È così facile divertirsi alle spalle di voi piccoli insetti…
Unici nel vostro genere! Il punto più alto della creazione! Il centro dell’universo! Oh, poveri stolti, se sapeste per davvero come è fatto il centro dell’universo, le vostre menti smetterebbero di elevarvi continuamente al rango di divinità… o meglio, smetterebbero di funzionare e basta…
Non siete gli unici, ovviamente: nei meandri polverosi, freddi e tetri di un cosmo infinito e ben poco ospitale, non poche sono le razze che amano pensare di essere migliori. C’è chi si vanta della propria resistenza, tale da permetter loro di resistere alle più forti esplosioni nucleare; c’è chi si vanta della propria intelligenza, talmente ampia da vincere i limiti dello spazio e del tempo…
Ma tutte queste razze, nella loro disparità di lingue e forme, conoscono gli stessi momenti felici… e ovviamente gli stessi momenti bui. Le loro civiltà nascono, si espandono e quindi crollano, in un ciclo infinito in cui i miei poco simpatici e goliardici colleghi hanno poco a che fare. In un ciclo in cui solo io trovo gusto a mettere mano!
Nel momento più buio, nell’attimo che, secondo le loro menti deboli e egocentriche, condurrà alla fine dell’intero universo; proprio in quell’esatto momento in cui pensano che nulla potrà mai andare peggio, ecco che arrivo io, accompagnato dai miei araldi.
Venti di tempesta che scuotono astri e pianeti; mefitiche esalazioni che riempiono le atmosfere, rendendole calde, umide e velenose; quella sensazione costante che fa pensare ai trogloditi come il fondo non è stato ancora toccato, che ci sono ancora distanze siderali di disgrazia da attraversare e da subire. Essi sono i miei araldi, e arrivati loro, arrivo anche io.
Mi conoscono con molti nomi, e nel corso di innumerevoli eoni, ho fatto visita ai loro pianeti e alle società che nel tempo hanno costruito innumerevoli volte… ma pochi hanno saputo disperarsi così beatamente e così incoscientemente come voi scimmie senza pelo del pianeta Terra, come lo chiamate voi…
State vivendo ancora un periodo di profonda miseria, come innumerevoli volte avete già fatto… tsk, quasi vi compatirei, se non mi divertisse così tanto vedervi annaspare nella disperazione… e se non mi divertisse così approfittarmi di voi.
Sono giunto in questi ultimi tempi nelle vostre città e nelle vostre case con una vecchia figura, un corpo simile ad uno di quelli che più fu servito e riverito dal disperatissimo genere umano, alto e snello, scuro di carnagione ed elegante nel portamento. Il sangue delle scimmie di quei luoghi ancora ricorda il timore che 28 secoli prima incutevo negli occhi di voi primati troppo egocentrici che ai tempi mi servivate come un re, tanto che chi ha avuto modo di guardarmi in quelle terre che un tempo avevo governato, preso com’ero da quel divertimento quasi infantile che mi prese, ha continuato a prostrarsi davanti a me senza motivo.
Ma il centro della vostra cultura e della vostra esistenza era altrove, e lì mi sono effettivamente recato, non con potenza e gloria, non con gli eserciti e la morte che un conquistatore porta con sé nel suo serraglio, ma con segreti, trucchetti e luci. Un fenomeno da baraccone, la burla di una burla, il più infimo dei mezzucci… eppure, così tanto efficace per carpire le loro povere e stolte menti.
È così che ho girato i tuguri peggiori del cosmo, quelle che voi scimmie chiamate “grandi città”, o “metropoli”, punti nevralgici di popolazione, buchi neri di perdizione e malvagità, di corruzione e degradazione… ah, nettare per la mia anima… e in questi luoghi sovraffollati, puzzolenti e distrutti ho giocato con le luci e gli specchi, le ampolle e le scariche elettriche, godendo dello stupore nei vostri occhi mentre, tra una scarica e un’altra, lasciavo che le vostre menti carpissero qualcosa che andasse oltre il visibile.
Ieri come oggi, tra una scarica e uno scoppio, tra un flash e uno sbuffo di fumo, ho cominciato a salmodiare, ad aprire le vostre orecchie sulle melodie del serraglio di cui sono araldo e protettore. Il vorticare oscuro di colui che è Folle, e la cui Follia sono io, ha cominciato lentamente ad insinuarsi nelle vostre orecchie, aprendo porte che per voi scimmie sarebbero dovuto rimanere non chiuse, bensì sigillate.
Nell’aria calda di un autunno innaturalmente tiepido, in un periodo storico che va a ricalcare le crisi che tante, troppe volte, si sono presentate su questa inutile palla di roccia dispersa nell’oscuro e infinitamente crudele universo, il mio nome ha risuonato ancora, come una novità sfolgorante, pubblicizzato da tutti coloro abbastanza sciocchi da cedere alle lusinghe di uno show di luci e suoni che, senza che loro se ne potessero accorgere, ha distrutto completamente le loro menti e rubato le loro anime.
Ed ecco che dunque tutti i miei incauti spettatori non sono altro che gusci vuoti, corpi privi di volontà, le cui anime sono state inghiottite dal gorgo senza fine che ora tu, vile creatura, stai fissando dopo essere stato anche tu vittima delle mie rivelazioni!
Vuoi sapere chi sono, prima di perderti completamente nel gorgo di fronte a te? Beh… asseconderò la tua richiesta, per premiarti di aver conservato un briciolo di sanità mentale pur essendo di fronte al sottoscritto!
Ho avuto molti nomi anche qui, su questa piccola e insulsa palletta di fango… sono stato l’uomo nero della conoscenza, portatore del libro dei segreti arcani, apripista delle geometrie perverse, dei luoghi distorti, delle dimensioni dove tempo e spazio non significano nulla Istruttore, guida e corruttore di streghe, stregoni, eretici e rianimatori.
Sono stato venerato, adorato, rinchiuso in un Sancta Sanctorum e, nella mia prigione autoimposta per puro svago, ho dato benzina per alimentare i culti più sanguinosi, le sette più folli e perverse, gli assassini più efferati ed assetati di sangue.
Ma non mi limito solo a questo… oooh, io sono molto, MOLTO di più! Io sono quella voce che striscia nelle menti di ogni essere senziente, quell’entità infinita che prova divertimento nel guardarvi tutti, sempre, e nel farvi soffrire. Alla domanda “siamo soli nell’universo? Qualcuno lassù ci guarda?” io vi rispondi SI! Ci sono io a guardarvi! A farvi ballare appesi a fili invisibili, a farvi ammazzare, a farvi degradare, a ricordarvi costantemente che il vostro posto è nel fango!
Io sono l’ombra fugace che danza al confine tra la trascendenza e l’immanenza, che nell’estasi della morte e del disfacimento di voi esseri infinitamente inutili e rumorosi non trova fastidio ma piacere. Io non sono come gli altri Grandi Antichi né come gli Dei Esterni di cui faccio parte e che al contempo servo!
Ammira la mia gloria! Ammira la mia indicibile, inimmaginabile, indescrivibile e assoluta potenza! Io sono colui che tiene addormentato e folle il Demone Sultano! Io sono colui che semina il disordine nell’universo onirico del mio padrone traendone gusto! Io sono l’Uomo Nero, io sono il Faraone nero! Io sono IL CAOS STRISCIANTE!
E quindi, mia scimmietta ammaestrata… cosa aspetti? Ora sai la verità! E saputo quanto inutile, malsana e manipolata sia la tua infinitamente piccola esistenza, cos’altro vorresti fare? Piangere? Urlare? Non dirmi che vuoi affrontarmi! Lasciati andare, cedi nel derviscio di pura tenebra, lampi e scosse elettriche che ti ho mostrato… cedi al Caos Primigenio dell’Universo, cedi alla mia voce, cedi al sussurro che s’è fatto frastuono nella testa, aprendoti gli occhi dinnanzi alla vastità del nulla cosmico!
Goditi l’orrido spettacolo dei vaghi fantasmi di cose mostruose, delle indistinte colonne di templi blasfemi che poggiano su massi senza nome al di sotto dello spazio e raggiungono vuoti vertiginosi sopra le sfere della luce e della tenebra.
E nel folle volo che ti attende, ricordati che su tutto questo orrore ci sono io! in questo ripugnante cimitero dell’universo, si ode IL MIO sordo e pazzesco rullìo di tamburi, un sottile e monotono lamento di flauti blasfemi che giungono da stanze inconcepibili, senza luce, di là dal Tempo; la detestabile cacofonia al cui ritmo danzano lenti, goffi e assurdi i giganteschi, tenebrosi ultimi dèi. Le cieche, mute, stolide abominazioni la cui anima sono io!
…Nyarlathotep…
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Racconto di Vittorio Grimaldi.
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