, l’erba gli accarezzava la nuca. Ciondolò da un lato e finì prono, le braccia molli come gelatina. L’aria era pesante. Il lamento gli echeggiò nei timpani, gli arti gli formicolavano.
Dove cazzo sono?
Era una radura buia, illuminata da una tremula luce arancione che rendeva gli alberi solo sagome scure. Guardò su. Oltre le chiome, il cielo notturno era gonfio di fumo, venato di rosso scuro e porpora. Sprazzi di immagini gli riaffioravano alla memoria, tirandosene dietro altre, più confuse. Larue e Berry guardavano Fern. Fern si guardava alle spalle, ancora e ancora. Il circo montava il campo. Fern gli offriva da bere…
Si tirò in piedi. I muscoli avevano smesso di formicolargli, i ricordi tornavano sempre più veloci.
Cos’ho bevuto?
Barcollò in avanti e si appoggiò al tronco di un albero. Le fiamme, davanti a lui, stavano già divorando ogni cosa. Il suo cervello ci mise qualche attimo a far quadrare tutto, l’odore di bruciato, la luce, il fumo. Capì cosa stava guardando. Le tende e i carrozzoni bruciavano, un carro coperto era rovesciato. Le fiamme divoravano la copertura.
«No!» Mal si gettò avanti, le gambe rigide. «Berry!»
Si fiondò in mezzo al campo, girando attorno all’incendio più grosso. L’erba era umida, impediva alle fiamme di propagarsi.
«Berry!»
Mal urlò così forte che sentì delle stilettate in gola. Passò accanto a una tenda, di cui rimanevano solo brandelli neri. Tre corpi carbonizzati erano al centro di una rosa di stracci anneriti dalla fuliggine e stecche di legno bruciate. Uno era grosso la metà degli altri, di sicuro un klyn. Un altro stringeva al petto un liuto.
Dilly, Percy e Magdeleine.
I loro volti gli si piantarono dentro agli occhi. L’orchestrina dormiva sempre assieme.
«Berry!»
C’era un corpo, poco distante dall’incendio, riverso a terra con le braccia appoggiate sullo stomaco. L’erba attorno a lui era scura. La camicia mezza strappata rivelava la schiena, coperta dal tatuaggio di un grande fiore arabescato. Il cuore gli sprofondò nel petto.
«Berry!»
Non sta succedendo davvero.
Le gambe non ressero più. Gattonò fino al suo corpo e lo strinse per la spalla.
È ancora caldo!
Lo voltò, e l’inutile speranza che gli era guizzata nel petto svanì. Due buchi, al centro del torace, e un mare di sangue che inzuppava la camicia.
«Berry…»
Non uscì più che un sussurro dalle sue labbra, un verso gracchiante. Arrivarono le lacrime. Acido negli occhi, sulle guance, come se lo stessero scarnificando. Gli offuscarono la vista senza che potesse farci nulla.
No! Fatemelo vedere! Fatemelo vedere!
Si sfregò le palpebre con rabbia, ma era inutile. Non andavano via, continuavano a riempirgli gli occhi. Lo strinse forte a sé come la prima volta che si erano baciati.
Non andare via. Non andare via.
Pianse come aveva pianto lui. Urlò così forte che gli parve di avere un pugno di chiodi in gola.
«Malekith! Ragazzo!» Un grido roco. Non pareva nemmeno la voce di Fern. «Malekith!»
Lui! È stato lui!
Si voltò con un ringhio. Lo spadaccino era sporco di terra, fuliggine e sangue, aveva un taglio sulla tempia che gli arrossava mezza faccia. Il suo unico occhio cadde sul corpo di Berry.
«Oh, cazzo…»
«Tu.» La voce di Mal vacillò. «È colpa tua!»
«I-io… Mal, ci hanno presi di sorpresa.»
Fern tremava. Malekith guardò la spada, e fu più forte di lui. Fece un passo indietro.
«Non ti avvicinare.» Le parole gli si sbriciolarono in gola. «Non… ti…»
Le lacrime ripresero a scorticargli le guance.
«L’hai ucciso tu!»
Fern lasciò cadere la spada e alzò le mani.
«È colpa mia. Ho sbagliato. Pensavo che Venice… l’avrebbe usato per ucciderci.»
«Cosa?»
«I suoi uomini ci hanno attaccati. Mal, Venice è impazzito.»
L’alfnar scosse la testa, senza riuscire a dire niente.
«Berry era solo innamorato. Non voleva coinvolgerti.» Lo spadaccino si pulì una lacrima con la nocca. «È stata colpa mia.»
Mal gli si lanciò addosso.
Ti sono sempre stato vicino.
Lo strinse con tutta la forza che aveva, come faceva da bambino con suo padre.
«Dovevo portalo via…»
«Mi dispiace, non sono riuscito… pensavo stessero dalla sua parte. Volevo tirarti fuori da questa faccenda, ti ho drogato…» Fern non finì la frase.
Mal gli cacciò la testa contro la spalla.
«Portami a casa, papà. Ti prego.»
Lo spadaccino gli accarezzò i capelli.
«Malekith, io…» inspirò a fondo, «sono qui con te, ora risolviamo tutto. Fidati di me, ti prego.»
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