Ciao! \^o^/

Punto interrogativo, punto esclamativo e interrobang, cosa sono questi segni e come si utilizzano? Nell’articolo precedente avevo trattato tutta la gamma di segni paragrafematici che mi ero lasciata dietro. Oggi tratterò un’altra questione spinosa.

È giusto capire, innanzitutto, che questa è una guida per la scrittura di narrativa e non per la scrittura in generale. La scrittura di narrativa ha regole ben precise che fanno sì capo alla grande madre grammatica e ortografia, ma tengono conto anche dei dettami editoriali.

Fatta questa doverosa premessa:

Perché utilizziamo i segni paragrafematici a muzzo?

O, come direbbe quel gran signore lì che tutti conoscono bene: ad augello di loppide?

La risposta è: perché nessuno ce l’ha mai insegnato. Siamo sempre lì, è un cane che si morde la coda.

Molti scrittori novelli vantano dei titoli non indifferenti ricevuti nella pubblica istruzione, altri hanno solo la quinta elementare. Ciò che però differenzia un autore che scrive con criterio da uno che si avventura un po’ come viene è la conoscenza di alcune regole specifiche.

Punto interrogativo, punto esclamativo e interrobang

Il punto interrogativo

Cos’è? È una marca dell’intonazione, così come tutta la punteggiatura: dà istruzione al lettore quindi anche riguardo al tono.

Detto anche punto di domanda o punto domandativo. È un segno relativamente nuovo poiché nel greco antico la funzione di domanda veniva contrassegnata con il punto e virgola.

Il italiano il punto interrogativo serve a segnalare una domanda, appunto. Deve essere attaccato alla parola che precede e deve essere distanziato con uno spazio dalla parola che segue. Dopo il punto interrogativo non andrebbero altri segni di punteggiatura tranne in rari casi, per esempio indicando il titolo di un’opera o la marca di un prodotto/il nome di un’azienda.

Esempi:

  • Ieri sera ho comprato il thriller: “Dov’è Tiziano?”, sembra molto interessante.
  • Guardo sotto al lavello, lì dove lo sporco si annida e la muffa capeggia inarrestabile scorgo il detersivo per i piatti “Mi lavi?”, il colore verde evidenziatore brilla in tutta la sua magnificenza.

La prima parola dell’enunciato che segue un punto interrogativo generalmente andrebbe fatta iniziare con la lettera maiuscola poiché indica (come nel punto fermo) una pausa lunga. Tuttavia ci sono alcune rarissime eccezioni in cui, poiché l’azione interrogativa può essere integrata nella frase, la parola che seguirà sarà fatta iniziare con la minuscola.

Le funzioni del punto interrogativo sono molteplici: domande, insinuazioni, domande retoriche e così via. Inserito poi all’interno delle parentesi come commento metatestuale, il punto interrogativo ha la funzione di mettere in dubbio ciò che segue.

Il punto esclamativo

Da molti conosciuto anche come punto ammirativo. Ha una storia un po’ travagliata. Nacque all’incirca nel medioevo, assieme al punto interrogativo, e inizialmente veniva adoperato dai copisti per esprimere gioia o sorpresa attraverso la parola latina io (evviva). Naturale capire come la i si sia spostata sopra alla o, formando quindi un nuovo segno.

Durante il Novecento è stato spesso vittima di emarginazione, poveretto, c’era chi addirittura voleva abolirlo! Ha trovato però nuovo utilizzo nel nostro secolo, attraverso la scrittura del web che non lesina di adoperarlo (anche impropriamente).

Ha la funzione di esprimere: sorpresa, ammirazione, spavento, rabbia, riprovazione, ironia e tanto altro ancora. È un segno poliedrico.

Come per il punto interrogativo, deve essere attaccato alla parola che precede e deve essere distanziato con uno spazio dalla parola che segue. Dopo il punto esclamativo non andrebbero altri segni di punteggiatura tranne in rari casi, per esempio indicando il titolo di un’opera o la marca di un prodotto/il nome di un’azienda.

  • Ieri sera ho comprato il poliziesco: “Mani in alto!”, sembra molto interessante.
  • Guardo sotto al lavello, lì dove lo sporco si annida e la muffa capeggia inarrestabile scorgo il detersivo per i piatti “Lavami!”, il colore verde evidenziatore brilla in tutta la sua magnificenza.

Punto interrogativo e punto esclamativo in letteratura

Una sua simile l’aveva preceduta? Ah sì, certo che sì! E in verità non ci sarebbe stata forse nessuna Lolita se un’estate, in un principato sul mare, io non avessi amato una certa iniziale fanciulla. Oh, quando? Tanti anni prima della nascita di Lolita quanti erano quelli che avevo io quell’estate.

(Vladimir Nabokov; Lolita)

La letteratura pullula di esempi del genere: in realtà qui il narratore interno si presta molto a esclamazioni e domande. È giusto quindi chiederci: punto interrogativo ed esclamativo possono essere utilizzati anche nelle parti di testo (non dialogiche) dove il narratore è esterno alla vicenda?

Doppio? Triplo? Perché?

Sembra scontato ma devo ribadirlo anche qui: non bisogna mai mettere due o più punti interrogativi insieme, né due o più punti esclamativi insieme.

Esempi:

  • Cos’hai fatto?? è sbagliato. Si scrive: Cos’hai fatto?
  • Evviva!!! è sbagliato. Si scrive: Evviva!

Ripetiamo ancora una volta:

!! e ?? no; ! e ? .

Mettendo due o più punti interrogativi assieme non rafforzerete una domanda fatta con enfasi, non farete trasparire che il vostro personaggio è estremamente indispettito, arrabbiato, stupito etc.

Mettendo due o più punti esclamativi assieme la battuta del vostro personaggio non sarà affatto detta con maggior forza espositiva.

Come al solito: è e deve sempre essere il testo precedente a dover mostrare cosa è accaduto e perché il vostro personaggio reagisce in un certo modo. Il numero di punti esclamativi o interrogativi non conta.

Dobbiamo avviare un discorso simile con ?! o !?.

Si legge da Treccani:

L’iterazione in due o più elementi consecutivi (‹!!, !!!›), oppure la combinazione con il punto interrogativo (‹?!›, più raramente ‹!?›), forme più insolite nella prosa letteraria, dove comunque non mancano esempi, «ricorrono soprattutto nella pubblicità […] o in scritture popolari, con forte mimetismo orale (come i fumetti)» (Serianni 1988: 60), e di recente hanno ricevuto impulso dalle varie forme di «scrittura digitale» (sms, e-mail, chat, blog, siti di social network, e così via) (cfr. Antonelli 2008).

È quindi sbagliato utilizzare questa forma nelle opere di narrativa? Attualmente sì.

Discorso chiuso.

Interrobang o punto esclarrogativo

È un segno particolarissimo: ‽

Rappresenta l’unione di punto interrogativo e punto esclamativo e venne per la prima volta adoperato dall’imprenditore statunitense Martin K. Speckter come trovata pubblicitaria.

È un segno non convenzionale e raramente lo si trova in giro, specialmente nelle opere di narrativa. Poiché può risultare ostico e poco conosciuto, è sconsigliato il suo utilizzo.

Il maiuscolo gridato

Concludiamo questa parte con qualcosa di diverso. Non è un segno paragrafematico ma è giusto inserire questa annotazione anche qui: il maiuscolo gridato nei dialoghi.

È già maleducazione utilizzarlo informalmente, figurarsi nelle opere di narrativa. Ancora una volta: se volete far capire al lettore che il vostro personaggio sta gridando, utilizzare il maiuscolo non è la soluzione adatta. Dovete ingegnarvi.

Ben diverso è invece l’utilizzo di lettere maiuscole per indicare la lettura di un’insegna o un cartello.

Esempio:

  • Giappardolo si avvicinò alla trattoria con la bava alla bocca. Sopra il portone sgangherato capeggiava la scritta: 

LA SPATOLA INCARTOCCIATA


E con questo per oggi ho finito. Buona lettura e buona scrittura! o(*°▽°*)o