Buio.

Fece un passo indietro per tornare sulla scala, per tornare su, ma il suo piede incontrò il vuoto. Barcollò, agitando le braccia. A tentoni cercò il marmo dei gradini. Niente.

Bazachel!

Nessuna voce uscì dalle sue labbra. Il silenzio era così pesante da cancellare qualunque altro suono. Pestò a terra, ma niente, nemmeno un rumore. Si diede uno schiaffo in faccia, lo caricò forte per fare più rumore possibile, ma non arrivò mai. Non aveva più né mani, né faccia. Era come stare immersi in un liquido nero, nell’inchiostro, resi sordi dal silenzio. Un silenzio tale che non poteva più farla tacere, quella voce. La sua voce.

Chi sei, Malekith?

Chi sei?

Malekith?

                                                                                      Codardo!

                                                                                                                                                                  Chi sei?

Malekith! Aiutaci!

Le voci galleggiavano attorno a lui. Erano tutte parte dello stesso buio.

                                               Chi sei? Un principe o un codardo?

Il cervello di Astrid colava sul pavimento di pietra.

                              Sei mio figlio! Malekith, il principe lucente!

Non ti abbandono, Mal.

Gli occhi di Stan pieni di lacrime. Le loro labbra che si avvicinavano. Il suo viso deformato da una smorfia di rabbia, la bava alla bocca.

Mi hai ucciso.

Il suo collo reciso che fiottava sangue.

Il volto di suo padre apparve. No, non era suo padre. Era più giovane, assomigliava a Malekith, ma con la barba di suo padre.

«Hai lasciato morire i tuoi amici. Sei scappato da codardo, hai abbandonato tutto. E ora vuoi uccidere un eroe. Un uomo che anche re Dimas ammirava.»

«No!» Sentiva la sua stessa voce distante, molto più distante di quella dell’altro. «No, io non voglio…»

«Non vuoi sporcarti le mani. Non sei pronto a uccidere, nemmeno per rendere orgoglioso tuo padre. Sei un codardo.»

«Smettila!»

L’urlo gli riverberò dentro.

«Come posso? Come posso essere me stesso se sono un codardo?»

Le sue mani ripresero forma, afferrarono la gola dell’altro. Strinse, strinse con tutta la forza che aveva, ma era a lui che mancava il fiato.

«Chi sono io? Cosa devo fare? Cosa devo fare?»

 

***

 

«Cosa devo fare, padre?»

Re Dimas si chinò verso di lui e gli porse il pugnale cerimoniale.

«Tieni. Glielo porterai tu.»

La folla, sotto al palco d’onore, scandiva un solo nome.

«San Valadier! San Valadier! San Valadier!»

Jules Valadier, l’armatura laccata di rosso e oro, chinò il capo biondo e congiunse le mani in preghiera. Aprì un occhio e vide il piccolo alfnar che lo guardava. Il cuore di Malekith aumentò i battiti.

«Quel Valadier» mormorò suo padre, accanto a lui. «Mio fratello sarebbe stato onorato di stringergli la mano.»

Il santo sorrise al bambino. Un sorriso gentile, che ne fece sbocciare uno uguale sul volto di Malekith. Valadier accennò alla folla con gli occhi, come a dirgli “un giorno applaudiranno te”. E Mal seppe di voler essere come lui. Zio Varran si avvicinò con un gran sorriso.

«Jules, amico mio! Dovevi dirmi qualcosa?»

Uno scintillio rosso negli occhi di suo zio. Un sorriso da iena che non era il suo. Lo stomaco di Malekith precipitò, la sua piccola manina si trovò a stringere il pugnale. Valadier si accostò all’orecchio di Varran.

Non glielo dire! Non glielo dire!

«Non dirgli chi sono!»

Mal si lanciò avanti e affondò il coltello.

 

***

 

Cadde in ginocchio, l’impatto col pavimento gli lanciò una saetta di dolore nella carne.

«Tu, ragazzo, te ne porti dietro parecchi, di spettri di pietra» gracidò una voce.

La lanterna si riaccese in mano al klyn. Mal cercò di afferrarlo, ma lo mancò.

«Cos’hai visto?»

«Cos’avrei dovuto vedere?»

«Dimmelo!»

Bazachel evitò un altro goffo tentativo di Malekith di agguantarlo. L’alfnar incespicò e cadde a terra, ma si rialzò subito.

«Li hai visti? Li hai visti?»

«Visto chi?» Il klyn fece spallucce. «Non sono un mago, ragazzo. Io leggo nel cuore della gente, non nel cervello.»

Lui strinse l’impugnatura della sciabola.

«Che cosa sei?»

«Meglio che tu non lo sappia. Ora vattene.»

Gli porse la lanterna.

«Andarmene?»

«Sì. Questo è un luogo sacro, è peccato accendere una luce qui. Devo fare penitenza.»

Mal prese il gancio del lume. Le ombre erano ancora dense, ma meno di prima. La scala era proprio lì, accanto a lui.

«E… e Cale?»

«Il cassadoriano ha una spada interessante e uno sguardo molto simile al tuo, quando si parla di Valadier.» Bazachel si grattò il mento glabro. «Ma mi voglio fidare.»

«E di me?»

Il klyn sorrise, scoprendo i tozzi denti irregolari.

«Vattene, Malekith. Devi prepararti a un omicidio.»