Tratto da fatti realmente accaduti.
11 Settembre 2001
Manhattan
World Trade Center, torre sud
Inspirò profondamente. L’aroma di caffè gli riempì le narici e gli solleticò il palato invadendogli il cervello, dissipando le ultime tracce di sonnolenza. Dal suo ufficio al 44° piano poteva godersi appieno il panorama sul fiume e il New Jersey, dove abitava con sua moglie; era proprio uno splendido martedì mattina.
La scrivania era ingombra di scartoffie, alcune riportavano la planimetria di uno specifico piano della torre sud, altre erano perizie o piani di evacuazione, dopotutto era il capo della sicurezza dal 1985.
Quel lavoro per la Morgan Stanley Bank lo appassionava e la responsabilità di duemilaseicento vite lo teneva sempre attivo, all’erta, alla perenne ricerca di nuove possibili minacce e contromisure migliori. Come dopo l’attentato del volo Pan Am 103, quando aveva ipotizzato che il World Trade Center potesse essere un potenziale bersaglio per i terroristi mediorientali, che stavano guadagnando notorietà sulla scena mondiale a suon di bombe.
Dopo un’attenta indagine aveva individuato il garage come punto debole, scarsamente sorvegliato. Nonostante la sua insistenza, la società che lo gestiva non aveva adottato i provvedimenti da lui indicati e nel 1993 era scoppiato un furgone carico di esplosivo.
L’unico lato positivo di quella faccenda fu che ai piani alti iniziarono a dargli ascolto.
Le falle della sorveglianza furono colmate e iniziò ad arrovellarsi su come un terrorista potesse superare le nuove misure di sicurezza e attaccare le torri. La risposta che si era dato era così folle, eppure così logica, che non si poteva ignorare: dal cielo. Era così facile dirottare un aereo e…
Ma erano passati quasi dieci anni da allora, a maggio aveva compiuto 62 anni e stava iniziando a riflettere sul pensionamento, sul fare tutte quelle cose che aveva rinviato per una vita, insieme a sua moglie.
Ma non andò così.
Diede un’occhiata all’orologio, 8 e 46, doveva finire di preparare il materiale per la riunione delle 9, cominciò a riordinare i fascicoli sulla scrivania.
Un cupo boato lo scosse insieme a tutto l’edificio, vide la scura superficie del caffè tremolare. La porta del suo ufficio era aperta e sentì delle urla: «Oh mio dio!»
«Un aereo! Un cazzo di areo ha colpito l’altra torre!»
Senza rendersene conto Rick era uscito dall’ufficio e tutti gli occhi erano fissati su di lui, sguardi in cerca di risposte, conforto, salvezza.
«Cosa facciamo?»
Non era la prima volta che si trovava in una situazione del genere.
Faceva caldo. L’umidità era soffocante.
I proiettili fischiavano, gli elicotteri ronzavano, gli uomini urlavano. Stavano combattendo senza sosta da tre giorni. Teneva l’M16 carico puntato davanti a sé, nell’erba alta il nemico strisciava invisibile come un serpente. L’aria era intrisa dell’odore di zolfo e cordite, gli pizzicava il naso.
Il suo plotone era inchiodato, il resto della compagnia non era messa tanto meglio, il perimetro reggeva a malapena, Moore ci stava provando in tutti modi a evitare al Settimo Cavalleggeri la stessa sorte quando era al comando del generale Custer a Little Big Horn.
Le bombe erano piovute a tonnellate sui Vietcong, sparate dall’artiglieria o sganciate dai bombardieri, ma loro non si fermavano, cento di loro morivano e altri cento si lanciavano all’attacco calpestando i cadaveri dei compagni.
I suoi uomini erano esausti, a corto di munizioni, acqua e riposo. Anche il coraggio stava venendo meno, le voci suonavano sempre più acute e strozzate, come ingolfate dalla paura.
I loro occhi erano tutti su di lui, il capo plotone, e parlavano chiaro: avrebbero superato quel giorno? I rinforzi erano in arrivo? E le munizioni?
Sguardi smarriti, in cerca di risposte, conforto, salvezza.
Doveva dare una scossa a quelle anime in pena, estirparne la paura e trasformarla in furore. Gli venne in mente un modo, una tradizione millenaria negli eserciti: cantò.
Cantò, cantò a squarciagola sopra le urla e le esplosioni e i suoi soldati si unirono a lui, le voci tonanti si diedero forza l’un l’altra crescendo d’intensità. Restituendo forza alle membra spossate.
Sopravvissero a quel giorno e al giorno seguente, quando la battaglia dello Ia Drang fu vinta.
Perciò seppe esattamente come comportarsi quel giorno di settembre.
Una voce proveniente dagli altoparlanti invitava a rimanere nei propri uffici in attesa di istruzioni, l’istinto di Rick gli disse il contrario.
Disse agli impiegati cosa fare con voce ferma e risoluta, passando di piano in piano ripetendo le stesse parole, la Morgan Stanley Bank ne occupava venti.
Rick era nella tromba delle scale d’emergenza quando il secondo aereo colpì la sua torre. Le vibrazioni per poco non lo buttarono a terra, al botto seguirono urla di cieco orrore, perciò si mise a cantare God Bless America con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
God Bless America.
Land that I love
Stand beside her, and guide her
Through the night with a light from above.
Continuò a correre su e giù per le scale, cercando di accelerare il più possibile l’evacuazione,
mentre altre voci si univano alla sua, le persone si aiutavano l’un l’altra cercando di nascondere la paura.
From the mountains, to the prairies,
To the oceans, white with foam
God bless America
My home sweet home.
Giunti finalmente al pianterreno, si assicurò che tutti avessero lasciato l’edificio e chiamò sua moglie, che piangeva guardando incredula quello che stava succedendo, al telegiornale.
Le disse: «Non piangere, devo portare al sicuro queste persone. Se dovesse succedermi qualcosa, voglio che tu sappia che non sono mai stato così felice, hai dato un senso alla mia vita.»
Insieme a un pugno di uomini della sicurezza tornò verso le scale, c’erano altre persone che avevano bisogno di aiuto.
Quando si trovava al decimo piano, Rick sentì un’altra scossa provenire dall’alto, accompagnata da un ruggito che andava crescendo, una forte corrente d’aria lo inchiodò a terra, poi silenzio. Silenzio.
La torre Sud crollò alle 9 e 59, seppellendo impiegati e pompieri, segretarie e poliziotti, vittime ed eroi.
Molto carino e particolarmente bello il flashback del Vietnam.
Trovo che ci sia da migliorare ancora l’esposizione, ci sono diversi momenti in cui spiegazioni fuori dal pov e raccontato appesantiscono la lettura, ma tutto sommato mi è piaciuto