Autunno, 1243 A.D.
I non-morti di nebbia rimasero fermi, ma con le armi ancora in pugno. Fern era l’unico sopravvissuto della spedizione del re. I soldati avevano ancora le armi arrugginite degli spettri piantate nella carne, Planchet era riverso a terra, con due lame infilate sotto l’ascella destra, una sotto la sinistra e una lancia di traverso nel cranio. Il suo corpo ebbe un fremito, la gamba scattò a calciare l’aria. Tutti i non-morti si voltarono, assieme.
Kell benedetto…
Planchet si dimenò, facendo stridere la corazza contro il terreno. Il suo corpo produsse una serie di scrocchi umidi. Del liquido nero si allargò in una pozza sotto di lui, si agitò, strisciò sul cadavere come fosse vivo e si contorse nell’aria, allungando piccoli viticci d’inchiostro. Il liquido tornò dentro al corpo, di colpo, con un rumore di risucchio. Planchet si mise a sedere. Sul suo volto rozzo pulsavano vene scure. La sua pelle impallidiva a vista d’occhio, gli occhi erano due pozzi neri, liquidi. Gocciolarono ancora un po’ di quel liquido simile all’inchiostro. Malekith si coprì la bocca con una mano.
«N-non è possibile. Lui… lui…»
Uno dei non-morti si voltò e annusò l’aria. Dalla nebbia che aveva al posto del volto sbucavano i denti del teschio che stava sotto, bloccati in un sinistro sogghigno.
«È tornato dalle Ombre. Strano, di rado accade così in fretta.»
«Un’ombra di Kell…» sussurrò Malekith.
Planchet si alzò in piedi e aprì la bocca. Sussultò e vomitò ancora quella roba nera. Il non-morto ghignante rise.
«L’ombra di Kell più sfortunata della terra. Il suo vincolo è appena morto, mi sa.»
Malekith fece un passo verso Fern. L’uomo si stringeva la spalla ferita, ma la pietra sotto di lui era zuppa di sangue per i tagli al fianco e alla gamba.
Kell, non portarmelo via! Non lui, ti prego…
«Il suo vincolo?»
Planchet cadde carponi e vomitò ancora. La pelle della sua faccia si sfaldò e venne giù, come una nuvola di polvere, lasciando il suo teschio esposto. Nel setto nasale e negli occhi, il liquido nero ribolliva ma non cadeva, come se fosse appicciato dentro di lui. Il non-morto sogghignante indicò la scarpata con la testa dell’ascia.
«Un’ombra sorge quando Kell riconosce il suo odio, e la vincola alla persona che lo ha causato. Per questo vive l’ombra, per recidere il filo dell’Odio.»
«Ma se Trèville è morto…»
Il non-morto fece schioccare le ossa della mascella. «Quando il filo si recide, l’ombra non scompare. Solo, perde più in fretta quello che era prima che Kell la rimandasse indietro. Il sommo Odio lo teneva assieme, ma ora…»
«Ho capito.» Mal alzò le mani.
Si sentiva di nuovo debole, infreddolito. Lo stomaco non mordeva più, ma la scarica di energia del cristallo era finita.
«Voi… non siete più sotto controllo di Trèville?»
Alcuni dei non-morti si strinsero attorno a Planchet, si inginocchiarono e gli batterono le mani di nebbia sulle spalle. Quello con l’ascia si avvicinò a Malekith.
«La presa del mago ci ha lasciati. Il tuo sangue ci ha liberati, l’antico giuramento è spezzato.» Il suo sogghigno gli metteva i brividi. «I miei compagni, a valle, stanno uccidendo i soldati per rimpinguare le nostre fila. La Legione è libera.»
Mal indietreggiò verso Fern, il pugnale pronto a scattare avanti e colpire.
«Kell benedetto» sibilò.
«Tu, Malekith sangue di re, sei libero di andare. Il tuo amico…»
«No!»
L’alfnar estese il manico del pugnale e puntò la lancia contro il non-morto.
«Lui viene con me. Siete persone… esseri ragionevoli.» Sulle labbra gli sfuggì un sorrisetto uguale a quello di Fern. «Facciamo uno scambio.»
Gettò un’occhiata allo spadaccino. Le ferite alla spalla e alla gamba erano superficiali, ma quella al fianco no. Se la fasciava in fretta, però…
L’uomo gli gettò uno sguardo stanco, o forse confuso. Sorrise appena, come se gli costasse una gran fatica.
Non lascerò che lo prendano.
«Uno scambio?» Il non-morto si grattò la testa con l’ascia. L’acciaio raschiò sull’osso. «E cosa vuoi scambiare?»
«Una vita per una vita. Vi porterò un’altra persona. Potete prendere Planchet.»
L’altro rise.
«Lui è già nostro. La Legione colmerà i suoi vuoti, così che il suo spirito non si sgretoli. I ricordi che ha perso saranno sostituiti dai nostri. Consideralo già uno di noi.»
A Mal corse un brivido fin dentro alle ossa.
«Voi… volete farlo anche a—»
«L’idea è quella.»
Avrebbe voluto sbriciolare quel sogghigno a pugni, ma sapeva che sarebbe stato inutile. Non avrebbe permesso a quegli infami di toccare Fern.
«Vi porterò un’altra persona. E se non ci riuscirò per tempo…»
Esitò. Vide la gola di Fern squarciarsi, come aveva immaginato per tanti anni quella di suo padre che si apriva allo schiocco delle dita del Cremisi.
Non stavolta.
«Se non ci riuscirò, potrete prendere me.»
Il non-morto sghignazzò così forte che la nebbia che gli copriva le ossa tremolò.
«Chi è costui, per meritare una tale promessa?»
Mal guardò Fern dritto nell’occhio, in quell’occhio stanco e stupito al tempo stesso. Un occhio pieno di gratitudine. Era orgoglioso di lui. Tornò a fissare lo spirito.
«È mio padre.»
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