Fern si presentò che il sole stava già iniziando a calare. C’era una donna con lui, tozza e muscolosa, la pelle scura come il legno solcata da incisioni bianche.
«Ragazzi, vi presento Dibe.»
Lei non salutò. Teneva le grosse labbra arricciate, gli occhi grigi saettavano da uno all’altro dei tre. Mal si alzò e fece per stringerle la mano.
«Piacere.»
Lei la guardò come si guarda una vipera. Si passò le dita nella cresta di capelli che svettava al centro del cranio rasato e gliela strinse. Shar stringeva più forte, ma questa Predisposta sapeva il fatto suo. Gli altri li imitarono e si risedettero, ma Fern scosse la testa.
«Basta scaldare le seggiole. Abbiamo un incontro.»
A Malekith la cosa piaceva sempre meno. Era venuto ad ammazzare il suo eroe, non pensava che si potesse fare peggio di così.
«Un incontro? E con chi?»
Lo spadaccino abbassò la voce.
«Se te lo dico qui dentro, ci arresteranno nel giro di un minuto.»
Lo seguirono fuori e per le vie di Forge, strette da alti muri di pietra scura. La città, la sera, brulicava ancora come un formicaio. I fuochi venivano accesi nelle piazze, i lanternini avevano già iniziato il loro giro. Man mano che si inoltravano tra baracche di legno ed edifici più solidi, però, c’era sempre meno gente e sempre più silenzio.
«Ci vuoi dire dove cazzo stiamo andando?» sibilò Malekith.
«Sai che amo la sincerità, ma se te lo dicessi temo che non vorresti venirci.»
Dibe sbuffò, secca.
«Stiamo andando nei quartieri grigi.»
Mal, Cale e Berry si fermarono. Il mezzo-morag alzò entrambe le mani.
«Calma. Cosa stiamo andando a fare nei—»
«A incontrare gli Spettri di Pietra» ringhiò la donna.
L’altro rimase interdetto, boccheggiò senza riuscire a spiccicare parola. Fern sfoderò il suo sorriso a mo’ di scusa.
«Vi avevo detto che—»
«No, cazzo!» Mal serrò i pugni. «Non ci avevi detto proprio niente.»
Cercò l’appoggio di Cale, ma il cassadoriano era rimasto un po’ indietro, lo sguardo basso seminascosto dai capelli. Fern si fece serio.
«La situazione non piace nemmeno a me, e lo sai.»
Dibe si piantò davanti all’alfnar a gambe larghe. Anche se era quasi una testa meno di lui, aveva l’aria di volerlo prendere a pugni.
«Pensavi che noi cinque potessimo farlo fuori? Ci servono gli Spettri, bamboccio.»
Mal si accarezzò il mento, rasato di fresco, e digrignò i denti. Aveva le braccia in fiamme, aspettava solo il momento giusto per scaricare quella rabbia in faccia a qualcuno. Ma gli occhi di Dibe ne contenevano parecchia, di rabbia, forse più della sua.
«Hai preso il tuo gravoso compito molto a cuore, vedo.»
«Non è gravoso per un cazzo. Io voglio vederlo morire, quel verme.»
Mal le andò vicino, i volti a meno di un palmo.
«Perché? Che segreto ti ha—»
«Ha ucciso mio fratello.»
Quella frase le spense ogni scintilla d’ira che aveva nello sguardo. Il labbro le tremò e se lo morse. Mal non riuscì a replicare.
Avrà avuto una buona ragione.
C’era qualcosa, però, nella voce di Dibe, che gli impedì di dire quella frase. Lei voltò le spalle e riprese a camminare.
***
C’era un piccolo individuo, al centro della piazza deserta. Case vuote li circondavano, silenziose. Il klyn, avvolto in un mantello nero, stava mangiando una mela seduto sul bordo di una fontana asciutta. Ci buttò dentro il torsolo e si rimise in piedi con un balzello.
«Ben arrivati.»
La sua voce gracidante si intonava alla perfezione con la sua faccia da rospo. Una faccia che Mal aveva già visto. Una fitta di dolore gli attraversò la coscia nel punto esatto in cui quel klyn aveva affondato la sua lama due anni prima, a casa di Jeno Dreke.
«Tu!»
Negli occhi lattei del piccolo individuo non passò nulla, nemmeno un’emozione.
«Fern.»
Lo spadaccino esibì il suo sorriso più strafottente.
«È un piacere anche per me, Bazachel.»
«Così ora sei tu ad aver bisogno di me.»
«Direi che la morte di Valadier gioverebbe a entrambi, Bazzy. Forza, sentiamo il piano. Spero sia meglio dell’ultimo.»
«Fermi un cazzo di momento!» Mal si dovette trattenere dallo sfoderare la spada. Berry, accanto a lui, aveva già la mano argentata sull’elsa.
«Fern, tu lo conosci?»
Lo spadaccino gli scoccò un’occhiata, come a dire “non è colpa mia”.
«Oh, io e Fern ci conosciamo da prima di Alavir, giovane morag. Mi spiace per la mano, davvero.» Il Klyn trotterellò verso di lui, ma guardò Malekith. «Come va la tua gamba?»
«Vaffanculo, ecco come va.»
Dibe fece un passo avanti e strinse l’impugnatura della spada lunga.
«La finite con queste cazzate?»
Fern fece un gesto con la mano per indicare di star calma. La donna annuì controvoglia. Bazachel non arrivava nemmeno ai pettorali dell’alfnar. Ciò nonostante, Mal dovette imporsi di non indietreggiare, e controllare la paura di sentire ancora il suo acciaio mordergli la carne. Il klyn squadrò sia lui che Berry, gli occhi socchiusi.
«Non vorrei ci fossero rancori tra noi. Ricordo che anche voi avete cercato di ammazzarmi. E poi ero molto sorpreso. Credevo che Ferny fosse morto, al tempo.»
«Io pensavo lo fossi tu, Bazzy.»
Bazachel sorrise. Le sue labbra erano tanto pallide che la bocca sembrava un taglio nella cera.
«E la storia della benda, Fern? Vogliamo—»
«Stai zitto.»
Il tono dello spadaccino mutò di colpo, aggiungendo al fare strafottente una minaccia appena velata. Dibe li interruppe.
«Parliamo del piano.»
«Il piano.» Bazachel perse il suo sorriso. «Credo sia troppo lusinghiero chiamarlo così. È semplicissimo. Valadier e la Ronda della Pira faranno la loro incursione dopodomani notte, al margine ovest dei quartieri grigi, il vecchio distretto dei filatori.» I suoi occhi privi di pupilla si spostarono su ciascuno di loro. «Che è un labirinto. Nessuno lo conosce meglio di noi, sarà facile dividerli. Entrerete in scena voi e agirete. Valadier sarà da solo, lo attaccherete tutti assieme e…»
Cale scostò Malekith e Berry con uno spintone e si piazzò davanti al klyn.
«Tutto qui?»
La sua voce bruciava di rabbia, come se si stesse trattenendo per non urlare. Tremava, i pugni stretti così forte che la pelle dei guanti scricchiolava. Mal temette che potesse sguainare la spada e spaccare in due Bazachel con un solo colpo.
«Hai idea di chi stiamo andando ad affrontare? Valadier ha combattuto su decine di fronti, ha sconfitto nemici leggendari. In duello ha steso cinque avversari da solo.»
Il klyn non perse la sua calma da rospo gracidante.
«Noi siamo in sei.»
«Che armi userà? Avrà il Maglio della Pira, visto che la Ronda lo accompagna? Indosserà la sua armatura? Lo sai cosa cazzo può fare quell’armatura? Eh?»
Bazachel inclinò un poco la testa.
«A proposito di armi, ragazzo, bella spada. Dove l’hai presa?»
Cale si bloccò. La luce tenue del tramonto faceva apparire il suo viso sbattuto, solcato da pesanti rughe.
Parlava come avrei parlato io di Valadier.
Malekith fece un passo avanti.
«Lascia stare la spada. Cale ha ragione, il piano è una merda.»
«Il piano è quello giusto. Mi domando se siete voi quelli adatti.» Spostò gli occhi su Fern. «Non mi pare che vogliano uccidere Valadier.»
Cale abbassò di nuovo il capo, ma la voce gli uscì in un ringhio.
«No, non vogliamo. Dobbiamo.»
Fern annuì.
«Dobbiamo. Ti deve bastare questo, Bazachel.»
Lo spadaccino era di ghiaccio. La sua espressione era rimasta immutata sotto quel suo sorrisetto, ma il tono era stanco, Mal non l’aveva mai sentito così stanco.
Non c’è spazio per le mie cazzate sentimentali in questa storia. Non c’è spazio per i miei errori.
Quella voce stanca era la stessa di suo padre. Il volto di Lize gli apparve davanti agli occhi ed esplose.
Colpa mia.
La gola di Stan si aprì e vomitò sangue.
Colpa mia.
Sarebbe potuto succedere a Cale, o a Berry, o anche a Fern.
Malekith! Aiutaci!
Il gracidio di Bazachel lo riportò alla realtà.
«Garantisci tu, Fern?»
«Sì.»
«Ecco, vedi perché non mi fido?» Il klyn avanzò verso Cale. «Ho bisogno di garanzie vere. Fammi parlare con questo giovane scettico, e vediamo…»
Il cassadoriano indietreggiò, la mano sulla spada, ma non per estrarla. Era come se non volesse che Bazachel la vedesse. Gli occhi azzurri di Cale cercavano aiuto. Mal si mise in mezzo tra lui e il klyn.
«Io sono molto più scettico di lui.» Si chinò su Bazachel per guardarlo dritto in faccia. «Parla con me.»
L’altro sollevò un sopracciglio.
«Sei davvero sicuro, ragazzo? Potrei rovinare la bella idea che hai di Valadier nella tua testolina.»
No, non era sicuro per niente. Ma forse era meglio così, forse se avesse avuto davvero un motivo per odiare Valadier, come Dibe, forse…
Devo ancora tornare a casa.
«Sono sicuro.»
Il sorriso di Bazachel gli fece correre un brivido dentro le ossa.
«Seguimi, allora. I tuoi amici possono aspettare qui, con i miei amici.»
Schioccò le dita, e le ombre che ammantavano le case deserte si contrassero. Il sole era tramontato, rimaneva solo un fioco alone di luce rosata. Dagli usci, dalle finestre, dai balconi, emersero almeno una dozzina, anche più, di persone. Tutti vestite di scuro, alte, basse, umani, morag, klyn, stadnalv. Tutti armati. Malekith lo seguì con la sensazione di avere una lama puntata alla gola.
***
Bazachel lo condusse su per una scalinata che portava a una vecchia cisterna, nel cuore dei quartieri grigi. Aveva dato a Malekith una lanterna, ma pareva che per il klyn il buio non fosse un problema. Passarono sotto un’arcata e il buio dell’edificio li avvolse.
«Di qua.»
Bazachel indicò una larga scala a chiocciola scavata nel pavimento, che scendeva nell’oscurità. Lo precedette e iniziò a scendere.
«Malekith, giusto?» gracidò. «Sai, da quando Fern ha detto che ci saresti stato anche tu, continui a tornarmi in mente. Mi chiedo come mai.»
«Il mio acciaio ti è piaciuto così tanto, nanerottolo?»
«Non sei bravo a fare come Fern. Si vede che sei sotto pressione. C’è una grande contraddizione in te.»
Una vampata di calore lambì il viso di Mal. La luce della lanterna pareva sempre più fioca rispetto a quel buio.
«Contraddizione? È per questo che stiamo facendo questa passeggiata? Sentivi la contraddizione anche dentro Cale?»
«Precisamente. Sai, non siamo i primi Spettri di Pietra. Quello è un nome che hanno usato in molti per mascherare le più varie attività. In molti si rivolgono a noi. Anche Valadier.»
L’alfnar stette zitto e non gli diede corda.
«Non è facile diventare Santo se sei ancora vivo. Quelli che ci sono riusciti si contano sulle dita di due mani. Mordgaine, Mors, Ostrit, Calat… se ti dicessi che Calat e Valadier hanno più in comune di quanto non appaia, non mi crederesti.»
«Il tuo piano è convincermi a suon di chiacchiere? Puoi risparmiartelo, ho già un motivo per—» Si morse la lingua, il suo tono da spaccone svanì nel nulla. «Per ucciderlo.»
«Non è un motivo abbastanza forte. O almeno, la mia preoccupazione è quella. Se ti dicessi che Valadier si è affidato a un gruppo di eretici per far piazza pulita dei ranghi alti della chiesa, e che l’incursione di domani notte serve a tapparci la bocca? Sempre chiacchiere, lo so.»
«Eretici?»
Questo spiega come abbia fatto a evitare i colpi di Venice da Dreke, e anche il trucco della piazza di poco fa.
Non era esperto di correnti ereticali, ma di sicuro plasmare le ombre era una delle arti proibite dalla Pira.
Arrivarono in fondo alla scala. Attorno a lui il buio era tanto denso che la lanterna gli illuminava a malapena la mano con cui la reggeva.
Sei un coglione.
Bazachel non c’era più, inghiottito dal buio.
«C-che cosa vuoi…»
«Ecco. Questa è una voce più veritiera per una persona piena di contraddizione come te.»
La voce del klyn arrivava da tutte le parti, come se fosse il buio stesso.
«Gli Spettri di Pietra sono qualcosa che ciascuno di noi si porta dietro. Pesano solo su di noi, e sono come questa città. Indistruttibili, immutabili.»
«Dove sei?»
Nessuna risposta. Mal agitò la lanterna, ma era inutile. Era come una lucciola nella notte.
«Perché siamo qui?»
«Perché nel buio c’è solo ciò che uno porta con sé.»
Un soffio alla sua destra. Non uno spiffero d’aria, un soffio. La luce si spense.
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