Malekith stava immerso nella penombra della biblioteca. L’aurora non aveva ancora scacciato la notte, fuori dalle finestre. Una dozzina di alfnar incappucciati occupava il centro della stanza e confabulava. Qualcuno gli lanciava uno sguardo acido ogni tanto, o sibilava qualcosa all’orecchio del vicino. Aveva riconosciuto una manciata di volti. Crestos, Raistlin, Maltanor, e tanti altri nobili che da bambini avevano fatto visita al palazzo. La crema della crema della nobiltà di Espya. Si sentiva fuori posto anche solo a stare nella stessa stanza con loro, la barba sfatta e i vestiti sudati, gli occhi cerchiati da profonde occhiaie. Eppure, in un certo senso, era probabile che quello fosse il luogo giusto dove essere. Lord Adelmar Crestos aveva le gonfie labbra contratte per il disappunto.
«L’hai portato qui? Sei ammattita?»
Alarie gli scoccò un’occhiata. Il luccichio dei rubini bastò a far indietreggiare di un passo il duca.
«Ti sembro matta?»
«N-no, no, dico solo che potrebbe…»
«Essere una sua spia. E secondo te io non ci ho pensato?»
«Adelmar non intendeva certo questo.» Lord Eiwann Raistlin aveva tirato giù il cappuccio del manto per sistemarsi i capelli.
Si spostò una ciocca via dalla tempia e la rimise tra le altre.
«Ma devi convenire che la sua comparsa…»
«Lo so meglio di voi quanto sia pericoloso.»
Mal non riusciva a smettere di fissarla. Stava con la schiena dritta e le gambe larghe, come se li stesse provocando ad attaccare. Rivedeva lo stesso carattere duro che la cugina mostrava vent’anni prima, quando si rincorrevano nel giardino e lei ordinava agli altri di farsi acciuffare. Ma il suo corpo parlava di una vita diversa. Le mani parevano quelle di un fabbro, le dita tozze, le nocche irregolari, fessurate.
«Quello che cerco di dire» Lord Raistlin sollevò la mano in un gesto conciliante, «è che immagino che tu voglia il Cremisi morto un po’ troppo in fretta. La tua vendetta…»
Il volto di Alarie ebbe un fremito, una cosa che quei bellimbusti non avrebbero mai percepito. Mal, invece, che era abituato a mettere mano al coltello prima degli altri, lo notò eccome. Un grosso alfnar si fece avanti e interruppe il Lord.
«Piantatela.»
Tutti i presenti, anche i nobili che borbottavano dietro all’energumeno, ammutolirono. Questi si tirò giù il cappuccio, scoprendo un volto dai tratti netti e la mandibola squadrata. I suoi occhi, però, così chiari e sinceri, erano quelli di Lord Belkor Tristram.
Kell, si è fatto grosso.
«Devo ricordarvi quanto dobbiamo ad Alarie?» Tristram li spazzò con lo sguardo. «Senza di lei non sapremmo nemmeno che il re non è chi finge di essere. Lei ha perso più di tutti noi, a causa sua. Se Alarie si fida, io mi fido.»
Il giovane paffuto che Mal ricordava, oltre ad aver messo su muscoli, si era fatto anche bravo a parlare. Di sicuro non aveva perso la predilezione per sua cugina. Anche da piccolo era sempre il primo a cercare di farla contenta. Malekith avrebbe voluto parlare, dire qualcosa a suo favore, ma non aveva nulla da dire. Era come essere una comparsa in una vicenda che non gli apparteneva.
Io devo ucciderlo. È tutto quello che mi resta.
Nulla, nemmeno una frase sagace, nessuna prova per farsi credere, nessuna leva su quei maledetti…
«Chiediamolo al tuo amico mago, Alarie» propose Lord Raistlin.
Crestos gli andò subito dietro.
«Ma certo, ma certo! Portiamolo giù e—»
«Piano.» Alarie mozzò il loro entusiasmo con uno sguardo. «Il mio amico mago, come lo chiamate voi, non apprezza entrare nella testa di nessuno.»
«Suvvia, Alarie, si tratterebbe di una veloce frugata nella sua mente, solo per vedere se è una spia.» Adelmar Crestos si fregò le manine grassocce, senza nemmeno degnare Mal di un’occhiata. «Vuoi che ci fidiamo, no?»
È della mia mente che stai parlando, palla di merda.
Lui strinse i pugni, ma cosa poteva fare?
Ti tirerai indietro?
Si avvicinò. L’unico alto quanto lui era Tristram, che contrasse appena le labbra, squadrandolo.
«Io sono qui per uccidere il Cremisi.» Mal scrollò le spalle. «Se questo è quello che serve…»
«Bene, benissimo» cinguettò Lord Crestos.
Lord Eiwann Raistlin si accarezzò la frangia bianca.
«Visto? Anche lui è d’accordo, Alarie.»
Sua cugina aveva la faccia di chi sta per sfoderare la lama. Sbuffò dal naso e parlò, a mezza voce.
«E va bene. Lo porterò da Venice.»
Mal sbarrò gli occhi.
Porco Kell e tutti i Draghi.
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