Il rombo di un’esplosione scosse la notte, la vampata di luce illuminò un poco la strada davanti a loro. Mal, acquattato nell’ombra di un portico, la sciabola già snudata, tremava. Il sudore gli intrideva la maschera con cui si era coperto il viso. Cale, accanto a lui, aveva lo sguardo vuoto. Fern si leccava le labbra, nervoso. Grazie a Kell, Berry non sarebbe stato con loro nell’attacco a Valadier. L’ultima volta, con Bazachel, non era finita bene, e questa prometteva di finire anche peggio. Meglio che lui si occupasse della parte meno rischiosa del piano.
Passi metallici sulle pietre, tintinnare di armature. Tre uomini, corazze laccate di rosso, irruppero nella strada con le armi in pugno. Quello in testa aveva intarsi d’oro sulle placche dell’armatura, portava una mazza a forma di torcia che eruttava fiamme dalla testa.
Il Maglio della Pira.
L’idea che a ucciderlo sarebbe stata un’arma di quella fama non lo consolava nemmeno un po’. Bazachel emerse dalle ombre dietro di loro. Le sue lame scattarono. Quello con l’armatura dorata saltò avanti, i suoi compagni non fecero in tempo. Le lame del klyn affondarono dietro le ginocchia, i soldati gridarono. Bazachel affondò le spade nelle loro gole e spense le grida. Fern uscì dal portico, e Cale con lui. Dal portone dell’edificio davanti venne fuori Dibe, la spada in una mano e il fumo rosso che usciva dalla bocca e dalle narici. I suoi occhi brillavano.
«Chiunque voi siate,» Jules Valadier li spazzò con lo sguardo, le armi puntate per tenerli a distanza, «non vi conosco. Non vi farò alcun male se vi ritirate.»
Voltò l’elmo su Bazachel.
«Tranne te, demone corruttore. Come hai costretto questa gente a seguirti?» ringhiò.
«Corruttore io? Comodo parlare così, adesso.»
Il santo si rivolse di nuovo a loro.
«Non so cosa vi ha raccontato—»
«Zitto!» Dibe si strappò la maschera dalla faccia. «Mi riconosci, pezzo di merda?»
«Signora, io non vi ho mai—»
La donna lanciò un grido, il fumo ebbe una pulsazione. Allungò una mano e una saetta scarlatta tagliò l’aria, diretta verso Valadier. L’uomo incrociò la spada e il Maglio per proteggersi, e la folgore ci esplose contro.
Bazachel si gettò avanti, le lame che scintillavano. La fiamma del Maglio della Pira divenne di un azzurro intenso e Valadier si girò di scatto verso il klyn, puntandogli contro l’arma, che eruttò un fulmine. Bazachel sgranò gli occhi. Il lampo lo prese in pieno petto e lo scagliò contro il muro alle sue spalle, sbriciolando i mattoni.
«Cazzo!» sibilò Fern. «Muovetevi.»
Fece un cenno con la testa a Mal e Cale e scattò avanti, la punta della spada sottile sfiorò la gola di Valadier. Cale gli andò dietro. Dibe era in ginocchio, sputava sangue. Il fumo del cristallo si era dissolto. Il corpo di Mal si mosse da solo. Sapeva cosa fare, era semplice. Attaccare, attaccare, attaccare.
Cala il pugnale.
Il santo era concentrato sui due attaccanti, Mal lo aggirò in due falcate.
Cala il pugnale!
Non si diede il tempo di pensare, mollò una sciabolata al cranio coperto dall’elmo. L’iride di un occhio dorato, inciso sulla schiena della corazza di Valadier, si mosse. L’uomo si girò verso di lui, un vortice di acciaio e fiamme.
Codardo!
Mal chiuse gli occhi d’istinto. Qualcosa gli esplose in mano, una vampata gli arse il viso. Cadde a terra, come quando suo padre lo prendeva in controtempo a scherma. Valadier gli incombeva sopra, il maglio alto sopra la testa. Fece per alzare la sciabola, ma era leggera, troppo leggera. La lama era spezzata, un troncone inutile.
La spada di papà…
Il santo gemette di dolore. La spada di Cale gli si era piantata tra l’ascella e l’apertura della corazza, sotto il braccio.
«Dannato…!»
Il cassadoriano lasciò andare la spada come se scottasse, gli occhi pieni di terrore.
«I-io…»
Valadier gli calò la spada sul petto. Il ragazzo urlò, crollò a terra.
No!
L’immagine della gola di Stan, tagliata, gli lampeggiò davanti agli occhi.
Aiutaci! Malekith!
Fern passò sotto la guardia di Valadier, la sua punta si infilò nella coscia ma la sua punta venne deviata dalla piastra d’armatura sulla coscia.
«Merda!»
Evitò la mazzata di Valadier, un colpo goffo, dato col braccio ferito, ma fu costretto a indietreggiare per parare i colpi di spada. Il santo gli spinse la lama in basso, la incastrò nella testa del maglio. Diede uno strattone e gliela tolse di mano, gli affondò un calcio al ventre mentre lo tirava avanti. Fern si piegò in due, Valadier calò la spada ma lo colpì col forte e riuscì solo a buttarlo a terra. Gli piazzò una pedata nelle costole, un rivolo di sangue macchiò la barba dello spadaccino. Forse era il buio, o la maschera che aveva addosso, ma il suo volto era uguale a quello di re Dimas. Rivolse a Malekith uno sguardo implorante.
Papà!
Le dita dell’alfnar strinsero il pugnale nero di Shar. L’asta si allungò in un battito di ciglia e lui affondò, come gli aveva insegnato suo padre, da sotto in su. Valadier se ne accorse all’ultimo, spostò la testa. Due dita in meno e gli avrebbe aperto la gola. La punta, invece, tagliò la cinghia dell’elmo e si incastrò sotto. Mal glielo strappò via con tutta la forza che aveva, Valadier gridò di dolore. La lancia gli aveva inciso a fondo la guancia, il sangue sprizzava già fuori ad arrossare il camaglio.
Mal non gli diede tempo, incalzò con una raffica di affondi. Gli occhi azzurri del santo si riempirono di sorpresa. Fu costretto a indietreggiare, parare disperatamente con la spada e tenere il maglio basso per non sforzare il braccio ferito. Le braccia di Malekith andavano a fuoco, ma aumentò ancora la velocità. Finta alta, colpo basso, punta al ventre, alla gola, al volto, ancora al volto.
La lama di Dibe si alzò alle spalle di Valadier. Come se l’avesse vista, il santo balzò di lato ed evitò il fendente. L’acciaio incontrò l’aria, lui le schiantò il maglio sull’arma e la lama si spezzò, come fatta di vetro. Dibe si abbassò e schivò il fendente di Valadier, Mal allungò il passo e tornò alla carica. Valadier scivolò, la sua parata giunse un attimo troppo tardi e la punta della lancia gli sfiorò il sopracciglio. Dibe gli lanciò il troncone di spada in faccia, lui spostò il busto per schivare, sbilanciandosi.
Era il momento giusto. Mal fintò basso, il santo abboccò. Al posto di colpire con la punta, fece volteggiare la lancia e lo colpì alla testa con l’asta. Valadier barcollò avanti, tentando di spazzare via la sua arma con la spada. Mal gli infilò un affondo tra le ginocchia e gli fece lo sgambetto, mulinò ancora e gli abbatté il manico sulla tempia. Il capo dell’uomo sbatté contro il pavimento, gli occhi gli divennero bianchi. Le armi gli scivolarono dalle dita.
Il rombo di un’altra esplosione, molto più vicina. Mal tese l’orecchio, gli giunse il suono dell’acciaio, delle grida. Il manico della lancia ebbe un fremito, si ritrasse di nuovo in pugnale. Dibe afferrò il Maglio della Pira, le fiamme si spensero all’istante. Lo sollevò con entrambe le mani sopra il capo, il volto contratto in una smorfia animale. Mal le afferrò la spalla e strinse con quanta forza aveva in corpo.
«Stanno arrivando! Ce lo leveranno dalle mani, dobbiamo andare.»
Lei rimase interdetta, come se si fosse accorta in quel momento dei rumori. L’alfnar afferrò Valadier sotto l’ascella, il suo palmo si bagnò di sangue.
Bazachel, all’imboccatura dello spiazzo, si stava rialzando. Dal petto saliva un filo di fumo. Fissò Malekith con i suoi occhi vuoti, puntellandosi sulle lame.
Sapeva cosa stava per dire.
«O lui o la spada.» Mal accennò con la testa all’arma di Cale. Accanto a lei, il ragazzo gemeva ancora. «Deciditi.»
Dibe prese Valadier per l’altro braccio e aiutò Mal a trascinarlo via, senza voltarsi più.
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