Estate, 1238 A.D.

 

Il sole del pomeriggio filtrava tra le foglie sopra la sua testa. Mal saltò di corsa un tronco d’albero crollato sul terreno. Le tracce di sangue, per terra, erano più copiose. Macchie più grandi, rosso più scuro. Era quasi finita. Mezzo acquattato per evitare i rami più bassi, balzò da un ammasso di radici a un avvallamento nel terreno, scavalcò un masso e proseguì sulla scia di sangue. Era tanto sudato che la camicia gli era diventata un tutt’uno con la schiena. L’arco gli scivolava nel palmo a ogni falcata. Dalla tempia, un rivoletto di sudore scese fino a infilarsi nella barba.

Eccolo. Il cervo era stramazzato accanto a una quercia enorme, più larga di Malekith. Il petto dell’animale non si muoveva, il capo era rivolto verso il tetto di foglie che li copriva. Sangue scuro colava dalla ferita, sopra la zampa anteriore. Un fruscio tra le piante, alla sua sinistra, e Shar emerse dal fogliame, l’arco in mano. Si voltò verso l’alfnar e gli fece un cenno con la testa. Andò vicino al cervo e gli si inginocchiò accanto.

«Bel tiro.»

«Ho preso il fegato. Il sangue è scuro.»

Le si mise di fianco e studiò la ferita. Si asciugò il sudore dalla fronte. Shar strappò la freccia dalla carcassa.

«Sì.»

Mal non riuscì a trattenere un sorrisetto.

«Sono migliorato.»

Il cielo divenne buio. Un vento caldo e forte, troppo forte, spazzò la foresta. Una sagoma titanica sfrecciò sopra le fronde del Bosque Doré. Ali larghe quanto uno squadrone di cavalleria dispiegato, coda che frustava l’aria. Il cuore di Malekith saltò un battito e gli balzò in gola. L’ombra proseguì verso est. Shar guardava le fronde con gli occhi sbarrati.

«Un drago…»

Lasciò andare l’arco e la freccia e si mise a correre. Mal perse tempo a boccheggiare, nel suo cervello si dibattevano cento pensieri assieme.

Un drago! Qui! Kell onnipotente…

«Ehi, ferma!»

Qualcosa nel suo grido trattenne la maga. Si voltò, gli occhi giallo oro che brillavano.

«Non posso lasciarlo andare.»

Non sapeva perché, ma era sicuro che lei l’avrebbe detto. L’aveva detto anche l’altra volta.

«È un suicidio.»

«No, è la mia occasione.» Lei fece qualche passo verso di lui, un sorriso estatico sulle labbra. «Forse… forse mi parlerà. Io non posso, non posso perdere… devo andare.»

Gli tese una mano, ma Malekith restò fermo.

Vuoi rischiare la vita per lei?

Shar attese un istante, uno solo. Non le si poteva chiedere di più. Si voltò e corse anche lei verso est, lasciando l’alfnar da solo a occuparsi di quella che, fino a un minuto prima, avrebbe dovuto essere la cena.

 

***

 

Shar aveva sempre avuto l’incredibile capacità di trovare caverne accoglienti. Quella in cui si erano sistemati aveva il soffitto alto e il pavimento piatto, era pulita e con il loro giaciglio lì, vicino al fuoco, non era nemmeno fredda.

Resta sempre una caverna di merda.

Mal lanciò un osso di cervo nelle fiamme. Era tutta la settimana che cercava di intagliarne uno, ma il migliore che aveva prodotto sembrava solo una costola rosicchiata, non una scultura. La carne era quasi finita. Se ci fosse stata anche Shar si sarebbero portati dietro l’intera maledetta carcassa.

Sono stufo di mangiare carne di cervo.

Fosse stato stufo solo di quello, si sarebbe cacciato una lepre. Sbuffò dalle narici e allungò le mani verso il fuoco che riscaldava l’ingresso della grotta. Il motivo per cui era rimasto in quel posto era uno soltanto, e fece capolino all’imboccatura della caverna. Si era sempre stupito di come, nonostante la stazza, Shar avesse il passo felpato di un gatto, quando voleva.

«Sei tornata.»

Lei lo salutò con un movimento del capo. Gli ci erano voluti sei mesi per distinguere i cenni gentili dagli altri. La maga teneva gli occhi bassi, il suo corpo nudo grondava acqua. Doveva essersi lavata al fiume. I calzoni e la camicia li teneva in una mano, l’arco nell’altra. Gettò tutto accanto al giaciglio, evitando lo sguardo di Malekith. Lui lasciò il coltello che usava per intagliare vicino al fuoco e si alzò.

«Non l’hai trovato?»

Ovvio che non l’ha trovato, o non sarebbe tornata.

«Non voglio parlare.»

Era difficile distinguere la tristezza in quella voce così roca, ma Mal aveva imparato a fare anche quello. Una specie di brivido caldo gli partì dalla base della nuca e gli scese lungo il collo. Come poteva una creatura con tutto quel potere essere triste? Lui non riusciva a capacitarsene. Le sfiorò una spalla. La sua pelle era rovente, come se bruciasse d’energia. Per un momento, l’alfnar sentì di nuovo le farfalle nello stomaco. Shar si strizzò i capelli e gli prese la mano, intrecciò le dita alle sue. Lo baciò come faceva sempre, quasi con rabbia. Premette le labbra sulle sue, gli ficcò la lingua in bocca. Sapeva di salato, di carne e di qualcosa di metallico. Sangue, forse. Il corpo di Malekith reagì come reagiva sempre. L’erezione premette contro il cavallo dei calzoni.

Le prime volte era Shar a stare sopra, ma adesso lui aveva tanti muscoli quanto lei, e, se non aveva comunque la sua forza, a Shar doveva piacere lasciarlo vincere. Si svestì con una mano e con l’altra la spinse sulle coperte messe sopra al pagliericcio. Si sputò sulla mano e la passò sul membro, lo appoggiò alle sue grandi labbra ed entrò. Come lui si era abituato a lei, lo stesso valeva al contrario. Shar gemette appena. Mal le strinse un seno e iniziò con gli affondi. L’acqua che c’era sul corpo della maga mutò presto in sudore. Lei lo baciò ancora e ancora, alternando i rantoli di piacere a qualche sussurro tanto basso che Mal non riuscì a comprendere. D’improvviso, lo prese e lo ribaltò, facendogli pestare il gomito sulla roccia, e si mise a cavalcarlo. Nei suoi occhi socchiusi c’era una luce strana. Divenne più intensa, tanto da filtrare sotto alle palpebre. Le ombre della caverna si fecero più buie, come se il fuoco non bastasse più a scacciarle.

«C-com’è scoparsi un drago?» ringhiò lei.

«Cosa?»

Gli afferrò la mascella così forte che Mal credette che gliel’avrebbe sbriciolata, ma non smise di fare su e giù coi fianchi.

«Com’è scoparsi un drago?»

Era rovente, una fornace umana.

All’alfnar tremò la voce. «È… è divino! Te lo giuro.»

«Cosa sono io? Cosa sono?»

«U-un drago. Sei un drago, il mio drago. Il mio…»

Shar rovesciò gli occhi all’indietro, le gambe ebbero uno spasmo e tremarono. Si contrasse attorno al suo membro, diede un altro colpo e Malekith le venne dentro. La maga gli crollò addosso. Tremava, non la smetteva di tremare. Si strinse al suo petto e ci premette il volto contro. Mal rimase immobile, congelato. Shar fu scossa da un tremito, come un singhiozzo. Lui la abbracciò, ma non disse nulla. La mascella gli faceva ancora male, sentiva ancora le sue dita, dure come l’acciaio, spremere la carne. Il suo pene scivolò fuori e Shar continuò a piangere e a stringerlo come se fosse l’unica cosa che aveva al mondo.

E Mal non osò farla smettere.