Un fischiettio melodioso gli fece aprire gli occhi.

«Ehi, di casa?» La voce di Fern rimbalzò sulle pareti della caverna.

Shar mugugnò qualcosa, tossì. Aveva ancora gli occhi un poco arrossati. «Fern?»

«Proprio io, madamigella.»

Gli occhi della maga si accesero di un luccichio iracondo. Malekith si affrettò a posarle una mano sulla spalla.

«Tranquilla, ci parlo io.»

Si infilò i calzoni e prese la camicia sporca di terra. Si affacciò sull’imboccatura della grotta.

«È un piacere rivederti, Fern.»

Lo spadaccino ridacchiò.

«Chi sei tu, energumeno? Cos’hai fatto al vecchio Malekith?»

Finse di tirargli un pugno al ventre e rise di nuovo.

«Ah, ragazzo, sei un piacere per quest’occhio stanco. E Shar?»

Mal non poté ignorare il tono malizioso con cui aveva pronunciato il suo nome.

«Lei…»

La maga emerse dalla caverna, ancora nuda.

«Fern.»

L’occhio buono dello spadaccino divenne stretto come una lama.

«Ragazza mia, vuoi proprio che questo vecchio infranga il suo voto di castità?»

Lei non rise alla battuta.

«Cosa ci fai qui?»

«Devo fare due chiacchiere con il nostro bel ragazzo, qui.»

Mal si schiarì la voce.

«Quello che vuoi dirmi, me lo puoi dire davanti a lei.»

Lui si strinse nelle spalle. Il suo sguardo tagliente incrociò quello dell’alfnar.

«Voleva essere un dialogo a due, sai? Da Ferny Fern a Mal Malekith.»

Un brivido gli corse attraverso la schiena, fin dentro le ossa.

Lui sa.

Era come andare a fuoco e congelare nello stesso momento. Non riusciva a muoversi, a spiccicare parola. La mascella era contratta come quando Shar l’aveva serrata tra le dita. Fu lei a spezzare il silenzio.

«Vedo che è importante. Vai con lui.»

Rientrò nella caverna senza degnarli di uno sguardo, lasciando Malekith da solo con Fern.

 

***

 

Nella radura riecheggiava il frinire delle cicale. Fern fece un lento applauso carico di ironia.

«Mal Malekith Callidras Kitessar secondo. Complimenti, ragazzo, me l’avevi fatta.»

«Come l’hai scoperto?»

Tutto quanto in Fernar non lasciava trasparire la benché minima minaccia. Stava seduto nell’erba, la schiena appoggiata al tronco di un albero e le mani dietro la nuca, immerse nei capelli grigio scuro.

«Se l’ha intuito Ven, perché non avrei potuto farlo io?»

«Lo sa anche Venice?»

Il cuore di Mal precipitò nel vuoto. Fern arrestò la sua caduta con un cenno di diniego

«Non credo. Il buon Ven non ha indagato.» Fece spallucce. «Io sì, però.»

Kell onnipotente, sono fottuto.

La sensazione che qualcuno sapesse chi fosse per davvero era inquietante e liberatoria allo stesso tempo. Fern era suo amico, perché avrebbe dovuto rivelare il suo segreto? La risposta, ovvia, gli trafisse il cervello come una freccia.

Soldi.

Tutti fanno tutto per soldi. Suo zio si era venduto al Cremisi ed era costato la vita a suo padre. Strinse i denti tanto forte che le gengive gli lanciarono una fitta.

«Lo so cosa stai facendo.» La voce di Fern era piatta. «Ti chiedi quando usciranno le guardie con le balestre cariche. Magari ti chiedi da dove.»

Quasi senza volerlo, l’occhio dello spadaccino sbirciò per un attimo oltre il fianco dell’alfnar. Mal si voltò di scatto, pronto a tuffarsi di lato, ma non c’era niente. Alle sue spalle esplose una risata.

«Dovresti vedere la tua faccia!»

«Ma cosa cazzo…»

Si voltò, i pugni serrati. Fern si era alzato, ma non avrebbe sfoderato la spada in tempo se gli si fosse gettato addosso.

«Oh, ragazzo mio. Dovrei sentirmi insultato, sai? Molto insultato.»

Mal fece un passo verso di lui.

«Si può sapere a che gioco stai giocando?»

Fern indietreggiò e alzò le mani.

«Ehi, ehi, calma. Davvero pensavi che fossi qui per venderti?»

Mal si gettò uno sguardo attorno per essere sicuro. Aveva attraversato la radura alcune centinaia di volte negli ultimi mesi. A parte le cicale, non c’era nessun rumore.

«Non si è mai troppo prudenti.»

«Ecco, questa sì che è una bella frase da tenere a mente. Specie quando vieni a petto nudo, da solo e disarmato in una radura.»

Vero. Bella idea di merda.

Fern sfoderò il suo sorriso sghembo e scosse il capo.

«Ah, perdona le burle di questo vecchio, ragazzo mio.»

«Sei venuto per prendermi in giro?»

Dalla bocca di Fern svanì il sorriso, il sopracciglio si abbassò e diede al suo sguardo una sfumatura grave.

«C’è un lavoro.»

«Un lavoro come l’ultima volta? O come ad Alavir?»

«Peggio. Infinitamente peggio.»

«Oh, santo Kell. Come fa a essere peggio di…»

«Devo ammazzare Jules Valadier.»

Porco Kell.

L’alfnar boccheggiò, come se gli avessero tirato un cazzotto alla bocca dello stomaco.

«V-Valadier?»

«Valadier. San Valadier.»

«Dimmi che scherzi.»

No, non scherzava, e non c’era bisogno di altre parole per capirlo. Non aveva mai visto Fern così serio. L’uomo parlò lentamente, scandendo bene le parole.

«Secondo te, io mi faccio due giorni di marcia nel Bosque Doré per uno scherzo?» Abbassò lo sguardo e si mordicchiò l’angolo del labbro. «Cercavo… cercavo solo di addolcire la cosa. Che idea di merda, lo so.»

«No! L’idea di merda è ammazzare Valadier, porca puttana!»

Si cacciò le mani nei capelli.

Non è possibile. No, no, non può essere.

«Valadier è un santo vivente, Fern.»

«Già.»

«E allora perché cazzo vuoi ucciderlo?»

«Non è che voglio. Re Levon vuole.»

Malekith indietreggiò.

«R-re Levon vuole morto Valadier?»

«È quello che ho detto.» Fern si avvicinò di un passo, le mani dietro la schiena. «Vuoi sapere come ho scoperto chi sei? Perché sono venuto in questo bosco del cazzo a rischiare di farmi incenerire dalla tua donna?»

Non ebbe il coraggio di rispondere.

«Re Levon ha i migliori occhi e le migliori orecchie di tutti i Regni Giovani, e sono sparsi per tutto il Gardaire e anche fuori. Lui li chiama servizi segreti. I segreti sono il nostro mestiere, specie quelli degli altri.»

Era una sua impressione o il tono di Fern era più secco, adesso? Aveva perso tutta l’impostazione e la calma che usava di solito, erano rimaste solo parole affilate. Lo spadaccino fece schioccare la lingua.

«Tutti questi segreti, quelli annotati, vengono messi in un posto speciale. Una camera. È lì che si trova la voce che sa chi sei, Malekith. O meglio, è lì che si trovava, prima che Valadier ci entrasse.»

«L-lui l’ha… presa?»

«Per quanto si possa prendere una voce, sì. Assieme ad altre cose.»

«M-ma questo cosa c’entra con—»

«Indovina qual è stata la prima direzione che ha preso, con la sua truppa di fanatici che gli copriva le spalle?»

Mal lo sapeva anche troppo bene. Dove puoi andare, quando sai dov’è finito il più ricercato di Espya?

«A casa mia.»

«Esatto.» Fern allungò una mano, come per dargli una pacca sulla spalla, ma si fermò a mezz’aria. «Mi dispiace, ragazzo.»

Valadier era stato canonizzato a Espya, sul palco d’onore. Era stato zio Varran a invitarlo, avevano fatto le scuole militari assieme. Il giorno della cerimonia, Mal era accanto a suo padre, in prima fila a vedere quel giovane biondo che si inchinava davanti alla folla, tutto armatura lucente e sguardo commosso.

Io sono dove sono per servire voi.

Così aveva detto Valadier. Gli occhi umidi di lacrime e il sorriso più soave del mondo. Aveva accolto l’ovazione della folla con il capo chino. Per un momento, aveva guardato il piccolo, emozionato Malekith. Aveva fatto un cenno col capo, come a dirgli “ci arriverai anche tu”. La realtà gli tornò addosso tutta in un colpo.

«No. Non può essere. Lui sta andando da zio Varran a spiegare tutto.»

Ma zio Varran non c’è più, stupido idiota.

«Davvero?» Fern inarcò il sopracciglio. «Malekith, so che è il tuo eroe. È l’eroe di tutti, ma è un soldato. Conosco gente che si è ritrovata dall’altra parte, e—»

«Valadier è un santo!»

Malekith lo afferrò per il bavero della camicia, i suoi muscoli si riempirono di rabbia nel sollevarlo sulla punta dei piedi.

Valadier era l’unico umano che papà avesse mai considerato degno di essermi d’esempio.

Fern annuì piano.

«Lo so. Sono venuto per avvisarti. Le ricerche di tuo zio si erano interrotte perché eri sparito. Probabilmente pensava fossi morto. Ma così…»

«Taci. Tu volevi che ti aiutassi.»

«Sì. Mi hai sorpreso, e non è da tutti.»

La sua voce pareva proprio quella del padre di Malekith. Le braccia dell’alfnar furono attraversate come da una scossa, un brivido che gli fece perdere forza nei muscoli. Lo lasciò andare.

«So che ti chiedo molto. Ma so anche che sei intelligente, ragazzo. Di’, ti fidi abbastanza del tuo eroe da rischiare di farlo arrivare da tuo zio?»

 

***

 

Shar si era rivestita, stava allacciando la faretra alla cinta. L’arco era già incordato, appoggiato alla parete.

«Shar, devo andare con Fern.»

Per un momento, ebbe paura che gli avrebbe di nuovo afferrato il volto, e che non avrebbe smesso di stringere. La maga si limitò a guardarlo fisso negli occhi, avvicinandosi a piccoli passi.

«Perché?» La sua voce era un sussurro.

Perché sono un principe in esilio? Perché se mi scoprono sarò morto e sepolto?

«Non… io non posso.»

Perché mi sono rotto le palle di stare in questa caverna?

Deglutì.

«Shar, devo andare. Subito. Vorrei poterti spiegare tutto.»

Mal le prese un braccio, sentì il muscolo contrarsi sotto la pelle.

Dovrei amarla.

Glielo diceva il modo in cui lei lo stringeva dopo che facevano l’amore, il modo in cui piangeva senza farsi vedere. La donna si liberò dalla sua presa e lo spinse di lato.

«Vai.» Gli lasciò tra le mani il pugnale nero. «Sai dove trovarmi, Mal.»

«Tornerò presto, prestissimo. Te lo prometto, Shar, non ti lascerò sola.»

Quelle parole gli sembrarono vuote. Malekith allungò la mano per accarezzarle il viso, ma lei indietreggiò. Aprì la bocca ma non parlò, come se non ci riuscisse. La richiuse, sospirò.

«Non farti ammazzare.»

Lei gli rivolse uno dei suoi rari sorrisi maldestri. Anche questa volta, era un sorriso triste.