Perché tengo particolarmente ad Undertale? Perché portare, ancora una volta, un videogame come esempio di messa in scena di allegorie e metafore?
Breve storia di Undertale
Undertale è un videogame indie del 2015 sviluppato, sceneggiato, animato, musicato e distribuito interamente da Toby Fox, il suo creatore. Il gioco è stato realizzato con la piattaforma Game Maker, che per chi non fosse particolarmente avvezzo al settore, viene impiegata perlopiù (ma non solo) per programmare e sviluppare videogiochi dal gusto “retrò”, anche se lo stesso viene spesso utilizzato per la realizzazione di altri tipi di prodotti, come Visual Novels, Avventure Grafiche in prima persona o ibridi 2d/3d alle volte singolari e sperimentali.
Non è un mistero che Undertale sia pesantemente ispirato a Earthbound, titolo per SNES del 1994 da cui ha tratto la sua visione estetica e contenutistica, in merito a una narrazione sopra le righe che spazia tra commedia e horror, in un altalena emotiva che raramente si trova nei prodotti di consumo. Tuttavia, Undertale cita, e nemmeno in maniera troppo velata, tutta una serie di capisaldi del genere Jrpg, dai primi Zelda e Final Fantasy, fino ai “recenti” giochi nintendo sui Pokémon. Badate bene, ho detto “citare” e non ispirarsi, in quanto di RPG, Undertale ha davvero poco, se non elementi veniali e quasi al limite del parodistico (come usare cucchiai di legno al posto di spade, e mangiare barrette di cioccolata per recuperare LP, che di Life Points, in realtà, non hanno nulla). Sì perché Toby Fox ha solo attinto da un immaginario conosciuto e apprezzato da molti nerd, per poter creare qualcosa di suo, di unico.
Ora, c’è da fare una piccola premessa (in realtà due, ma una arriverà fra poco). A me questa tipologia di videogame non è mai piaciuta particolarmente. Non mi sono mai particolarmente avvicinato al genere Jrpg Classico (o simili), di conseguenza Undertale per me è stata davvero una sorpresa inaspettata, un fulmine a ciel sereno che mi ha rapito, affascinato e coinvolto, permettendomi di andare avanti in un mondo che, presentato in qualunque altra maniera, mi avrebbe di certo allontanato, e anche molto in fretta. Un’eccezione paragonabile solo a quella del suo “mentore spirituale” Yume Nikki, di cui magari parlerò un’altra volta.
Come si racconta Undertale
In Undertale musiche, dialoghi, scelte narrative, umorismo, citazioni, cambi di tono, impiego magistrale degli stereotipi, nemici unici alle volte inappropriati, caratterizzazione dei personaggi semplice ma efficacissima, e soprattutto una quantità spropositata di informazioni non dette, ma lasciate solo percepire al giocatore, concorrono tutte assieme verso una narrazione e un modo efficace di fare Storytelling che mette il giocatore (non il personaggio, ma proprio il giocatore) in primo piano, e al centro di tutto quel piccolo ma coerente universo narrativo.
Ora, non voglio mettermi ad analizzare tutto Undertale in sé (in quanto non ci sarebbero né tempo né spazio per fare altro) ma voglio soffermarmi unicamente su una parte nello specifico, sul finale della cosidetta Neutral Run (per chi avesse già giocato e sa di cosa sto parlando) che mostra, in modo magistrale, l’impiego di un sottotesto allegorico dalla forte carica emotiva.
Adesso arriva anche l’anticipata seconda premessa, ovvero che da questo momento in avanti l’articolo conterrà alcuni SPOILER (oserei dire minori), in quanto mi soffermerò soprattutto sul primo finale delle tre run proposte, necessarie a comprendere il gioco in tutto il suo complesso. Sì, perché a differenza di molti altri titoli, Undertale non va rigiocato soltanto per sbloccare tesori nascosti o raggiungere obiettivi, ma per comprendere appieno la storia, la lore e la caratterizzazione dei numerosi personaggi presenti al suo interno, in quanto il gioco (a seconda delle nostre scelte) cambierà completamente di contenuti e di toni, a seconda dei percorsi che sceglieremo di intraprendere.
Se avete intenzione di giocarlo appieno e volete fare a meno di spoilerarvi, vi consiglio di saltare direttamente all’ultimo paragrafo. In alternativa se lo avete già giocato o se volete semplicemente osservare una buona messa in scena in merito all’impiego di Layer Narrativi, allora proseguite oltre. Posso rassicurarvi sul fatto che mi limiterò a spoilerare solo il necessario per farvi comprendere la mia analisi.
Analisi che si riferisce alla famigerata battaglia finale contro Omega Flowey (o Photoshop Flowey per alcuni).
Omega è il boss finale della “neutral run” di Undertale, e questo scenario ci viene presentato dopo che Flowey (un fiore parlante e fortemente sociopatico, incontrato più volte nel corso della storia e che a tratti quasi incarna l’Archetipo del Mutaforma) riesce a realizzare il suo piano di assorbire al suo interno sei anime umane, processo che gli permette di evolvere, e di raggiungere poteri quasi divini. Poteri che gli donano controllo e consapevolezza totali sopra la sua realtà (in questo caso, di un mondo intrappolato dentro a un videogame). Sì perché Flowey, infatti, utilizzerà il gioco stesso contro di noi (spaccando la quarta parete), manipolandone file, dati e salvataggi, incastrandoci all’interno di un loop infinito di dolore e supplizio sottomesso alla sua folle volontà.
Ora, senza soffermarmi troppo su cosa abbia concettualmente e visivamente ispirato Omega Flowey (si rifà ad Azrael, angelo della morte del credo ebraico, il cui intero corpo e composto da occhi e lingue) e senza rivelarvi chi realmente egli sia all’interno della storia (è spiegato nei finali delle altre run), e prendendo come spunto il suo development, il suo arco di trasformazione (o degenerazione) e tutto ciò che gli è accaduto e ci viene raccontato della sua vita, arrivo a spiegarvi ciò che Omega Flowey, probabilmente tra le tante, rappresenta:
L’odio.
Omega, infatti, è l’odio impersonificato, e Toby Fox questo ce lo mostra in molti modi diversi, sia mettendoci a conoscenza della sua reale storia e del suo background (nelle run successive), sia visivamente, attraverso alcuni elementi grafici e di storytelling abbastanza evidenti. Omega ribadisce costantemente al giocatore il suo sprezzo per la vita (“in questo mondo è uccidere, o essere uccisi” è il mantra che si ripete) e il suo desiderio intimo di sterminare tutto ciò che è fuori da lui (manifestazioni evidenti di forte sociopatia), in quanto essendo egli privo di ogni forma d’emozione (l’odio, dopotutto, è l’assenza completa dell’empatia), distruggere la vita rappresenta l’unico stimolo che ancora gli riesce a donare piacere e soddisfazione. Graficamente, poi, Omega ci viene mostrato come un ammasso di occhi, fauci e radici spinate, sormontate da uno schermo televisivo (o di un pc?) che presenta sporadicamente un volto umano (forse dello stesso Toby) deformato e inquietante, in preda alle grida e alla collera.
Quello schermo nero e quel volto astioso sono una finestra sull’odio che ha piegato, spezzato e generato una forza distruttrice tale come quella di Flowey, potenziata (come vi ho detto anche prima) dall’assorbimento delle famose sei anime.
Ora, è proprio su queste sei anime che vorrei soffermarmi, perché è proprio questa specifica chiave di lettura che garantisce ai Layer Narrativi di entrare in azione e di far passare il messaggio che Toby, molto probabilmente, aveva voluto inserire all’interno di questa “boss fight” tanto singolare (è l’unica in tutto il gioco ad avere questo stile).
Ogni anima soccombe all’odio, se sola
Nella boss fight ci vengono lanciate contro sei anime. Abbiamo visto nell’arco del gioco come ogni anima sia legata a un cuore, qui ogni cuore è legato a un colore e ogni colore, infine, è legato a un significato ben preciso. Il/la protagonista (dal sesso incerto per volontà stessa dell’autore), lo sappiamo dall’inizio, è legato al cuore rosso che rappresenta la Determinazione, cardine per mandare avanti qualunque impresa che si rispetti, che sia buona o cattiva, la Determinazione è necessaria al suo completamento. Le altre anime assorbite da Flowey, sia per colori che per “oggetti” e temi musicali loro legati, ci vengono presentate in quest’ordine:
- Ciano: Dagli oggetti sembra essere legata a una bambina, il colore è associato alla virtù della Pazienza.
- Arancione: Dagli oggetti pare legata probabilmente a un viaggiatore, il colore è associato al Coraggio.
- Blu: Dagli oggetti sembra appartenere a una ballerina, il colore è legato all’Integrità.
- Viola: Dagli oggetti pare sia legata a uno scrittore, il colore rappresenta la Perseveranza.
- Verde: Dagli oggetti sembra appartenga a un cuoco, il colore è legato alla virtù della Gentilezza.
- Giallo: Il colore legato alla Giustizia, dagli oggetti pare appartenesse a uno sceriffo o a un poliziotto.
Come avete potuto vedere, le scelte legate a colori, ruoli e significati non appaiono affatto casuali, così come non è casuale il loro ruolo. Non è quindi un caso se il volto di Flowey ci appaia come uno schermo, una finestra sterile dietro il quale si agita un volto urlante, non è un caso se Toby decida di applicare questa allegoria, soprattutto considerate le sue esperienze personali nei mondi della sottocultura digitale, dei suoi intrecci personali con Andrew Hussie, controverso creatore di Homestuck, un’opera transmediale a cavallo tra fumetto e videogame interamente nata sul web (che esamineremo in futuro), e non è un caso se l’unico modo di sconfiggere Flowey sia quello di convertire pulsioni negative in stimoli positivi, liberandoli dall’odio e illuminandoli con la ragione e la volontà. Perché contro Flowey ogni anima ha perso. Ognuna di queste sei anime ha ceduto alla forza dell’odio di Flowey, venendo assorbita dallo stesso e “corrotta” nella sua fagocitazione. Infatti, il protagonista verrà assalito, durante la battaglia, da versioni distorte di queste virtù, oramai preda di quella negatività che le ha contaminate. Quindi, laddove la pazienza ha cerotti per lenire le ferite, in mano all’odio questi diventano coltelli con cui tagliare. Mani in aiuto diventano barriere di “alt”, passi di danza diventano piedi che tentano di schiacciarci, parole confortanti come “Speranza“, “Amore”, “Sogni”, in mano all’odio diventano “Paura“, “Ansia”, “Sconfitta”.
Tuttavia, ognuna di queste virtù ha perso contro Flowey perché, al momento decisivo, era sola, proprio come adesso è sola anche la determinazione durante lo scontro finale. Con questo dettaglio, a mio parere, Toby ha voluto raccontarci come nessuna di queste virtù, prese singolarmente, è sufficiente a sradicare l’odio (o il male) dal mondo, ognuna di queste forze cede inevitabilmente al peso della sconfitta se coltivata come sola e unica virtù. Toby ha voluto mostrarci come, di fronte ai nostri schermi vuoti e sterili, siamo soli nell’osservare l’odio che si diffonde nella società digitale, ci illudiamo di aggregarci in squadre per sentirci forti (community, movimenti sociali o politici, ecc) ma alla fine in queste squadre non facciamo altro che condividere e alimentare l’odio di molte persone sole, trasformandolo così in un mostro orrendo, come Omega Flowey.
Toby Fox è un creator figlio della sottocultura digitale, ha visto crescere e diffondersi prima un progetto underground come Homestuck, e poi la sua stessa creatura, Undertale, nell’arco di tre anni di sviluppo, entrambi nutriti da community molto grandi, ma al tempo stesso molto lontane dalle concezioni mainstream dei generi di riferimento, pertanto ha sperimentato in prima persona il diffondersi di un’idea, di una passione e il trasformarsi di una cerchia di fruitori di questa idea in una community, che poi de-evolve verso dinamiche sociali tossiche come gatekeeping, bullismo digitale, hatespeech, culto della personalità, e chi più ne ha più ne metta. Fenomeni a cui tutti, nel 2024, siamo soggetti. Fenomeni che oramai abbracciano ogni aspetto dell’esistenza, dall’intrattenimento alla politica.
Tuttavia, Toby ci mostra anche come quando queste virtù negative vengono, anche per poco, liberate dal giogo dell’odio grazie alla determinazione, quando cooperano assieme, quando entrano in contatto tra di loro, quando si sostengono a vicenda, affidandosi in toto alla determinazione, beh, allora la musica cambia (in tutti i sensi).
La paura, l’ansia, il timore cedono il posto alla forza e alla rivalsa, e queste emozioni unite diventano come un’unica entità, compatta e inamovibile, in grado di scardinare anche un essere malvagio dai poteri quasi divini come Omega Flowey, tanto che dopo aver incassato i colpi delle anime unite, e aver tentato disperatamente di riprendere in mano il proprio potere, alla fine l’odio è costretto ad arrendersi, alla fine l’odio implode su se stesso, collassa, diventando un nulla vuoto, e si ha quasi pietà di lui.
Conclusioni
Flowey è un figlio dell’odio, generato in primis da se stesso, e alimentato dai suoi ideali un tempo positivi, ma ora corrotti dal dolore e dalla solitudine, esattamente come è capitato alle anime che sono rimaste intrappolate nel suo giogo. Tuttavia, Toby Fox con questo suo media, e con questa boss fight in particolare (totalmente fuori contesto grafico rispetto al resto del gioco) ha voluto trasmetterci un messaggio universale che tende al positivo, in cui il giocatore, anche senza essere a conoscenza delle informazioni e i risvolti che vi ho mostrato, si ritrova sia nella mente che nel cuore.
Questo carico, questa forza, questo messaggio vengono esperiti dal giocatore non appena Omega Flowey viene sconfitto, e assieme al protagonista di Undertale anche il giocatore ha avuto la meglio sul nemico, anche il giocatore ha avuto la meglio sull’odio. Il flusso della battaglia nel suo design è in grado di veicolare tutte le informazioni necessarie di cui vi ho parlato senza dettagliarle. In maniera inconscia, vengono carpite senza che il giocatore se ne accorga davvero, è qualcosa che gli striscia sottopelle, ed è questo il segnale che i Layers Narrativi, in questo caso di stampo allegorico, sono stati ben adoperati nella messa in scena.
Torneremo a parlare di videogame, e torneremo a parlare di grandi temi veicolati attraverso prodotti di sotto-cultura, non troppo distanti in messaggio e intensità dai loro parenti più sotto i riflettori.
Alla prossima!
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