Lo mollarono con la schiena contro un muro, tra i vicoli dei quartieri grigi. Dibe sorrise, pregustando il momento. Sollevò la mazza, ma Mal la prese con una mano.

«Voglio ammazzarlo io.»

Lei sbatté gli occhi.

«Tu?»

«Era il mio eroe…»

«Fanculo. Lo ammazzo io.»

L’alfnar deglutì.

«Sì. Hai ragione.»

Non lasciò andare il maglio. Lo tirò di lato per sbilanciarla e la pugnalò alla gamba, più veloce di un fulmine. Le afferrò il collo e le sfondò il naso con una testata. Lei urlò e indietreggiò con la mano sul volto.

Aveva un istante. Il manico si allungò, Mal mulinò la lancia e la colpì alla tempia con tanta forza da gettarla a terra. La colpì ancora, per essere sicuro che non si alzasse.

Codardo.

Strinse i denti. No, non era un codardo. Stava facendo quello che avrebbe fatto un vero Malekith. Un vero eroe.

Posso essere migliore di loro.

Valadier lo fissava, il sangue che ruscellava sulla guancia, la bocca semiaperta e l’espressione stupita. Sbatté più volte le palpebre, cercò di tirarsi dritto, lasciando un’impronta di sangue per terra. Mal deglutì.

«Devo raccontarti una storia.»

 

***

 

Valadier si sfiorò la ferita alla guancia col guanto corazzato e fece una mezza smorfia.

«Il principe Malekith, eh? Questo spiega la tua abilità con la lancia. Ma di Malekith io ne ricordo due…»

L’alfnar annuì, sorridendo per il complimento del santo.

«Già. L’altro è mio zio. Era mio zio.»

«Quanti anni hai?»

«Ventiquattro, signore.»

«Sì… mi ricordo di te. Il bambino sul palco, a Espya. L’erede di re Dimas.»

Gli occhi di Mal si riempirono di lacrime.

«S-sembra una vita fa, signore.»

L’espressione di Valadier assunse una sfumatura preoccupata.

«È tutto a posto? Per quanto possa esserlo in questo momento, chiaro.»

«Sì. È tutto a posto.»

Il santo gli sorrise.

«Bene. Aiutatemi ad alzarmi, principe Malekith, sono ancora debole.»

Mal gli tese il braccio, l’altro lo afferrò e si rimise in piedi. Valadier gemette.

«Oh, Kell benedetto!»

«Io… mi spiace, è colpa—»

L’espressione del santo mutò in un istante. Sfoderò un sorriso largo un palmo, i denti scoperti.

«Grazie.»

Gli piantò una ginocchiata nelle palle.

Il cavallo di Malekith esplose, un lampo di dolore lo fece piegare su sé stesso. Qualcosa lo colpì alla tempia, forte come un martello, e il suo viso incontrò la pietra della strada. Il pugnale gli sfuggì dalle mani.

Kell fottuto…

Valadier si chinò, sollevò il maglio e le fiamme si riaccesero. Lo alzò al cielo, e una colonna di fuoco squarciò la notte. Lo sguardo che gli rivolse era quello che un aguzzino rivolge a un carcerato. Non la smetteva di sorridere.

«Io e te faremo una chiacchierata molto presto, principe.»

L’ultima cosa che vide fu la suola del suo stivale.