Aby e Paul giungono alla Biennale di Venezia; vogliono vedere l’ultima e definitiva opera di KK intitolata: “Non penetrarmi”.

Decidono di dormire all’addiaccio davanti all’Arsenale, perché devono essere i primi a scoprire la nuova meraviglia e non vogliono esser contaminati dalle sensazioni o dai pensieri di altre persone.

KK è la loro musa, la loro vita.

È mattino, si aprono le porte e i due si lanciano verso l’edificio ospitante il capolavoro.

Varcano la soglia per primi, in religioso silenzio, e trovano un’altra porta sulla quale spicca una squallida scritta in neon rosso: “Non penetrarmi”.

Sono perplessi: non capiscono.

Non è facile oltrepassare l’ingresso perché è costituito da strette listarelle in plastica dura verticale. Probabilmente lo devono forzare per entrare, deve essere un gioco. Senza nemmeno consultarsi, lo scardinano e lo superano.

Corrono lungo il corridoio buio allorquando si accendono delle luci accecanti. Colti di sorpresa, si appoggiano alla parete e la seguono strisciando le mani su di essa. Delle grida violente schiantano il loro udito, ora sono ciechi e sordi. Spaventati si cercano l’un l’altra, si trovano e si stringono in un abbraccio rassicurante. Paul scorre le dita in cerca del viso di Aby finché non le tocca la bocca aperta e poi la lingua: sta urlando. Il panico assale anche lui.

È un’esperienza sensoriale devastante. Lentamente si spingono verso la nuova sala.

Gli altoparlanti sputano insulti e invettive: – Perché mi avete violato? Chi vi ha dato il permesso?

Non è una registrazione, è un voce reale, violenta e accusatoria.

– Siamo qui per vedere la tua opera. – Rispondono gli sprovveduti.

– L’iscrizione vieta l’accesso a questo luogo, vi ordina di “non penetrarmi”.

Aby, sconcertata da quel dialogo surreale, grida: – Cos’è questo? Uno stupido gioco per imbecilli? Ma sei deficiente? Mi hai fatto male!

Mentre cerca una telecamera a cui rivolgersi, scopre che la stanza è arredata da organi umani.

Esterrefatta, si avvicina alla teca recante la descrizione: “Polmone sinistro di KK, distrutto da un enfisema”. L’organo non è morto, è collegato a vene e ad arterie, e in esse scorre ancora il sangue.

Ha un conato di vomito.

Una voce brutale aggredisce i giovani: – Non penetrarmi non è un divertimento, vero? – Una pausa terrificante e una nuova accusa: – Voi, ipocriti, giudicate il mio lavoro, ma non capite nulla: io sono le mie opere.

Sebbene la compagna stia piangendo in ginocchio, Paul vagabonda tra le arterie, il fegato e la milza. È allibito. L’artista è stata smembrata in ogni sua parte e tutto ancora funge.

Solletica la spina dorsale fino al coccige.

È elettrizzato, ma non può palesarlo: la sua fidanzata non capirebbe.

“Fantastico: un corpo scomposto e funzionante”, pensa.

Ripresosi, corre verso l’amante e la solleva con dolcezza.

KK attacca e li denigra nuovamente: – Tu! Come ti chiami?

– Io? Paul.

– Dì alla tua amica come ti senti.

– Mi sento a disagio, voglio uscire.

Incalza sbraitando: – Dì la verità!

– Cosa vuoi da me?

– La verità!

Aby, svuotata e disillusa, rincalza: – Dille ciò che vuole sapere così ce ne andiamo.

Paul la fissa per qualche secondo e latra: – Sono eccitato, va bene?

Un violento ceffone lo colpisce in volto spingendolo contro una strana bolla di vetro. Nel suo interno c’è un ammasso grigio e gelatinoso con infinite ramificazioni che scorrono lungo tutte le varici fino al cuore palpitante.

È un tumore.

Un pensiero prepotente domina la ragazza terrorizzata: “Ti sta bene fottuta malata di mente”.

Ruota su sé stessa e nota l’estensione del male: è ovunque. Tutta la cattiveria, l’odio in lei si dissolve e diviene pietà.

Il sarcasmo riempie l’ambiente: – Ora sai perché questa è la mia ultima opera. – Una risata: – Provi compassione per me? Sì? Mi fai schifo!

Rincarando: – Io sono la stessa persona che hai penetrato e insultato; sono l’orgasmo provato dal tuo compagno.

Paul raggiunge Aby e, amorevolmente, la invita: – Tappati le orecchie e usciamo da questo incubo: KK sta per morire, si è fatta smembrare per questa stupida performance. Andiamocene.

L’altoparlante accusa i due giovani: – Mi avete violata fisicamente e mentalmente. Siete voi i mostri!

La giovane si blocca interdetta: – Perché ti sei mostrata a noi? Se volevi render nota la tua malattia mortale, bastava un articolo su GQ.

Silenzio.

KK, singhiozzando: – È tutto sbagliato, andatevene!

– Perché hai fatto tutta questa sceneggiata?

Nuovamente silenzio.

– Sei ancora qui con noi?

– E dove vuoi che vada? Le mie gambe sono a 50 metri da qui.

– Perché ti sei conciata così?

– Io sono KK l’immortale, il genio del secolo. Io devo esistere nel tempo.

– Perché ti sei ridotta in questo modo? – Insiste Aby.

La spiegazione arriva in poche e dannate parole: – Sono stata fottuta dagli uomini, dalle droghe e ora dalla Natura stessa. Volevo ripagare il Mondo della stessa violenza. Volevo assaporare la vergogna nei suoi occhi.

Non ci sono più lacrime nel tono della performer: – È tutto sbagliato. Andate via. Ora!

Aby e Paul lasciano quel luogo lugubre. Rimangono alcuni secondi sulla soglia della porta: è una bella giornata e c’è molta gente che si diverte. Paul nota che a portata di mano c’è il pulsante di stacco della corrente dell’edificio. Con un gesto improvviso lo preme, spaccando il vetrino di sicurezza. Scatta l’allarme e tutte le persone si girano verso l’urlo della sirena.

Paul, con un sentimento di vittoria, sorride ad Aby.

Il suo gesto è solo un sotterfugio per ritornare nelle grazie della compagna, non è una vendetta.

Aby approva e gode di quell’atto.

Racconto di Fabio Ballini