“Cosa ti porta qui a Urwine?”
“Non lo so.”
“Che vuol dire?”
“Vuol dire che non lo so.”
“Mi sembra assurdo, tutto sommato.”
“Dove hai detto che mi trovo?”
“Urwine.”
“Urwine.”
L’uomo che ho davanti mi guarda. Le luci oscurano il suo volto, sta bevendo un intruglio da quando sono entrato.
“Ne arrivano tanti. Di gente come te, intendo. Sanno custodire bene i loro segreti. Se hai qualcosa da tenere stretto, stai sbagliando tattica.”
“Non ho nessuna tattica.”
“Oh, senza dubbio. In questo momento sai solo di non sapere. Vorresti ricordare ciò che ti ha portato qui, ma non puoi. Dico bene?”
“Sì.”
L’uomo lancia un’occhiata alla mia giacca. Un piccolo ghigno gli spunta in volto.
“Chi ti ha ridotto così?”
“Non lo so.”
“Chi hai fatto incazzare?”
“Un uomo.”
“Uno solo?”
“Più uomini.”
“Guardandoti, devi averli fatti incazzare per bene!” La figura scoppia a ridere. Sto ridendo pure io.
“Ti offro una birra se non si tratta di una donna!”
“Una donna?”
“Sei ferito, sporco, in fuga e hai fatto incazzare qualcuno.”
“Sì.”
“Come hai detto che ti chiami?”
“Non l’ho detto.”
“Non l’hai detto.”
“Perché? Fa differenza?”
“I nomi possono dire molte cose di una persona.”
“Ora come ora mi viene in mente solo il nome di una donna.”
“Ah! Che ti dicevo? Parlami di questa donna.”
“Perché dovrei parlartene?”
“Qual è il ricordo più bello che hai di questa donna?”
“Io e lei. Su un prato. Le mie mani attorno al suo collo.”
“Com’è che hai detto?”
“Io e lei. Su un prato.”
“E questo è il più bello?”
“Non lo so.”
Per un attimo lo perdo di vista.
“Sei ancora tra noi?” Ecco che ricompare.
Eppure non si è mai mosso.
“Chi sei?”
“Diciamo che ti conosco già. Diciamo che so cosa vuoi.”
“Cosa voglio?”
“Quello che vogliamo tutti.” L’uomo butta giù l’intruglio tutto d’un fiato. “La testa del Maestro dei Sussurri.”
“Il Maestro dei cosa?”
“Stiamo parlando della stessa persona che ti ha ridotto così.”
“Senti, non so chi tu sia, non so perché sai tutte queste cose e non voglio saperlo. Ti è chiaro?” Sto iniziando a innervosirmi.
“Hai la mente offuscata. Ecco perché non mi riconosci.”
“Non mi interessa.”
“Sei liberissimo di andartene.”
Accolgo quel consiglio come se fosse un ordine. Uscendo dalla locanda, noto che quell’uomo, scuro in volto, nero come la pece, è ancora seduto. Un brivido mi sale lungo la schiena, lui mi sta fissando. Ride.
È notte fonda, il buio delle strade è accarezzato fievolmente dalle poche lanterne rimaste ancora accese. L’uomo ha detto che mi trovo a Urwine. E come cazzo ci sono finito a Urwine?
Una voce dietro di me sussurra. Mi suggerisce l’ovvietà. Sono arrivato in barca.
Senza accorgermene sono arrivato su un ponte, mi appoggio sul muretto.
“La strage delle menti. La ricordi?” Un’altra volta l’uomo. Si siede dall’altro lato del ponte, nella stessa mia posizione.
“Senti. Non ti conviene.”
“Cosa, di preciso?”
Non voglio rispondere. Devo riuscire a controllarmi. Se mi trovo a Urwine, vuol dire che sono scappato dall’isola. Domani potrei andarmene ancora più a ovest, potrei far perdere le mie tracce, potrei buttarmi alle spalle tutta questa dannata storia.
“No, non puoi.” Adesso può leggermi anche nella mente. “Non osare muoverti da qui.”
C’è qualcosa in quella voce. Qualcosa di veramente familiare.
“Myralgard ti sta cercando. Hai ucciso Gladius e questo l’ha fatto incazzare ancora di più. Potevi evitare di impalarlo.”
“Non lo controllo.”
“Non vuoi controllarlo.” Nel profondo, so che ha ragione.
“L’Ombra era riuscita a catturarti, dico bene?” Annuisco. “Hai fatto esplodere quattordici Ranger, sei scappato ma non è servito. Ricordi?”
“Adesso basta.” Mi ritrovo in piedi sul muretto del ponte. Vorrei che tutto questo scappare, uccidere e manipolare finisse all’istante. Vorrei spegnere il buio.
“Sono stato fin troppo paziente con te.” Uno scatto fulmineo, un pugno, il sangue. “Ti ho chiesto di rimanere vivo fino a che non ci saremmo incontrati di nuovo. Come ti viene in mente di uccidere uno come Gladius?” Un altro ceffone impatta contro la guancia. Di colpo quel riflesso sbiadito che rappresenta ciò che ero un tempo mi ritorna in mente. Ora ricordo.
“Non…”
“Parlo io.” Come ho fatto a non capirlo subito? “Adesso ascolta ciò che ho da dire. Gira voce che l’Ombra stia muovendo una guerra contro gli uomini che ti hanno fatto arrivare qui. Se queste dicerie sono vere, ormai loro sono spacciati. Inoltre, questo vuol dire che l’Ombra è qui a Urwine con te. Solo un uomo può salvarti e, per arrivare a lui, dovrai trovare la Serpe. E buona fortuna con lei, è già parecchio incazzata di suo.”
“Come la trovo?”
“Segui la scia di morti. Segui i sibili.”
“Cosa dovr…”
“Il Maestro dei Sussurri ha rinunciato all’idea di ispezionare e studiare il tuo potere. Ha perso troppi uomini per colpa tua, incluso il suo braccio destro.”
“Glad…”
“Sì, Gladius. Ti rendi conto che adesso Myralgard e il Maestro dei Sussurri vogliono la stessa cosa?” Apro la bocca per rispondere, ma non ho tempo. “Dobbiamo preservare il nostro potere. È stata una scoperta così grande che non può essere sprecata. La genesi ci ha portato a questo. Pensaci, Daryn.”

Un lampo. Una grotta. Myralgard. Clara.
“Daryn, che cosa hai fatto?” Lei mi guarda spaventata, il suo viso è grondante di lacrime.
Mi giro, mi guardo intorno. Non vedo niente.
“Tu, brutto figlio di puttana! Riportalo qui! Riportalo qui!” Myralgard è furioso. Gli occhi rossi che pulsano nel suo volto, le venature pronte a esplodere.
Io non riesco a muovere un dito. Ai miei piedi vedo un corpo. La giacca nero pece dell’Ombra è tranciata a metà, piena di sangue. È proprio questo che mi fa rabbrividire: la parte superiore del corpo è scomparsa. Un taglio netto, sopra l’ombelico, e poi il nulla.
“Riporta qui Darhorst! Se l’hai ammazzato, ti squarto con queste mani!” Ormai la chioma rossa è fuori di sé. Ci sono voluti sette Ranger per farlo stare fermo.
“Clara… Io non volevo…”
“Che cosa hai fatto? Mostro!” Il suo sguardo mi trasmette tutto il disgusto che sta provando in questo momento. Mi vergogno di ciò che ho fatto.

“Capisci perché è importante rimanere vivi? Ti è bastato pensare che la parte superiore di quel corpo non esistesse, e quella ha cessato di esistere. Cosa potremmo fare una volta domato questo enorme potere?” Gli spunta un ghigno in faccia. Ride.
“Io ho ucciso Darhorst?” Sento le lacrime, la disperazione, il lutto.
“Non l’abbiamo fatto di proposito. Non potevamo sapere che sarebbe finita così.”
“Come fai a convivere con questo rimpianto? Con questo grande senso di colpa?”
“La morte di nostro padre è stato un sacrificio necessario per la genesi.” Lo vedo spazientito. È come se non riuscisse a comprendere la gravità di ciò che è stato fatto. È accecato dal potere, lo vuole a qualsiasi costo.
“Sì, Daryn. Lo voglio. E l’otterrò. Trova la Serpe e fatti condurre dal vecchio.” Ritrovo le sue mani che stringono la mia giacca, in un batter d’occhio mi alza e mi scaraventa oltre il muretto del ponte. Sto cadendo nel fiume.

“T’ho chiesto se vuoi una camera.”
Daryn!
“Mi scusi, ha detto qualcosa?”
“Che mi colpisca un fulmine, sei forse tocco?”
Non so cosa rispondere alla donna.
“Non la vuoi ‘sta camera? Tra poco si chiude!” La donna si alza dalla sedia e noto che è una nana.
“Signora, dove mi trovo?”
“Sei a Urwine, alla ‘Barba Dorata’, io sono Beredith, questa è una sedia e questo è un tavolo. Il recipiente che contiene quel liquido giallastro è un bicchiere e quella è birra, una bevan…”
“Signora Beredith, non c’è bisogno.”
“Tra. Poco. Si. Chiude.” La vedo avviarsi verso il bancone. Si ferma di scatto, si rigira e con aria minacciosa mi dice: “Ragazzo, ti giuro che se riprendi un’altra volta a parlare da solo, ti spezzo le ossa.”

Racconto di Simone Paggetti.